giovedì 16 agosto 2012

Garanzia partecipata

Secondo l’IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements)
“I sistemi di garanzia partecipata sono sistemi di assicurazione della qualità che agiscono su base locale; la verifica dei produttori prevede la partecipazione attiva delle parti interessate ed è costruita basandosi sulla fiducia, le reti sociali e lo scambio di conoscenze”.

Negli ultimi anni il dibattito sull’agricoltura biologica ha portato ad una critica sempre più serrata della certificazione classica, di parte terza. Troppo onerosa per i piccoli produttori, spesso incentrata più sugli aspetti burocratici che produttivi, legata a disciplinari europei che spesso risultano essere ben poco “biologici” nello spirito e nei contenuti, il classico “bollino” del biologico è oramai un marchio distintivo degli “industriali” del bio e poco si adatta alle vere produzioni artigianali delle piccole aziende agricole europee.
Per questi motivi si è spesso parlato dell’autocertificazione come strumento di comunicazione ai consumatori delle pratiche agricole e di trasformazione effettuate dagli agricoltori. Soprattutto nel mondo del “vino naturale”, che spesso rifiuta in toto la disciplina del biologico, la pratica dell’autocertificazione, lanciata nell’ambito del progetto Critical Wine, è stata recepita come soluzione libertaria e trasparente al problema.

Oramai da qualche anno, però, insieme ed accanto ai Gruppi di Acquisto Solidali, sono nate e si sono sviluppate alcune esperienze che, partendo proprio dal concetto di autocertificazione, hanno portato una profonda innovazione all’idea stessa di “certificazione”: nei Sistemi di Garanzia Partecipata (PGS) la partecipazione diretta dei produttori, consumatori ed altri parti interessate nei processi di verifica non solo è incoraggiata ma viene richiesta. Questo coinvolgimento è realistico e praticabile dato che i PGS sono verosimilmente adatti a piccoli produttori e a mercati locali o vendita diretta. I costi della partecipazione sono bassi e principalmente prendono la forma di impegno volontario di tempo piuttosto che di spesa economica. Inoltre la documentazione cartacea è ridotta al minimo, rendendo il sistema più accessibile ai piccoli operatori.

Gli elementi chiave della garanzia partecipata sono:
Partecipazione. La credibilità del sistema è una conseguenza della partecipazione attiva di tutti gli attori.
Progetto condiviso. Cioè produttori e consumatori devono condividere consapevolmente i principi ispiratori del PGS.
Trasparenza. Tutti gli attori coinvolti devono avere un buon livello di consapevolezza delle modalità di funzionamento dl sistema.
Fiducia. Il sistema si basa sulla convinzione, diffusa tra tutti gli attori, che i produttori agiscono in buona fede e che la “garanzia resa” sia espressione di tale affidamento.
Apprendimento. La “garanzia” deve tradursi in un processo di apprendimento collettivo permanente, che irrobustisce tutta la rete coinvolta.
Orizzontalità. Tutti gli attori coinvolti nel PGS devono condividere il medesimi livello di responsabilità e competenza nel processo.

Esperienze attive sono ad esempio quelle di ASCI Toscana o di Campi Aperti. In questi casi consumatori e produttori visitano le aziende agricole, approfondiscono la conoscenza dei prodotti e dei metodi agricoli, controllano che tutto sia corrispondente a quanto dichiarato dall’agricoltore in modo da creare una sorta di “credibilità sociale” che vale molto di più rispetto al bollino dell’ente certificatore basato essenzialmente su controlli cartacei.

La domanda è: possono i PGS essere applicati al movimento del vino naturale? In che modo? Con quali finalità? 

venerdì 3 agosto 2012

L'isola del cinema

Reduce da una due giorni romana all'insegna del grande cinema (a proposito: L'emploi du temp di Cantet e Sunday di Nossiter sono due film eccezionali) e del vino naturale, resta una riflessione di fondo sul valore di queste commistioni: come vignaioli artigiani stiamo sfruttando ancora poco il gigantesco potenziale insito nei nostri vini e nel nostro lavoro.
Sta emergendo chiaramente negli ultimi anni come il nostro atto creativo sia un atto eminentemente culturale - forse non artistico come mi ha fatto notare Giovanni Bietti - ma certamente culturale (nell'accezione più moderna del termine "cultura"). Ma se è così, il confronto nell'ambito della cultura e dei suoi circuiti, deve divenire sempre di più il nostro obiettivo, la nostra missione. Come scrivevo recentemente (qui), dovremmo davvero rivoluzionare il modo con cui organizziamo i nostri saloni e cercare quanto più possibile la contaminazione con altre forme di cultura: il cinema, come sta facendo benissimo Jonathan Nossiter, ma anche la musica, la letteratura, la poesia. Immaginando laboratori innovativi e coinvolgenti che possano creare circuiti virtuosi, anche commercialmente, e che possano svecchiare definitivamente il mondo dell'agricoltura, rendendolo sempre più protagonista di una vera e propria rinascita.