martedì 26 gennaio 2016

Ancora sui lieviti!

Nel 2012 riportai questa notizia sullo "svernamento" dei lieviti grazie a vespe e calabroni. Fatto molto importante ai fini della definizione di una idea di lievito "autoctono", "indigeno", "locale", chiamiamolo come ci pare.
Lo scorso anno ulteriori ricerche hanno confermato questa dinamica, aggiungendovi il fatto che l'intestino delle vespe sarebbe la perfetta alcova in cui i lieviti non solo sopravvivono ma si riproducono anche, garantendo il continuo mutamento, meticciamento si potrebbe dire, dei ceppi di saccaromyces. Qui trovate il paper in lingua inglese: 


Inutile dire che questo fatto, unito a tutto ciò che succede negli ambienti di cantina - specie nelle cantine storiche - è in grado di influire su quella grandiosa attività microbiologica chiamata fermentazione. Quando ho cominciato a fare vino si era giunti al limite estremo dell'enologia-tecnica per cui anche il solo pensare a una fermentazione spontanea risultava segno di arretratezza e anti-scientismo. Oggi, dopo più di un quindicennio, piano piano ma inesorabilmente, l'interesse sulla varietà del mondo microbiologico di un ecosistema vigna e di un ecosistema cantina stanno dimostrando che la "complessità" del gusto non è un totem adorato da quattro mistici del vino ma una realtà strettamente correlata a variabili "naturali".
L'idea stessa che possa esistere una "neutralità" dei lieviti viene affossata poiché risulta chiarissimo a questo punto ciò che già si sapeva: cioè che qualunque lievito selezionato - anche se "aromaticamente" neutro - è in realtà prelevato, selezionato appunto, da un preciso areale per le sue precise caratteristiche tecnico-industriali. L'utilizzo continuativo di un lievito esogeno è dunque una scelta destinata alla "sicurezza" ed alla perfetta "replicabilità" delle fermentazioni, una scelta che interrompe il dialogo fra microbiologia della terra e microbiologia del vino. Una scelta che, come paventano anche le analisi sulla fermentazioni spontanea a La Distesa, non può avere un impatto "neutro" sul gusto (oltre che sulla biodiversità della flora di cantina).

"Finally, the direct link between social insects and the yeast species biodiversity is relevant to human industry, as the genetic diversity generated in the wasp’s gut could favor adaptation to the ever-changing fermentative environment, as demonstrated by the evidence that several of the most successful industrial strains are interspecific hybrids (30). Thus, preserving the treasure potentially hidden in the gut of vineyard wasps could be relevant from both the ecological and biotechnological standpoints". 

2 commenti:

Nic Marsèl ha detto...

Compendio necessario all'articolo precedente e chiosa (la tua) illuminante.
Che tu sappia è possibile stabilire con analisi di laboratorio se un vino è stato ottenuto attraverso fermentazione spontanea oppure no?

Corrado Dottori ha detto...

Ciao Nic, come va?
Una fermentazione spontanea è molto complicata ritrovarla nel vino, bisognerebbe parlarne con un microbiologo. Intanto bisogna che il vino alla fine non sia super-filtrato perché sennò ritrovare lieviti o batteri è impossibile. In secondo luogo analizzando il vino finito dopo molto tempo non è detto che si sia in grado di risalire ai vari ceppi. Lieviti e batteri muoiono e si riproducono in continuazione, anche si trovassero dei ceppi di saccaromyces penso sia impossibile capire se siano stati aggiunti. A parte il fatto che sono analisi molto complicate e costose e dunque ai fini di eventuali "controlli" sarebbero impensabili. Boh, non credo sia questa la strada...