lunedì 28 settembre 2009

Maria, Steve, Abby, Giovanni: la vendemmia 2009.

Dal Canada, da New Orleans e dallo Stato Di New York proviene la manovalanza per la vendemmia 2009. Giovanotti bravi, seri, entusiasti che mi stanno dando un grande aiuto e che mi confermano la validità della Associazione WWoof. 

E poi c'è Giovanni. Ormai parte integrante dell'azienda. Essere in due in cantina significa maggior precisione, maggiore velocità di esecuzione, maggiore rapidità nelle scelte vendemmiali grazie alla disponibilità di dati enologici più precisi in tempo reale.
Tutto ciò dovrebbe tradursi in un ulteriore innalzamento qualitativo. Almeno spero.


giovedì 17 settembre 2009

Una idea di vino: Gli Eremi

Gli Eremi o ti piace o no. Quando decisi di abbandonare l'acciaio per il legno, nel 2002, lo feci con una ben precisa idea di vino in testa. Un ideale, forse irraggiungibile, cui cerco di tendere anno dopo anno. 
Il vino matura in botte di legno, ma non è questo il punto. Il legno, francese usato o slavonia non tostato, serve per una microssigenazione naturale e per un lungo affinamento  sulle fecce fini, ed è fondamentale per "legare" insieme le due parti fondamentali da cui il vino è costituito. Il vino, poi, proviene dal solo Cru San Michele, 0,58 ettari di solo Verdicchio con una età di circa 25/30 anni ed una certa varietà clonale. Ma nemmeno questo è il punto. Il vino, inoltre, dal 2004 fermenta con lieviti indigeni attraverso l'innesto di mosto fiore pressato fino a max. 0,4 bar di pressione su una massa (circa il 10% del totale) macerata per circa 48/72 ore sulle bucce per avviare la fermentazione. Ma nemmeno questo fatto - da solo - spiega il vino.
La particolarità de Gli Eremi, infatti, risiede nella vendemmia. Ci pensavo l'altro giorno quando si è conclusa la prima parte della raccolta. Generalmente si passa una prima volta in vigneto con un certo anticipo. E' ancora estate. Fa caldo, molto caldo. Si vendemmia circa 1/3 delle uve quando i pH hanno valori ancora bassi e le uve, per quanto non immature, presentano ancora una certa acidità. E' la parte fresca, giovane, irruente, estiva del vino. Poi ci si ferma (per modo di dire: ci sono le uve per gli altri vini da vendemmiare!). Si attende che l'uva maturi, si attende l'autunno. Il freddo. Quando le uve mostrano i primi segni di sovra-maturazione (mai eccessiva, però) si toglie il resto dell'uva. E' la parte autunnale, morbida, calda, riflessiva del vino. 
Sono queste due tensioni opposte che forgiano davvero il vino. La durezza degli acidi che si oppone alla morbidezza dell'alcool; la freschezza di tannini irruenti che contrasta il calore della glicerina. La gioventù e la vecchiaia, l'innocenza e l'esperienza, i sogni e la memoria, la luce e l'ombra, il sorgere e la decadenza: una dialettica che nella bocca spesso crea sensazioni discordanti e scomposte. All'inizio. Che ha bisogno di tempo. Che tende a ricomporsi solo dopo qualche tempo. O forse mai. Una dialettica che al naso mostra complessità e genera dubbio più che certezza.
O ti piace o no. E se ti piace te ne innamori, che non è certo il vino da una botta e via.

mercoledì 9 settembre 2009

Vendemmia 2009

Si è iniziato a raccogliere la settimana scorsa, con grande anticipo, ma la vendemmia 2009 è entrata nel vivo ieri. Nel vigneto di San Paolo, contrada Battinebbia, abbiamo cominciato a raccogliere il Verdicchio che diverrà Terre Silvate 2009. Si tratta di una prima raccolta che ci consente di incamerare un pò di acidità, merce rara in questa annata. Gradi Babo a 18,40 e pH a 3,20 sono dati ottimi in questa fase. L'uva è sanissima e bella, considerando che continua a non piovere (l'ultima precipitazione "seria" è del 2 agosto ma, in realtà la fase siccitosa dura dal 10 luglio). Meglio ancora mi pare a San Michele, nella parte bassa, dove si prospettano ottime cose per Gli Eremi. Ma siamo solo all'inizio e le somme si tireranno alla fine

mercoledì 2 settembre 2009

Gli economisti, brutta razza.


