In fondo coltivare un vino naturale non è altro che assecondare tre grandi dinamiche chimiche. È il paradosso del mio lavoro: qualunque forma di vita è chimica.
Qualunque reazione biologica, vitale, è innanzitutto chimica. Anche l’amore, anche l’istinto primordiale alla sopravvivenza. E poi, paradosso dei paradossi, ha tutto a che fare col carbonio, proprio con quella molecola che potrebbe causare la fine della specie umana.
Ciò che chiamiamo «vita» è qualcosa di molto semplice e molto complesso al tempo stesso. Ha a che fare con energie ed equilibri. Il carbonio – che di base è ciò che distingue la chimica organica dalla chimica inorganica – è la base di tutto, poiché è in grado di garantire legami chimici molto potenti e duraturi. Ormai da decenni quella che si chiama chimica prebiotica sperimenta le condizioni primordiali durante le quali, tra i 3 e i 4 miliardi di anni fa, sarebbe nato il primo batterio «vivente», cioè il nostro antenato primordiale, il primo metabolismo in grado di riprodursi (1). Alla base di questo organismo ci sarebbero reazioni chimiche piuttosto semplici. A quanto pare manca da scoprire ancora un passaggio: ciò che distingue la materia organica dalla materia vivente, si potrebbe dire «biologica». Come è successo? Una casuale combinazione di molecole? Una reazione chimica legata a qualche evento particolare? La scintilla di Dio?
Fatto sta che questo batterio dotato di un primo DNA è stato in grado di riprodursi e di trasferire geni capaci di modificarsi rispondendo al contesto esterno, evolvendosi, adattandosi, differenziandosi, selezionando lungo milioni di anni qualità specifiche necessarie alla sopravvivenza.
Dopo quattro miliardi di anni ci siamo noi. Coltiviamo una vigna per produrre vino. Molto spesso dimenticando che dietro le nostre azioni ci sono tre grandi processi naturali, e dunque chimici e biologici, che possono prescindere dalla nostra presenza sul pianeta terra.
1. C’è la fertilità del suolo, e dunque ci sono i processi di umificazione e mineralizzazione. La gran parte di ciò che chiamiamo «vita», oltre il 95% della biodiversità del pianeta, abita i primi centimetri di suolo terrestre. Sono i responsabili della degradazione della sostanza organica e della formazione di humus: funghi, batteri, protozoi, nematodi, acari, collemboli, micorrize, coleotteri, insetti, lombrichi e altri invertebrati, ecc. Le sostanze umiche sono molto complesse, ancora non del tutto chiare dal punto di vista chimico. Hanno un ruolo fondamentale per la ritenzione idrica del suolo, per la creazione di composti colloidali argilla-humus stabili e friabili, per la capacità delle piante di assorbire i minerali necessari al loro sviluppo, per l’effetto di stimolazione dell’apparato radicale dei vegetali, per l’effetto di complessazione degli elementi inorganici del suolo (ferro, rame, ecc.).
L’umificazione del suolo è il vero e proprio processo di terragenesi: qualcosa che dovremmo esportare su Marte se volessimo viverci. Qualcosa che invece stiamo distruggendo qui sulla Terra, minandone i complessi equilibri.
2. C’è poi la fotosintesi. Ovvero, pura chimica. Le piante si nutrono di luce solare e grazie alla clorofilla trasformano sei molecole di anidride carbonica e sei molecole di acqua in una molecola di glucosio e sei di ossigeno (2). Semplicemente accogliendo la luce, i vegetali trasformano carbonio inorganico in carbonio organico e spesso riescono a farlo nelle condizioni più avverse: deserti, gelide tundre o luoghi inquinati. È quell’ossigeno da loro prodotto che ci consente di vivere su questo pianeta, eppure nell’ultimo anno siamo riusciti a disboscare 7.900 kmq di foresta amazzonica (una superficie pari all’intero Friuli-Venezia-Giulia). (3)
3. Infine, vengono i processi di fermentazione. È la via metabolica attraverso la quale funghi e batteri in determinate condizioni sono in grado di trasformare piccole e grandi quantità di sostanze liquide o solide: mosto d’uva in vino, succo di mele o pere in sidro, malto d’orzo in birra, farina di grano in pane, latte in yoghurt o formaggio, cavoli in crauti, vino in aceto, e così via. Sono processi vitali meravigliosi e potenti che hanno – ancora una volta! – al centro la trasformazione del carbonio: i lieviti, che sono funghi, aggrediscono gli zuccheri del mosto e li trasformano in etanolo (alcool) e anidride carbonica. Chimica della vita. Basta affacciarsi sul bordo di una vasca in fermentazione per restarne affascinati. Perché mai dovremmo interferire?
Umificazione, fotosintesi, fermentazione. Cosa possiamo fare, noi umani, se non osservare ammirati?
Il gesto del vignaiolo accompagna queste dinamiche, ne sovraintende i percorsi, ne difende gli approdi. Senza aggiungere né togliere, senza deviarne il destino. È un gesto che mette insieme rispetto, cooperazione e tutela.
E il gesto è allora naturale non solo quando si apporta sostanza organica, ma quando si rispettano e si incentivano i processi per una sua stabilizzazione, che impediscono cioè una rapida mineralizzazione: si pensi che un’aratura profonda sprigiona una tonnellata di CO2 per ettaro. Viceversa lavorare sul sodo «sequestra» dalle 2 alle 4 tonnellate di anidride carbonica (4). Si tratta della prospettiva della semina diretta sotto copertura vegetale, una tecnica che si sta sviluppando sempre di più grazie alla cosiddetta agricoltura di conservazione (5).
Limitare i trattamenti anti-fungini, salvaguardare e agevolare la biodiversità, significa lasciare prosperare un mondo microbiologico ricco che è necessario alla creazione di suolo vitale.
Il gesto è naturale se tratta foglie e apici con grazia, con la consapevolezza che sono organi vitali fondamentali per la vite. Se coglie nell’equilibrio della parete fogliare la strada maestra per la maturazione del frutto. Che altro non è se non la tensione dell’organismo-pianta verso la riproduzione della specie!
Il gesto è naturale se considera la cantina come parte integrante della vigna, come un ecosistema integrato dove la fermentazione è solo il proseguimento della maturazione dell’uva. Il risultato sarà necessariamente un liquido alcolico stabile che sa di terra e funghi e minerali.
Un liquido che da migliaia di anni l’uomo chiama semplicemente vino.
Tratto da: "Come vignaioli alla fine dell'estate". Ed. DeriveApprodi, Roma 2019.
NOTE:
1 - www.nationalgeographic.it/scienza/2015/04/27/news/polvere_di_meteori- te_origine_della_vita-2581759/
2 - La formula è: 6 CO2 + 6 H2O -> C6H12O6 + 6 O2
4 - Lydia e Claude Bourguignon, Manifesto per un’agricoltura sostenibile, Possibilia, Milano 2018, p. 61.
5 - Su questo tema, che deve molto alle riflessioni e alle pratiche di Masanobu Fukuoka, si vedano gli studi di Frédéric Thomas (https://agriculture-de-conserva-tion.com) e le ricerche di Konrad Schreiber (www.youtube.com/watch?v=yR- lIUuaIjgw).
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