domenica 17 gennaio 2016

Fermentazioni spontanee a La Distesa: una tesi di laurea

Durante la vendemmia 2014, grazie al lavoro dell'enologo Giovanni Loberto e in collaborazione con l'Università Politecnica di Ancona (Docente Prof. Maurizio Ciani e assistente Dott.ssa Laura Canonico), è stata condotta una ricerca destinata ad una tesi di laurea dal titolo "Valutazione di lieviti non-Saccharomyces in fermentazioni miste con S. cerevisiae in Verdicchio DOC".
All'interno di questa ricerca, effettuata in collaborazione con la società agricola Caliptra di Cupramontana, che mirava a comparare vinificazioni differenti in base ad inoculi di diversi lieviti, ha trovato spazio anche una sperimentazione condotta sulla fermentazione spontanea presso La Distesa, in particolare su una delle masse destinate a Gli Eremi 2014.
Riporto alcuni stralci da questa tesi (in corsivo) oltre ad alcuni dati e considerazioni mie che possono essere utili per una riflessione sul tema.
La vinificazione è avvenuta come facciamo solitamente ovvero con l'iniziale pigiadiraspatura di un 20% della massa complessiva da vinificare, cui sono stati aggiunti 8 gr./qle di metabisolfito di potassio e la seguente macerazione sulle bucce in modo da attendere l'avvio di una buona e vigorosa fermentazione spontanea. Dopo circa 5 giorni si è svinato e si è utilizzato il mosto in fermentazione come inoculo del resto dell'uva, lavorata in bianco in pressa e con mosto-fiore lasciato a decantare una notte. Il mosto-fiore è stato lavorato in ossidazione e solo al momento della decantazione si sono aggiunti 5/6 gr./hl. di metabisolfito di potassio. La fermentazione è avvenuta in barile di rovere da 750 lt.

Nella figura viene riportata l’evoluzione della popolazione microbica nel processo fermentativo spontaneo. L’inizio della fermentazione è dominata da lieviti apiculati e appartenenti al genere Candida, mentre dal 3°-4° giorno della fermentazione si ha la comparsa del ceppo S. cerevisiae, il quale ha mostrato un andamento sovrapponibile al lievito appartenente al genere Candida zemplinina (identificata mediante analisi molecolari).
Cinetica della fermentazione spontanea

Durante il monitoraggio della popolazione microbica della fermentazione spontanea, si è proceduto all’isolamento di varie specie di lievito prelevate dalle diverse fasi del processo fermentativo: inizio, metà e fine fermentazione. I 13 isolati così reperiti, sono stati sottoposti  all’osservazione macro- e micro-scopica, per poi eseguire una  identificazione a livello molecolare mediante PCR-ITS1 e ITS4 (Fig.7). Campioni 1-8: amplificati ottenuti da isolati provenienti da inizio fermentazione; campioni 9-13: amplificati ottenuti isolati provenienti da metà fermentazione campioni. 

Dallo studio è emerso che la fermentazione è stata sostenuta da lieviti apiculati come Hanseniaspora uvarum, rappresentato dagli isolati 1-4-6-7-8-9-10, e Candida zemplinina, rappresentata  dagli isolati 2-3-5-11 e dal lievito S. cerevisiae, isolati 12-13 . Il ceppo di S.cerevisiae compare a metà fermentazione per poi, a fine fermentazione, dominare sulle altre due specie non-Saccharomyces.

I dati sul vino a fine fermentazione parlano di un pH di 3,30, una acidità totale di 7,3 g/lt e una acidità volatile di 0,61 g/lt. L'alcool totale è di 13,5% con zuccheri riduttori di 11,7 g/lt  e solforosa totale di 35 mg/lt. Il vino è poi andato a secco, ma più lentamente del campione inoculato con un ceppo starter S. cerevisiae in coltura pura (10C dell’INSTITUTE OENOLOGIQUE DE CHAMPAGNE) presso la cantina di Caliptra.

