martedì 26 settembre 2017

I nazisti dell'Illinois

Qualcuno di voi aveva veramente creduto alla rimonta di Martin Schultz che i vari giornali portavoce della ormai ex sinistra avevano paventato (qui uno dei pezzi più ridicoli)?

In questi giorni quegli stessi giornali non fanno che parlare di fascismo, xenofobia, razzismo. Uniche categorie per poter spiegare - dal loro punto di vista - come sia possibile che anche nella ricca, europeista e competitiva Germania le "masse" siano incazzate e i socialisti vengano sconfitti. Il problema sono ovviamente l'immigrazione - soprattutto i rifugiati siriani in questo caso - e il populismo. Lo stesso mantra ripetuto fino alla noia per #brexit #trump #lepen. Lo stesso mantra che Renzi ripete per convincere gli italiani a non votare M5S o Salvini: o me o i populisti. Chiaramente, di questo passo, gli italiani voteranno proprio per i populisti.
E la ragione è di una semplicità disarmante, chiara perfino ai miei figli di 9 e 11 anni: se per trent'anni fai politiche di destra alla fine favorisci la destra. Strano no?

Ora, lo so che gli italiani hanno nel loro DNA il fascismo ed una certa allergia per gli stranieri; e so altrettanto bene che in Germania i nazisti esistono ancora; e sono anche assolutamente consapevole che ingenti flussi migratori possano generare dei problemi di coesistenza.
Ma non è questo il punto.
La dinamica per cui la sinistra istituzionale sta perdendo e scomparendo in tutta europa (ma anche in USA non sta benissimo dopo il tracollo di Clinton) è essenzialmente legata al tradimento nei confronti dei propri elettori storici, all'assoluto fraintendimento della situazione storica attuale, ad errori clamorosi nelle politiche economiche. Provocando - ma neanche tanto - si può dire che la Brexit è figlia di Tony Blair, Trump del brusco risveglio dal sogno di Obama, Salvini e i 5S di una sinistra italiana che per vent'anni ci diceva "o noi o Berlusconi", salvo alla prima occasione utile farci un governo assieme. E si potrebbe continuare.

La realtà è invece ben rappresentata da questi due grafici, che raccontano cosa è capitato nel mondo negli ultimi sessanta anni (i grafici ritraggono la situazione americana ma non sarebbero molto diversi  in Europa).

Ed è una verità che fa male soprattutto a chi dalla fine del Muro di Berlino ha raccontato che la lotta di classe era finita e bisognava rifondare il socialismo (Che poi ha significato svenderlo). I due grafici, complementari, dicono una cosa semplice semplice: che dall'avvento del neoliberismo - segnata con la fine di Bretton Woods nel 1971 - i profitti delle aziende sono esplosi e i salari degli operai sono crollati.
Cosa c'entra questo con le elezioni tedesche? Se nelle vene delle classi dirigenti della sinistra scorresse ancora un briciolo di buon marxismo, capirebbe l'ovvio: le riforme strutturali tedesche, prese ad esempio in tutta l'Europa dell'austerità, Mario Monti in primis, hanno generato una macchina economica perfetta (il primo esportatore di merci al mondo) ma al prezzo di un aumento della precarietà, di lavori malpagati (i minijobs), di disuguaglianze mai sanate fra ovest ed est del paese. Una strisciante rabbia sociale cui i socialdemocratici hanno risposto con la grande coalizione, cioè con l'alleanza durata anni con la Merkel. Alleanza risultata ora fatale a Schulz.
Una workin' class che si sposta a destra è difficile da digerire ma questo è ciò che sta succedendo nel mondo occidentale: lo scrive bene Alberto Bagnai nel suo blog dove il grafico qui sotto vale più di mille peripezie verbali su quanto siano xenofobi i tedeschi: sono in grandissima parte le più povere aree della Germania Est ad avere votato l'estrema destra.

Ma questa "classe operaia allargata", questo neo-proletariato diffuso in tutti i paesi ad economie avanzate, non odia l'immigrato perché naturalmente portato a farlo: odia l'immigrato perché da trenta anni a questa parte gli è stato raccontato dai politici, dai media, dalle classi dominanti che il suo "nemico" non era più l'industriale (quello che a guardare il grafico sopra si prende la fetta più grande della torta) ma il suo omologo nei paesi emergenti, il suo pari grado in catena di montaggio o lo studente brillante arrivato da un altro posto a "rubargli il lavoro". Perché se non c'è "lotta di classe", cioè scontro fra capitale e lavoro, resta una cosa sola: la guerra fra poveri. Comprensibile che - per chi ha tradito - sia più facile dar la colpa ai barconi di migranti piuttosto che allo sfascio di un sistema economico che ha nell'Europa dell'Euro il suo basamento principale, ed aggrapparsi a Minniti invece che a Keynes.

Insomma, in questi anni che sembrano sempre più vicini agli anni trenta del secolo scorso, sembra davvero oramai troppo tardi per costruire una narrazione differente, che prescinda la contempo da questa Europa e da un nazionalismo fuori tempo massimo.
Ma intanto avere chiare le cause e gli effetti potrà servire, in qualche modo. Che quelli che arrivano non saranno i nazisti dell'Illinois. E li avrà generati l'Europa di cui ancora blaterano Scalfari e Prodi.