mercoledì 16 gennaio 2019

Immagina un mondo

File: Lettere di famiglia 
Data: Nessuna data certa

Ciao Edo
sono Nina... Non so se leggerai mai queste righe... Le scrivo da un posto che non posso dirti. Né bello né brutto. Sospeso.
So che mi odi o – forse peggio – che mi hai semplicemente rimosso. Non posso biasimarti visto la madre che non sono stata. E tempo per recuperare non ce n’è, che non ho alcuna intenzione di pagare il prezzo che hanno pagato tuo padre e tanti altri compagni. Preferisco di gran lunga nascondermi e cercare di condurre una vita in qualche modo decente.
Ma alcune parole mi andava di scrivertele, non per giustificarmi, non per spiegarmi e tanto meno per ottenere un impossibile perdono. Ma semplicemente così, per riannodare un  filo sottile, fatto di ricordi... Che la storia, quella la scriveranno gli storici, e sarà comunque in gran parte la storia dei vincitori. Mi spiacerebbe che tu conoscessi solo quella e avessi un’idea di tua madre ancora peggiore di quella che ti sarai fatto... Insomma. Immagina un mondo. Un mondo in cui ogni anelito di libertà, viene soffocato nel sangue, da Lumumba a Che Guevara, da Bob Kennedy a Luther King, dall’Ungheria a Praga... Immagina anni in cui in ogni parte nel globo la gente, il popolo, si muove per chiedere un mondo migliore: in Africa, nei paesi arabi, negli Stati Uniti d’America, nell’est d’Europa, in sudamerica. E c’è una musica nuova, ci sono idee originali, ci sono giovani che non vogliono fare il lavoro dei padri, ci sono donne che vogliono essere diverse dalle loro madri. Immagina tutto questo, se puoi, e lo so che puoi.
E poi immagina una bomba e dei morti innocenti. Immagina un anarchico innocente che precipita dalla  finestra di un commissariato di polizia. Immagina una guerra atroce in un paese povero e disperato come il Viet Nam. Immagina l’Angola, il Mozambico, la Palestina, il Sudafrica... Immagina la Grecia quanto era vicina; Il Cile e l’Argentina e un paese come il nostro che come in un incubo chiude ogni varco, ogni porta, ogni spiraglio al cambiamento.
Dov’erano i nostri Robespierre? Dove i nostri Lenin? Dov’erano e cosa facevano quelli che fino a un attimo prima sembravano i rappresentanti della classe operaia?
Il potere.
Ecco la questione davvero irrisolta.
Perché è vero, abbiamo ottenuto il divorzio e l’aborto. Ma sarebbero arrivati comunque, era solo questione di tempo. E la libertà sessuale? Eccola... Anche senza di noi, con le tette nude delle televisioni. Così come l’emancipazione della donna, consumatrici formidabili da non lasciare indietro, lo sanno bene Versace e Madonna, no? E i neri? Comunque prima o poi qualche diritto sarebbe stato loro concesso, gli WASP facevano pochi figli e se vuoi vincere le elezioni hai bisogno dei voti di tutti, neri, messicani, omosessuali... Non passerà molto tempo prima di avere un presidente americano nero!
Tutto faceva parte del normale processo evolutivo del capitalismo borghese che tutto sussume, che tutto divora.
A me, a noi, tutto ciò interessava relativamente. Abbiamo mirato al cielo. Con mille errori, certo. Alcuni drammatici. Ma cosa credi? Che possa esistere una guerra senza morti e feriti? Una rivoluzione senza vittime né carnefici?
Non sono pentita. Non posso permettermi di esserlo, né di fronte alla storia né di fronte a mio figlio... Perché forse questa è l’unica eredità che posso lasciarti: sapere che il potere, qualsiasi potere, può essere combattuto. Credere che si possa ancora e sempre ribellarsi.

(Corrado Dottori, "La Musica Vuota". Edizioni Pequod, 2017)