Altre analisi sono state compiute sui prodotti secondari e i composti volatili ma un confronto puntuale e "scientifico" con le altre fermentazioni non è del tutto possibile a causa del fatto che i mosti campionati prevenissero da vigne differenti (sebbene molto vicine) e abbiano fermentato in luoghi diversi (le cantine di Caliptra e de La Distesa).
In generale si può dire che nel raffronto con le altre vinificazioni, la fermentazione spontanea ha mostrato:
- Prodotti secondari: un livello inferiore di acetaldeide e un livello superiore di etilacetato e isobutanolo.
- Composti volatili: livelli importanti di acetato di isoamile (che dà sentori di banana), acido butirrico (note burrose) e 2-feniletanolo (note di rosa) e livelli medi di  etilesanoato (note di mela) e di etilottanoato (note di fruttato/agrumato). Si riscontrano livelli superiori alle altre vinificazioni nei livelli dei terpeni linalolo e geraniolo anche se con livelli bassi.

Quali conclusioni trarre? Ovviamente nessuna, anche se troviamo confermate alcune tendenze che ci aspettavamo: alla fermentazione spontanea - pur con l'utilizzo di solforosa - hanno contribuito una pluralità di lieviti, ben 13 "individui" differenti e - cosa interessante - sebbene il S. cerevisiae abbia preso il sopravvento per terminare la fermentazione in realtà Candida zemplinina, lievito non-saccaromyces, ha contribuito fino in fondo. Difficile dire in quale modo. Ma le analisi sembrano suggerire la conferma di una maggiore "complessità" in termini di prodotti secondari (alcol superiori ed esteri) e composti volatili (ovviamente nel bene e nel male).

Trascorso un periodo di affinamento, i vini sono stati sottoposti ad analisi sensoriale. Per quanto riguarda la componente olfattiva, quale l’aromaticità (figura), si osserva che il vino prodotto da S. cerevisiae mostra differenze significative per quanto riguarda note di  frutta tropicale, miele e tostato dolce in quanto rispetto a tutte le altre fermentazioni tali caratteristiche sono esaltate. Per quanto riguarda le sensazione di agrumato ed erbe aromatiche, queste sono significativamente diverse per la spontanea rispetto le altre prove. 




Va notato come durante la degustazione finale, i degustatori (panel tecnico composto solo da enologi e produttori) abbiano in genere riconosciuto il campione proveniente dall'inoculo di S. Cerevisiae: fatto diverso da quanto successo nella degustazione di Ascoli per TerroirMarche. (Le ragioni sono molteplici, ma non voglio soffermarmici).


4 commenti:

Nic Marsèl ha detto...

Ben tornato Corrado, articolo veramente interessante su un tema mai fuori moda.
Non è il vino dell'enologo ma non è che si lasci tutto al caso :-)

Unknown ha detto...

Buonasera!
Ho trovato l'articolo chiaro e molto interessante. Ho una curiosità a riguardo. C'é differenza nel condurre una fermentazione con lieviti indigeni in una cantina "vergine" rispetto che condurla in una cantina in cui per vari anni si è vinificato inoculando lieviti selezionati? Nel senso, é possibile che dagli ambienti di cantina i lieviti saccoromiceti selezionati vadano a contaminare la fermentazione naturale?
Grazie!
Matteo Zazzarini

Corrado Dottori ha detto...

Buonasera Matteo. Ovviamente è molto probabile che laddove si siano utilizzati lieviti selezionati in passato l'ambiente microbiologico di cantina risulti in qualche modo "alterato". In realtà, però, non si può avere quasi mai la certezza assoluta di quali ceppi prevalgano e perché (a meno di dosi molto alte di solforosa, ad esempio). Per certo gli apiculati partono comunque nelle prime fasi, a dispetto degli eventuali ceppi selezionati. Poi, nel giro di una/due vendemmie, si riparte pressoché da zero perché la flora si rinnova e muta in continuazione...

Unknown ha detto...

Grazie per il chiarimento! Mi affascina molto la fermentazione con i lieviti indigeni perchè è un modo per fare vino in maniera artigianale cercando di esprimere al massimo l'unicità del singolo vigneto