martedì 21 luglio 2009

Il Brunello un anno dopo

E' di questi giorni la notizia dei rinvii a giudizio per lo scandalo chiamato "Brunellopoli", cioé del Brunello di Montalcino tagliato con quantità variabili di uve non autorizzate dal disciplinare. Sono coinvolti nomi grossi ed importanti dell'enologia italiana. Qualcuno ha già patteggiato, milioni di litri già sono stati declassati a IGT Toscana, il processo chiarirà il resto. O forse no.
Quello che a me colpisce, però, è il consueto atteggiamento italiano, ipocrita e gattopardesco, di fronte ai problemi. Ricordiamo tutti tangentopoli. 
Bene. Sta accadendo la stessa cosa. Ci si divide fra garantisti, innocentisti, giustizialisti e si insiste a guardare il passato, senza capire come uscirne. Che il sistema degli appalti in Italia fosse marcio e che tangentopoli lo abbia mostrato al mondo è un fatto. Il problema è che quasi vent’anni dopo ci si continua a dividere fra garantisti e giustizialisti e, nel frattempo, le regole (il sistema) sono sostanzialmente le stesse ed il marcio pure. 
Brunellopoli sta andando nella stessa direzione. Credo che nessuno che sia in buona fede possa negare che il sistema fosse marcio: bastava mettere il naso in alcuni bicchieri. Spesso bastava guardare il colore di certi Brunelli. Lo scandalo è scoppiato ed ora ci si divide sulla verità giudiziaria. A me – come produttore – interessa, però, molto di più, capire come sia stato possibile arrivare a tanto. A me interesserebbe che qualcuno (i produttori stessi? il Ministero? le associazioni dei consumatori?) sfruttasse l’occasione per appurare le responsabilità istituzionali e cambiare il sistema delle certificazioni e dei controlli. O perlomeno mi interesserebbe che si aprisse un dibattito sulla questione. Se devono intervenire la guardia di finanza o la procura per appurare che le certificazioni della più importante DOCG italiana erano farlocche significa che è potenzialmente a rischio il futuro del vino italiano. Eppure sembra prevalere l’attenzione sul processo, sui nomi coinvolti, sui retroscena. 
E le commissioni di degustazione della Camera di Commercio che hanno garantito quei vini? E il Consorzio che doveva controllare? E i funzionari regionali che autorizzavano i vigneti? E tutti i critici che incensavano quei vini palesemente fuori regola? Un intero sistema non ha funzionato ma il sistema è ancora perfettamente integro.
Il problema non è solo Montalcino. Il problema è che in tutta Italia le commissioni di assaggio stanno bocciando vini di produttori che seguono la tradizione e promuovendo vini dal gusto internazionale; il problema è che in tutta Italia i produttori pagano i Consorzi per i controlli e i controlli o non vengono fatti o vengono fatti a chi non è allineato; il problema è che ci sono ancora migliaia di ettari piantati illegalmente in Italia e chissà con quali varietà; il problema è che quei giornalisti che incensavano i brunelli al peperone sono tutti ancora al loro posto e spesso vanno in giro per l’Italia a raccontarci come dobbiamo fare i vini.
Questa è l'Italia. 
Nel frattempo il sottoscritto, microscopico vignaiolo, in due anni ha ricevuto cortesi visite e controlli (tutti ovviamente senza conseguenze) da parte di: Agenzia delle entrate, Consorzio di Tutela (due volte), Repressione Frodi, oltre a una bocciatura in Commissione di assaggio CCIAA. E' un caso? O c'è qualcuno cui sto particolarmente a cuore? 

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