mercoledì 15 ottobre 2008

La fine di un mondo

Fa sorridere George W. Bush, il peggior Presidente della storia degli Stati Uniti d’America. Dopo aver vinto le elezioni truccandole, dopo aver trascinato il paese in una guerra che ha dissanguato il bilancio federale, dopo aver sottovalutato e mal gestito l’emergenza creata da Katrina, dopo aver portato il mondo al disastro finanziario con politiche economiche dissennate, ha avuto il coraggio di alzare la cornetta del telefono e chiedere G8 straordinari e misure a salvaguardia della stabilità.
Fa ancor più sorridere che ci sia stato qualcuno dall’altra parte a rispondergli.
Fa sorridere che la guerra in Iraq sia una delle molte cause di questa crisi e non lo dica nessuno. Dopotutto abbiamo esportato la democrazia. Poco importa che la finanza islamica oggi sia ben più solida della nostra e che i cinesi, a breve, siederanno al tavolo dei potenti. Saddam è stato giustiziato. Ma un occidentale sopravvive a Baghdad senza scorta 11 minuti.
Fa sorridere che sia esistito chi pensava davvero che una nazione potesse continuare a consumare più di quello che produceva all’infinito.
Fanno sorridere i potenti del mondo, apparsi impotenti. Ora serviranno migliaia di miliardi di dollari per recuperare fiducia e credibilità. Ed è facile immaginare a chi toccheranno i sacrifici nei prossimi difficili mesi. Le misure approvate recentemente hanno tutte le caratteristiche di una gigantesca socializzazione delle perdite (tanto ormai i profitti sono stati privatizzati da tempo). 
Fa sorridere il governo inglese che con Thatcher e Blair ha privatizzato tutto ciò che era privatizzabile e nel giro di un anno ha già nazionalizzato tre colossi finanziari.
Fa sorridere che dopo avere de-localizzato, in nome della globalizzazione, oggi si dica “bisogna tornare all’economia reale”. Intanto abbiamo trasferito know-how e tecnologie in paesi che oggi producono a costi molto inferiori ai nostri e siamo pieni di call-center e venditori di polizze ma ci mancano i tornitori.
Fanno molto sorridere i tanti giornalisti economici che “siamo quasi fuori dalla crisi” oppure “il sistema è solido” oppure “il mercato correggerà gli squilibri” ed ora invece invocano lo Stato padrone in soccorso di quelli che gli hanno pagato le marchette i questi anni.
Fanno sorridere i molti che “i banchieri sono dei ladri” e ancora fino a ieri facevano la fila a comprare bond argentini, fondi azionari, obbligazioni Lehman Brothers.
Fanno sorridere i tanti che oggi “ci vuole l’etica negli affari” e fino a ieri plaudivano a Ricucci, Coppola, Tanzi e Cragnotti.
Fa sorridere il nostro Presidente del Consiglio. Tanto. Dopo aver discusso in nove minuti una finanziaria che non ha minimamente preso in considerazione questa crisi, lui che tromba per tre ore di seguito e dorme tre ore per notte, ha detto che forse andavano chiuse le borse. Cioè i mercati. Che neanche Lenin… Sì, ma poi ha smentito…
Fa sorridere la sinistra radicale. Ora che potrebbe dire di avere qualche flebile ragione, non esiste più. Per colpa di scarsa lungimiranza politica, di bassi personalismi, di incapacità di innovazione teorica.
Ma soprattutto fanno sorridere Walter Veltroni e gli altri dirigenti del Partito Democratico. Erano comunisti quando non andava più di moda. Allora sono divenuti socialdemocratici, ma non era già più di moda. Sono diventati semplicemente democratici. Ma ora che hanno molti amici nella finanza e hanno finalmente scoperto le magnifiche sorti (e progressive) del mercato, torna di moda improvvisamente l’intervento pubblico. Non ci capiscono più niente. Chissà i loro elettori. Accantonata in fretta e furia la tassazione delle rendite finanziarie promessa nel programma 2006 de l’Unione (roba da comunisti, il mercato non avrebbe gradito), hanno però scippato il TFR degli italiani per regalarlo alla previdenza privata. Proprio quella che sta fallendo in tutto il mondo. Dei geni. Alessandro Profumo, gran capo di Unicredit, è amico loro. Unicredit ha venduto derivati a mezza Italia, comprese molte giunte rosse, compresi alcuni comuni marchigiani. Come credenziali per co-gestire la crisi queste appaiono assai deboli.
Fa sorridere tutto questo. Ma è un sorriso amaro.
Questa crisi economica non è la fine del mondo. Ma rappresenta la fine di un mondo.Quello che appare sempre più chiaro è che indipendentemente dagli andamenti borsistici si sta entrando in una dura recessione. Parola che fa rima con disoccupazione. La storia insegna che i periodi di recessione colpiscono maggiormente le classi deboli. Ed è facile immaginare che i costi sociali dell’aggiustamento macroeconomico verranno sopportati proprio da quelle categorie che già sono in sofferenze: lavoratori dipendenti, famiglie mono-reddito, pensionati, giovani precari.  
Il secolo breve, il novecento, sta finendo in questi giorni per la seconda volta. Il secolo americano finisce d’autunno così come nell’autunno di diciannove anni fa era finito il sogno della Rivoluzione di ottobre. E’ la fine di un orizzonte culturale e sociale, la fine di quello che da qualche tempo viene chiamato Pensiero Unico. L’idea, cioè, che il benessere individuale e collettivo dipendesse dal mercato e che il mercato fosse esclusivamente il luogo del confronto economico.
Questa non è una crisi finanziaria passeggera ma è una crisi di sistema come lo era stata quella del 1929. E come quella crisi ridisegnerà le mappe della geopolitica e del potere economico. Accadrà nei prossimi anni e sarà un fatto ineluttabile. Lo dobbiamo ad una serie macroscopica di errori nelle politiche economiche del governo americano; alle problematiche di un modello di sviluppo insostenibile nel lungo periodo ed incentrato sul consumo dissennato di beni, di risorse naturali, di energia; ad una speculazione finanziaria che è stata voluta libera e globale; ad una Europa troppo timida e basata su principi monetaristi e finanziari prima che su solide basi politiche e democratiche.
La fine del liberismo di cui molti iniziano a parlare dovrà essere la fine delle facili ricette, delle risposte semplicistiche ad un mondo complesso. La fine di un paradigma.
Non sarà la fine della globalizzazione ma porterà alla mutazione della globalizzazione che abbiamo conosciuto finora. E qui sta la grande possibilità, la grande occasione: la costruzione di un un nuovo modello economico e sociale appare ora non solo possibile ma necessaria. Ci sono le competenze teoriche e le forze umane per farlo. Quello che finora è mancata è una chiara volontà politica: la capacità, propria delle classi dirigenti, di trasformare idee, pratiche, progetti, culture in agenda politica globale.
L’alternativa fa rabbrividire: società spaventate ed impaurite in preda ad una grave crisi economica senza chiari orizzonti democratici e cooperativi hanno già mostrato di rivolgersi a uomini della Provvidenza e a governi autoritari.

