Fra i broker immortalati a lasciare i propri uffici con la scatola di cartone in mano avrei potuto esserci anch'io. Probabilmente c'è qualche mio ex collega di Bocconi.
La Banca d'affari Lehman Brothers l'11 settembre 2001 aveva la sede presso le Torri Gemelle. E' sopravvissuta a Bin Laden ed alla crisi, esogena, che ha colpito Wall Street sette anni fa. Non ce l'ha fatta di fronte a questa nuova crisi, endogena, interna cioé ai meccanismi finanziari del nuovo capitalismo del terzo millennio che sta divorando giorno dopo giorno la liquidità dei suoi attori più importanti ed esclusivi.
Lehman Brothers, in fallimento, e Merril Lynch, acquistata a prezzi ridicoli da Bank of America, erano due colossi del capitalismo finanziario mondiale. Due marchi prestigiosi cui qualunque giovane laureato in economia avrebbe voluto vedere accostato il proprio nome. Banche senza sportelli. Senza attività commerciale. Banche specializzate solo ed esclusivamente nella consulenza di altissimo livello, nelle operazioni di fusione ed acquisizione di società, nel collocamento di prestiti obbligazionari o di pacchetti azionari, nella trattativa "alla pari" coi Ministri del Tesoro delle più importanti economie globali.
Tutto questo non esiste più, spazzato via in meno di un anno.
L'immagine dei dipendenti che lasciano gli uffici con la scatola di cartone è classica del capitalismo anglosassone. Colpisce di più se pensiamo che fra quelle persone ci sono alcuni fra i più importanti cervelli economici in circolazione, giovani e meno giovani manager e analisti finanziari con curricula di livello altissimo. Un capitale umano spazzato via anch'esso dalla sera alla mattina. Ma non è nemmeno questo il reale problema. La gran parte di queste persone, passata la crisi, troverà un'altra collocazione nel mare magnum dell finanza internazionale, specie se disposti a trasferirisi a Hong Kong o Shangai. Il problema è che dietro i titoli trattatti da questi colossi dai piedi di argilla ci sono anche i piccoli risparmiatori. Gente comune che possiede titoli di Stato o fondi Comuni che stanno subendo grosse oscillazioni. Non solo. Dietro quei colossi, soprattutto, ci sono le aziende che producono. L'economia reale. Spesso dimenticata dai Soloni del capitalismo finanziario, essa sola produce benessere. E' questa economia reale che sta venendo trascinata al ribasso da questa crisi. Negli USA ci sono oggi campi che paiono campi nomadi italiani e che invece raccolgono migliaia di persone appartenenti alla classe media che hanno perso la casa in seguito a questa crisi e non hanno letteralmente un posto dove andare. Questa è la situazione della prima economia mondiale. Poi si guarda al PIL e si vede che è cresciuto... Per chi? Per quali aziende? Per quali lavoratori?
Dove siamo finiti? Questa è la domanda che dovremmo porci. Nel 1992 George Soros con il suo fondo di investimento piegò la Banca d'Inghilterra costringendola a svalutare la Sterlina (fu anche il periodo nero della Lira e della mega finanziaria Amato). Nel 1997 ci fu la grande crisi dei mercati asiatici. Nel 1998 la crisi russa, seguita a inizio millennio da quella argentina. Poi è venuto l'11 settembre. Tutte queste grandi crisi, risoltesi con fallimenti e perdite e ripartenze, hanno portato a concentrazioni di capitale sempre maggiori. Ad un capitalismo sempre più finanziario e speculativo. Incontrollabile persino per i governi e le Banche Centrali. Eppure la politica non ha fatto nulla, piegata al dogma del Pensieo Unico per cui i mercati hanno sempre ragione.
Dove siamo finiti? Dov'è quel capitalismo capace di creare benessere, di remunerare il risparmio famigliare, di consentire un livello equo di consumi, di garantire alla generazione successiva di stare meglio della precedente? In gioco oggi vi sono i principi stessi dell'economia di mercato, divorata da se stessa in un gioco perverso per cui il mezzo diventa il fine ed i fini giustificano sempre di più i mezzi, siano essi le crisi alimentari, la gente che perde la casa, le famiglie che non arrivano a fine mese, i giovani sempre più precari. Perché le soluzioni a tutto questo, stranamente, paiono essere sempre le stesse: tagliare la spesa pubblica, più flessibilità nel lavoro, più mercato. E se fossimo invece come un drogato cui si stanno dando dosi sempre maggiori cui seguono crisi sempre maggiori?
