Che poi, alla fine, se c'è un'altra cosa che mi ha salvato la vita, a parte Valeria e a parte la Musica, quella è stata la corsa. Non l'idea di sport come socializzazione, di sport come maturazione, di sport come gioco... Tutte cazzate un po' "scoutiste" che vanno di moda oggi. No.
Parlo di quando sei un adolescente incazzato col mondo. Di quando, se c'hai il fisico, metti i guantoni e ti metti a picchiare qualcuno su di un ring, se non per strada.
Io il fisico non ce l'avevo. Tutt'al più potevo mettere un paio di scarpette e correre all'infinito, sino a quando le gambe diventavano pesantissime ed i polmoni mi scoppiavano, consumando le ginocchia sul pavé e l'asfalto di una città grigia ed inquinata.
Correre senza sapere dove, correre più forte che potevo.
Che quando corri non c'è nessuno a passarti una palla. Nessuno a dirti quello che devi fare.
Nessuno corre per guardarsi intorno ed ammirare il paesaggio. Hai sempre un cazzo di cronometro in testa, perché devi sempre far meglio di ieri, meglio che puoi. Non ne puoi fare a meno: corri perché stai scappando da qualcuno o stai inseguendo qualcosa. Qualcuno o qualcosa che non sai.
Ecco perché non potrò mai essere buddista. Perché sotto ad una montagna non mi ci viene proprio di mettermi a meditare. Mi viene da salirci in cima più velocemente possibile.
La vita come una corsa contro il tempo.
Non riesco a far diversamente.
Vino e territorio. Musica e cultura. Pensieri, sogni e visioni di un Homo Sapiens di campagna
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sabato 8 marzo 2014
lunedì 12 aprile 2010
Futuro imperfetto

C'è chi parla di implosione , dopo averne stimolato ed illuminato il percorso. E chi ci si butta a capofitto , dopo averne snobbato molti protagonisti.
E c'è chi, invece, con molta buona volontà ed ottimi risultati cerca di tracciarne un profilo. E' il caso di Giovanni Bietti che ha presentato, proprio a Cerea, il suo manuale. Non una guida ma una "cassetta degli attrezzi" ad uso di consumatori ed appassionati, per fare un pò di chiarezza sulla spinosa questione.
L'importanza del volume è innanzitutto teorica. Il fatto che ora esista un manuale sui vini naturali (qualche volume in francese già c'era, per la verità) sgombera il campo dal primo grande equivoco, quello cavalcato da chi sostiene che "i vini naturali non esistono" (esisterebbe solo l'aceto). No, il vino naturale esiste. Ed è definito secondo alcuni criteri molto bene esposti.
In secondo luogo questo primo volume, dedicato al centro Italia, oltre a presentare alcuni dei protagonisti di questo mondo, è importante perché affronta di petto alcune questioni essenziali: gli additivi enologici, la questione della solforosa, l'aspetto centrale della digeribilità e bevibilità dei vini naturali.
Ma allora dove va il movimento dei vini naturali? C'è chi dice dentro a Vinitaly. Non so. La voce girava già lo scorso anno. Ne avevo anche scritto. Non sarei contrario a priori, a patto di riuscire prima a trovare un terreno comune, una identità condivisa, un percorso unitario (pur con tutte le legittime diversità di vedute).
A parte le divisioni in gruppi ed associazioni, si assiste ad una fastidiosa reclusione autoreferenziale dentro un recinto. C'è indubbiamente la corsa ad auto-proclamarsi "quelli bravi". C'è anche sicuramente qualche spinta un pò fighetta verso una dorata, e pericolosa, torre d'avorio. Non credo, però, che partecipare a Vinitaly sia "La" soluzione. Anzi. La sistemazione di quest'anno mi è parsa molto bella, funzionale, attraente. Ed anche con notevoli potenzialità di espansione, se questa fosse la volontà.
Quello che so è che i vini presenti a queste fiere sono sempre più buoni. Di VinoVinoVino2010 faccio solo alcuni nomi: il veracissimo Chianti Le trame 2007 di Giovanna Morganti; i vini finissimi di Cascina delle Rose, in particolare mi ha colpito il Barbaresco Tre Stelle 2007; lo stupendo Le vieux clos 2006 di Nicolas Joly, salino, dominato da sentori elegantissimi di frutti di mare; il bevibilissimo Morgon 2007 di Foillard; tutti i borgogna bianchi di Pierre Morey; tutti i vini di Beppe Rinaldi.
Il futuro non si sa. Non so se correrò un'altra maratona, ad esempio. Bene a Milano, tutto sommato. Considerando l'allenamento risicato, i tre giorni di fiera, il freddo al via ed il vento contrario per buona parte della gara. Ho chiuso in 3h54m51s cioé un minuto sotto il mio personale. La sensazione era, ed è, che avrei potuto fare decisamente meglio se non mi fosse venuto un dolore al ginocchio sinistro già intorno al 13 km. Ho cercato di gestire al meglio la corsa e il dolore. Ovviamente, però, l'azione e la postura ne hanno risentito. Poi, al 39°, si è spenta la luce ed arrivare è stato veramente molto difficile.
Lasciar perdere sapendo di potersi migliorare ancora è dura. Ma l'impegno di una corsa del genere è davvero davvero molto grande.
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domenica 28 marzo 2010
Forze di luce
Dalla neve di inizio mese al sole meraviglioso di questi giorni. Amo marzo. Tutto sorge e tende al cielo. I verdi son verdi fosforescenti e la terra pare come gonfiarsi, soffice come un croissant.