PS Sono molto contento del premio Nobel per l'economia a Paul Krugman. Non tanto per il ricordo dei suoi modelli di economia internazionale studiati all'università quanto perché ha sempre difeso e diffuso le proprie idee con coerenza in anni in cui il vento della teoria economica spirava in direzioni opposte. E poi le sue critiche alla globalizzazione sono venute molto prima di Seattle ma non si è mai venduto come guru no-global.
Un nuovo paradigma economico non può non vederlo tra i protagonisti, insieme ad Amartya Sen e Joseph Stiglitz.

3 commenti:

GonzoGourmet ha detto...

Bellissimo il post, leggendolo il "fa sorridere" mi ha ricordato il 'fanculo di Monty Brogan dal film la 25a ora, ma in chiave economica anzichè socio-esistenziale; il fatto che poi il monologo finisca con "No.. No.. In culo a te Montgomery Brogan, avevi tutto e l'hai buttato via, brutta testa di cazzo" mi fa pensare che nonostante non ci sia "niente da sorridere" alla fine è inutile piangersi addosso per tutta la merda che ci circonda, mentre ogni giorno ci si può concentrare sul concetto micro-esistenza costruttiva o per lo meno soddisfacente in un contesto di macro-esistenza di un mondo degenerato.
Un commento forse privo di senso causato dall'ennesimo bicchiere di metodo classico Orsolani (mi piace provar più vini), forse solo finalizzato a complimentarmi per il tuo blog recentemente scoperto...ricercherò i tuoi vini in Piemonte,notevolmente incuriosito.

Corrado Dottori ha detto...

Grazie mille dei complimenti... Commento tutt'altro che privo di senso! Per tua info sarò in Piemonte, a Barolo, a questa manifestazione: http://vinicorsari.wordpress.com/ ti aspetto!
Corrado

Anonimo ha detto...

Non sarei di certo mancato, un ottimo pretesto per un giretto nella mia amata Langa, se non fosse che il 6 parto per un'altra terra magica oltreoceano (la mia ragazza ha origini brasiliane). Mi son imbattuto di recente in un sito che parlava della "terra trema", se non sbaglio sei fra i partecipanti, chissà se riuscirò a far un salto per assaggiare i tuoi vini?!

P.s. L'evento di Barolo mi ha fatto ricordare un gran bel personaggio, un " corsaro del gusto" (http://www.cascinapeschiera.it/index.html)... Sarà che ultimamente son particolarmente sensibile a certi temi ma ho riscontrato un certo "filo conduttore" ad alcune idee che vengon fuori dai tuoi post.
Fabio