Quello che deve spaventare è quello che si cela dietro questa crisi. La banca inglese Barclays ha deciso di non acquistare la morente Lehman Brothers perché incapace di capire "quali perdite si nascondessero ancora nei bilanci". L'ingegneria finanziaria dei futures, delle opzioni, dei titoli subprime, questa gigantesca economia di carta che non produce ricchezza, ha questa caratteristica: è talmente complessa che nessuno sa veramente quanto ci si è esposti al rischio. Vengono intaccate cioé le certezze fondamentali di quella economia di mercato a gran voce reclamata: la trasparenza dei bilanci e l'idea che a determinati profili di rischio corrispondano determinate remunerazioni o perdite.
Di fronte a tutto ciò la sinistra mondiale è silenziosa. Quando va al governo si barcamena cercando di non disturbare troppo, quando è all'opposizione grida e strepita ma senza proporre alcuna prospettiva differente quasi timorosa nel ricordare che l'economia è un mezzo per far star meglio la gente e non il manovratore occulto da non disturbare. Quasi che il socialismo, pardon, il democraticismo, non possa far più nulla.
Nel 1944 John M. Keynes, economista certamente non comunista, propose la creazione di Istituzioni Internazionali che cercassero di mantenere la stabilità dei mercati internazionali nel quadro di un sistema che era ancora quello del Gold Standard. Dalla fine di quel sistema negli anni settanta i governi hanno proceduto nel tempo a smontare pezzo dopo pezzo quella costruzione trasformando il Fondo Monetario e la Banca Mondiale in altrettanti strumenti del Pensiero Unico. La totale liberalizzazione dei mercati ha fatto il resto.
Più recentemente un economista premio Nobel, certamente non comunista, James Tobin, ha proposto la creazione di una tassa sovranazionale per scoraggiare la speculazione finanziaria, la Tobin Tax. Sarebbe stata solo una goccia nel mare. Un inizio. Un simbolo. Eppure a quel gran movimento che ne ha promosso per anni l'istituzione sono state date solo manganellate. Il movimento è morto, le crisi arrivano peggiori di prima.
Prima che sia troppo tardi sarebbe il caso che la Sinistra mondiale, se esiste ancora, ricominciasse una riflessione seria sul Capitale. Su questa globalizzazione. Su questa economia. Prima che sia troppo tardi.
La Banca d'affari Lehman Brothers l'11 settembre 2001 aveva la sede presso le Torri Gemelle. E' sopravvissuta a Bin Laden ed alla crisi, esogena, che ha colpito Wall Street sette anni fa. Non ce l'ha fatta di fronte a questa nuova crisi, endogena, interna cioé ai meccanismi finanziari del nuovo capitalismo del terzo millennio che sta divorando giorno dopo giorno la liquidità dei suoi attori più importanti ed esclusivi.
Lehman Brothers, in fallimento, e Merril Lynch, acquistata a prezzi ridicoli da Bank of America, erano due colossi del capitalismo finanziario mondiale. Due marchi prestigiosi cui qualunque giovane laureato in economia avrebbe voluto vedere accostato il proprio nome. Banche senza sportelli. Senza attività commerciale. Banche specializzate solo ed esclusivamente nella consulenza di altissimo livello, nelle operazioni di fusione ed acquisizione di società, nel collocamento di prestiti obbligazionari o di pacchetti azionari, nella trattativa "alla pari" coi Ministri del Tesoro delle più importanti economie globali.
Tutto questo non esiste più, spazzato via in meno di un anno.
L'immagine dei dipendenti che lasciano gli uffici con la scatola di cartone è classica del capitalismo anglosassone. Colpisce di più se pensiamo che fra quelle persone ci sono alcuni fra i più importanti cervelli economici in circolazione, giovani e meno giovani manager e analisti finanziari con curricula di livello altissimo. Un capitale umano spazzato via anch'esso dalla sera alla mattina. Ma non è nemmeno questo il reale problema. La gran parte di queste persone, passata la crisi, troverà un'altra collocazione nel mare magnum dell finanza internazionale, specie se disposti a trasferirisi a Hong Kong o Shangai. Il problema è che dietro i titoli trattatti da questi colossi dai piedi di argilla ci sono anche i piccoli risparmiatori. Gente comune che possiede titoli di Stato o fondi Comuni che stanno subendo grosse oscillazioni. Non solo. Dietro quei colossi, soprattutto, ci sono le aziende che producono. L'economia reale. Spesso dimenticata dai Soloni del capitalismo finanziario, essa sola produce benessere. E' questa economia reale che sta venendo trascinata al ribasso da questa crisi. Negli USA ci sono oggi campi che paiono campi nomadi italiani e che invece raccolgono migliaia di persone appartenenti alla classe media che hanno perso la casa in seguito a questa crisi e non hanno letteralmente un posto dove andare. Questa è la situazione della prima economia mondiale. Poi si guarda al PIL e si vede che è cresciuto... Per chi? Per quali aziende? Per quali lavoratori?