In agosto ho letto un paio di buoni libri. Qualunque cosa succeda è il libro del figlio di Giorgio Ambrosoli, quel Betò conosciuto al Liceo Manzoni, a Milano, con cui ricordo di aver condiviso gite di classe e un pò di politica liceale. Il libro è scritto molto bene, alterna un preciso e puntuale discorso storico sulla vicenda Sindona/Ambrosoli ad un piano più personale ed intimo, toccante ma sempre ben calato nella vicenda, senza alcun cedimento retorico o banalizzante. Sullo sfondo emerge l'Italia di quegli anni. Così simile, e così diversa, nei suoi difetti e nei suoi problemi, all'Italia di oggi. A cominciare da un intreccio fra politica ed economia troppo spesso malavitoso.
Estate 2009 davvero difficile per gli economisti, che pagano la crisi e le errate previsioni degli anni passati. Le critiche vengono da lontano e rivolte da più parti, ma negli ultimi mesi si sono intensificate con la "condanna" al processo istruito al Festival dell'economia di Trento, con diversi articoli su blog e giornali, con gli strali del Ministro dell'economia Tremonti che ha recentemente intimato il silenzio all'intera categoria. 
Processo agli economisti è un libro che racconta la disfatta della categoria, facendo chiarezza su alcuni lati oscuri, mettendo in luce le gravi incongruenze di una scienza che scienza del tutto non è. Spesso con una vena ironica che rende il libro anche assai piacevole. Specie quando riporta i giudizi e le frasi dei vari "guru" del neoliberismo e del "mercatismo" degli ultimi anni.
Così, ad esempio, parlò Francesco Giavazzi, già mio professore di Politica Economica in Bocconi, stimato editorialista del Corriere, più volte candidato alla poltrona su cui siede Giulio Tremonti: "La crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata. Nel mondo l'economia continua a crescere rapidamente. La crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il contagio si diffonda" (il 4 agosto 2007). Nemmeno Tremonti, però, può sorridere. Economista proprio non è, ma nemmeno lui, infatti, ne esce granché bene.
Quanto a me, io il mio processo agli economisti l'ho fatto una quindicina di anni fa. Quando, più o meno dopo gli esami di macroeconomia avanzata ed econometrica, mi sono trovato a chiedermi quale fosse il senso di tutte quelle complicatissime formule, equazioni ed integrali, e se davvero quella fosse la strada per capire come funzionasse il mondo. E magari per migliorarlo.
E mi risposi che no, tutta quella matematica e tutta quella astrazione erano semplicemente parte di un modello, di un paradigma scientifico, di un sistema di pensiero. E che quel modello era perfettamente funzionale a chi deteneva, e detiene, il potere politico e finanziario. E che chi si poneva in modo critico nei confronti di quell'approccio era considerato un deviante, fuori dal tempo, nostalgico di un mondo scomparso. 
Tutto ciò per dire cosa? Semplicemente che il problema non sono "gli economisti" (che sarebbe come dire "gli avvocati" o "i medici"). Il problema è il paradigma, il modello, il quadro di riferimento. Sarebbe ora di una bella rivoluzione scientifica in economia. Sarebbe ora che qualcuno dei devianti, magari di quelli che la crisi l'avevano prevista, salga davvero sul ponte di comando. 
Non avverrà. A nessun governo conviene un deviante come Ministro del Tesoro. Ecco perché l'economia non sarà mai una scienza.