lunedì 22 luglio 2013

Springsteen&I

Esce oggi nelle sale di tutto il mondo Springsteen&I, un documentario prodotto da Riddley Scott che parla dei fans di Bruce Springsteen. Da quel che ho sentito in giro per la rete il film prova a spiegare ciò che non è spiegabile. Per esempio cosa porti due quarantenni padri di famiglia a prendere un aereo per Cork, cittadina semisconosciuta dell'Irlanda, per vedere il Boss per la ennesima volta (29? 30? ho perso il conto...) festeggiando i venticinque anni dal loro primo concerto.
Che sembra stupido, ma non lo è affatto.
Ha a che fare col salvarsi la vita, quando sei adolescente e non sai veramente chi sei e cosa vuoi. Ha a che fare col sentirsi parte di una comunità, quando invece il mondo parla altri linguaggi. Ha a che fare con la voglia di riscatto e di autenticità, in un mondo sempre più falso e preconfezionato.
Retorica? In qualche modo certamente sì.
Ma anche epica. Il racconto springsteeniano ha in sé la potenza della grande epica, quella che prende la vita e la rimodella per dargli un senso che vada oltre la realtà quotidiana.
Questa cifra "epica" è ciò che si respira in ogni concerto di Springsteen, che si sia nel piccolo teatro dove le canzoni vengono scarnificate e suonate acustiche, o nel grande stadio dove le canzoni si trasformano in momento di festa e di baldoria collettiva, o nel piccolo stadio irlandese dimenticato dal signore dove si possono vedere a occhio nudo gli effetti della crisi economica globale.
Sta qui l'unicità di Bruce. Che non sapeva suonare la chitarra come Hendrix, non sapeva cantare come Elvis, non sapeva scrivere come Dylan, ma ha preso i suoi talenti e li ha mischiati e frullati e intagliati in modo da costruire il più straordinario monumento della storia del rock'n'roll. Ma che, soprattutto, se ne va in giro per il mondo da più di quarant'anni come un aedo, come un menestrello, come un messaggero a diffondere l'epica del rock.
E allora capita che sei sotto al palco a ragionare di quel disco 2 di "The River" che hai letteralmente consumato e pensi che ci sono un sacco di canzoni che vengono suonate raramente. E poi c'è un ragazzo, Derek, che gira da tempo per tutta l'Europa con un cartello con su scritto "The price you pay". E succede che Bruce lo guarda, va in transenna e prende quel cartello. Risale sul palco e suona per la prima volta in Europa dal 1981 quella che è - per me - una delle sue più incredibili canzoni e soprattutto uno dei suoi testi più belli.
La magia si compie. Ed un'altra volta ancora ne è valsa la pena.

You make up your mind, you choose the chance you take
You ride to where the highway ends and the desert breaks
Out on to an open road you ride until the day
You learn to sleep at night with the price you pay

Now with their hands held high, they reached out for the open skies
And in one last breath they built the roads they’d ride to their death
Driving on through the night, unable to break away
From the restless pull of the price you pay

Oh, the price you pay, oh, the price you pay
Now you can’t walk away from the price you pay

Now they’d come so far and they’d waited so long
Just to end up caught in a dream where everything goes wrong
Where the dark of night holds back the light of day
And you’ve gotta stand and fight for the price you pay

Oh, the price you pay, oh, the price you pay
Now you can’t walk away from the price you pay

Little girl down on the strand
With that pretty little baby in your hands
Do you remember the story of the promised land
How he crossed the desert sands
And could not enter the chosen land
On the banks of the river he stayed
To face the price you pay

So let the games start, you better run you little wild heart
You can run through all the nights and all the days
But just across the county line, a stranger passing through put up a sign
That counts the men fallen away to the price you pay,
and girl before the end of the day,
I’m gonna tear it down and throw it away 

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