Dove siamo finiti? Questa è la domanda che dovremmo porci. Nel 1992 George Soros con il suo fondo di investimento piegò la Banca d'Inghilterra costringendola a svalutare la Sterlina (fu anche il periodo nero della Lira e della mega finanziaria Amato). Nel 1997 ci fu la grande crisi dei mercati asiatici. Nel 1998 la crisi russa, seguita a inizio millennio da quella argentina. Poi è venuto l'11 settembre. Tutte queste grandi crisi, risoltesi con fallimenti e perdite e ripartenze, hanno portato a concentrazioni di capitale sempre maggiori. Ad un capitalismo sempre più finanziario e speculativo. Incontrollabile persino per i governi e le Banche Centrali. Eppure la politica non ha fatto nulla, piegata al dogma del Pensieo Unico per cui i mercati hanno sempre ragione.
Dove siamo finiti? Dov'è quel capitalismo capace di creare benessere, di remunerare il risparmio famigliare, di consentire un livello equo di consumi, di garantire alla generazione successiva di stare meglio della precedente? In gioco oggi vi sono i principi stessi dell'economia di mercato, divorata da se stessa in un gioco perverso per cui il mezzo diventa il fine ed i fini giustificano sempre di più i mezzi, siano essi le crisi alimentari, la gente che perde la casa, le famiglie che non arrivano a fine mese, i giovani sempre più precari. Perché le soluzioni a tutto questo, stranamente, paiono essere sempre le stesse: tagliare la spesa pubblica, più flessibilità nel lavoro, più mercato. E se fossimo invece come un drogato cui si stanno dando dosi sempre maggiori cui seguono crisi sempre maggiori?
Quello che deve spaventare è quello che si cela dietro questa crisi. La banca inglese Barclays ha deciso di non acquistare la morente Lehman Brothers perché incapace di capire "quali perdite si nascondessero ancora nei bilanci". L'ingegneria finanziaria dei futures, delle opzioni, dei titoli subprime, questa gigantesca economia di carta che non produce ricchezza, ha questa caratteristica: è talmente complessa che nessuno sa veramente quanto ci si è esposti al rischio. Vengono intaccate cioé le certezze fondamentali di quella economia di mercato a gran voce reclamata: la trasparenza dei bilanci e l'idea che a determinati profili di rischio corrispondano determinate remunerazioni o perdite.
Di fronte a tutto ciò la sinistra mondiale è silenziosa. Quando va al governo si barcamena cercando di non disturbare troppo, quando è all'opposizione grida e strepita ma senza proporre alcuna prospettiva differente quasi timorosa nel ricordare che l'economia è un mezzo per far star meglio la gente e non il manovratore occulto da non disturbare. Quasi che il socialismo, pardon, il democraticismo, non possa far più nulla.
Nel 1944 John M. Keynes, economista certamente non comunista, propose la creazione di Istituzioni Internazionali che cercassero di mantenere la stabilità dei mercati internazionali nel quadro di un sistema che era ancora quello del Gold Standard. Dalla fine di quel sistema negli anni settanta i governi hanno proceduto nel tempo a smontare pezzo dopo pezzo quella costruzione trasformando il Fondo Monetario e la Banca Mondiale in altrettanti strumenti del Pensiero Unico. La totale liberalizzazione dei mercati ha fatto il resto.
Più recentemente un economista premio Nobel, certamente non comunista, James Tobin, ha proposto la creazione di una tassa sovranazionale per scoraggiare la speculazione finanziaria, la Tobin Tax. Sarebbe stata solo una goccia nel mare. Un inizio. Un simbolo. Eppure a quel gran movimento che ne ha promosso per anni l'istituzione sono state date solo manganellate. Il movimento è morto, le crisi arrivano peggiori di prima.
Prima che sia troppo tardi sarebbe il caso che la Sinistra mondiale, se esiste ancora, ricominciasse una riflessione seria sul Capitale. Su questa globalizzazione. Su questa economia. Prima che sia troppo tardi.
2 commenti:
Vorrei citare una frase di Henry Ford per non dilungarmi troppo “ E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina.“
...Rivoluzione... Che parola fuori moda...
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