Oggi, dentro alle forze di luce, ho fatto l'ultimo lunghissimo in preparazione della maratona di Milano. 3 ore e 12 minuti, oltre 30 chilometri in saliscendi. Ma credo che sarà la terza ed ultima maratona. Si fa veramente troppa fatica. (Fra parentesi: sono tornato sotto i 64 Kg).
Oggi, dentro alle forze di luce, ho fatto l'ultimo lunghissimo in preparazione della maratona di Milano. 3 ore e 12 minuti, oltre 30 chilometri in saliscendi. Ma credo che sarà la terza ed ultima maratona. Si fa veramente troppa fatica. (Fra parentesi: sono tornato sotto i 64 Kg).
lunedì 15 febbraio 2010
Istinti
Ancora neve e freddo. Ieri ho corso due ore e dieci minuti, in preparazione della maratona di Milano. Sono arrivato fino alla gola della Rossa e poi oltre. Guardavo le pareti di calcare, a picco sull'Esino, e ripensavo a tutte le giornate passate a scalare pareti, alle sveglie all'alba, ai viaggi in cerca di pietra ed emozioni, alle attese su scomode soste, alle infinite ripetizioni di passaggi duri.
Correvo e pensavo che la vita è proprio strana. Che da quando abito a dieci minuti scarsi da ottime falesie ho smesso di arrampicare... In realtà ho smesso parecchie altre cose, ma ho come l'impressione che l'appuntamento con l'arrampicata, così come lo è stato per la corsa, sia solo rimandato. Correre e arrampicare: istinti primitivi cui è difficile resistere, basta guardare un bambino per rendersene conto. Istinti che divengono forme, movimenti, posture. Attimi in cui si è davvero soli con se stessi, in cui è possibile estraniarsi da tutto, in cui la solitudine è anche libertà, di azione e pensiero.
lunedì 14 aprile 2008
La maratona
Ieri ho corso la mia seconda maratona, a Torino. Nonostante l'allenamento scarso e il non perfetto stato di forma è andata bene, ho chiuso sotto il mio personale in 3 ore e 56 minuti, secondo più, secondo meno. Rispetto alla prima esperienza, a Roma due anni fa, ho distribuito meglio lo sforzo. Non che non sia stata dura, anzi. L'esperienza mistica, psichedelica, degli ultimi chilometri di una maratona credo sia sempre la stessa, nonostante l'esperienza, nonostante l'allenamento, nonostante l'età. Perché la sofferenza è parte del gioco.
In molti mi hanno chiesto e mi chiedono quale sia la ragione per questa sofferenza. La risposta è complessa. La maratona è greca, come la storia dell'uomo occidentale. La maratona è una sfida ai propri limiti, è un viaggio alla conoscenza di se stessi e della propria forza interiore. Riassume in sé molte delle caratteristiche che accomunano le grandi avventure, dall'alpinismo alle traversate dell'oceano. La costanza nell'allenamento, la volontà nel superare i momenti difficili, la paura di non farcela, tutto è parte di un lungo viaggio verso il limite: c'entra Ulisse, c'entra la volontà di potenza, c'entrano la tragedia greca e la catarsi, c'entra la competizione e c'entra la soliderietà coi tuoi simili, sofferenti come te. La maratona è una grande, stupenda esperienza spirituale prima che fisica. Chi l'ha corsa sa cosa intendo. Sa cosa si prova negli ultimi chilometri e a quali energie si deve fare affidamento. Sa cosa si prova dopo che tagli il traguardo, le contraddizioni che ti si scatenano dentro. Che giuri di smettere di correre e già pensi alla prossima.
Dopodiché, proprio perché parte della storia occidentale, la maratona è anche sponsor, affari, starlettes, deejays, gara, e tutto ciò che fa spettacolo. Ed anche questo è parte del gioco, con buona pace di Filippide.
giovedì 6 marzo 2008
Varie ed eventuali
Stasera, come già detto, sarò a Pratovecchio nella tana degli orsi, sabato sera invece a Perugia presso il circolo ARCI "Island" in via Magno Magnini , angolo via Gallenga. Inizio della degustazione alle ore 20.00. Il 15 marzo partirò per Dusseldorf dove si tiene la fiera Pro-Wein. Mi sembra di essere in tourneé, come una rockstar. Peccato che non ci siano groupies assatanate in circolazione... Nel frattempo siamo passati dai 25 gradi di lunedì ai 2 gradi di ieri. La Primavera è già qui. E poi dicono che non esistono più le mezze stagioni. Sto orecchiando via internet al nuovo dei Black Crowes che è uscito il 4 marzo. Credo che prenoterò il vinile, se esiste, e poi ve lo racconterò. Nel frattempo (numero 2) le date americane sono sold-out e in Europa per ora vengono solo ad Amsterdam (guardacaso!) e a Londra. Nel frattempo (numero 3) proseguo a correre, che la maratona si avvicina, 30 marzo, indeciso fra Treviso e Montecarlo, la prima fa molto Prosecco di Valdobbiadene, la seconda - ça va sans dire - Champagne millesimato. Chissà. Nel frattempo (numero 4) vi segnalo un produttore fra quelli incontrati nel giro in borgogna: Hubert Chavy Chouet. Il Mersault 2006 è acidissimo con sentori nitidi di crema pasticcera, scorza di limone, zucchero a velo. Un vino che terrà la schiena dritta per anni e anni. Il Pommard 2006 ha un naso pulitissimo, fresco, fragrante. Sentori di fragolina di bosco e lampone conducono a un ingresso in bocca che racconta di una acidità fissa micidiale e di tannini potenti e ancora astringenti che necessiteranno di molto tempo per esprimersi al meglio. Ma c'è un grande potenziale.
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