Le degustazioni alla cieca sono fondamentali per non lasciarsi influenzare in alcun modo dal marchio, ragionando in modo libero e critico solo sul bicchiere. Le sorprese sono assicurate.
Ecco qualche nota sui vini di quest’anno, in ordine di apparizione sulla tavola:
Cremant de Luxembourg Chardonnay Poll Fabaire. Un metodo classico non particolarmente entusiasmante privo, nonostante l’origine molto nordica, di acidità e freschezza. Champagne Gosset Grand Millesime 1999. Champagne di gran classe da una delle più vecchie maison. Naso complesso e bocca molto morbida considerando il vino. Una gran bella beva. Tocai Friulano Collio Maurizio Princic 1998. Un grande vino dominato da note evolute ed ossidative al naso. Asciutto, complesso, salato e molto lungo. Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Terre Silvate La Distesa 2005. Mi astengo dai commenti. Ulf mi ha fatto un bel regalo già scegliendolo, perché significa proporlo in mezzo a grandi vini. Non l’ho riconosciuto (ho pensato ad uno Chenin blanc della Loira) ma la maggioranza dei commensali l’ha battezzato come Borgogna ed è molto piaciuto. Si pensi alla mia contentezza… Puligny Montrachet 1er cru Buzereau Emonin 2003. Il Borgogna è poi arrivato ed è stata, per me che adoro il Montrachet, una gran delusione. Vino dominato da un rovere eccessivo, con un naso monotono ed una bocca eccessivamente morbida. Certamente c’è anche un problema di annata non esaltante. Gruner Veltliner Wachau Freie Weingartner 2000. Gran bel vino, dalle note minerali di kerosene e pietra, oltre che elegantemente agrumate. Non a caso lo abbiamo scambiato per Riesling. Forse solo un po’ troppo “dolce” per i miei gusti. Mi conferma, però, la grandezza di questo vitigno che ho scoperto l’anno scorso in Austria. Lukase Reserv rod Gute Vingard. Un divertissement di Ulf: uno dei vini più nordici al mondo, proviene da un’isola svedese e da viti ibride (vitis Labrusca). Subito battezzato come vino del nord (pensavamo a qualche vino tedesco), è stato massacrato. Cabernet Dorsa Pfalz Kreutzemberger 2004. Ottimo vino di una zona “calda” della Germania, ottenuto da un incrocio fra Cabernet ed un vitigno locale. Pieno, tannico, originale. Una bella sorpresa da una regione della quale conoscevo già un paio di ottimi produttori di Pinot Nero. Vina Aliaga Navarra Antonio Corpus 2002. Una Grenache che ci ha messo molto in crisi. Vino un po’ stanco al naso, sebbene complesso, e scomposto ed irruente in bocca. Diverse le intuizioni senza fondamento anche se Pietro “Pedro” Majnoni si è avvicinato molto parlando di Languedoc. Pommard Les argillieres Domaine Lejeune 1998. Vino che abbiamo azzeccato. Nulla più che discreto, soprattutto per gli amanti del village in questione. Animalesco il naso, ancora molto dura la bocca. Chissà cosa ne sarebbe stato nel 2019… Ribera del Duero Tinto Pesquera Riserva 1998. Grande sorpresa, un vino elegantissimo, austero, nobile. Ci ha messo in grande difficoltà (io l’ho scambiato per un grande Nebiolo ed invece trattasi di Tempranillo in purezza). Nessuna traccia di legno o di sovra maturazione e invece note elegantissime di tabacco e goudron e rosa. In bocca dritto, asciutto con tannini ben presenti ma fini. Saint Julien Bordeaux Grand Cru Classée Chateau Gruad Larose 1998. Altro vino su cui abbiamo ragionato molto senza granché capirci. Dapprima inquinato da una nota evidente di brett, si è aperto dopo una lunga ossigenazione risultando, però, davvero troppo tannico e duro e con note poco eleganti di frutta matura. Pur con l’alibi di una probabile gioventù, il vino è stato però deludente considerando il blasone. Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi 1980. La delusione della serata, considerando anche il prezzo del vino in questione. Una stilettata al cuore di chi difende il Brunello classico ed il Sangiovese puro. Dapprima un po’ chiuso al naso. Poi si è aperto su note piuttosto classiche e molto piacevoli, floreali e di amarena, ma senza una grande progressione nel bicchiere. Completamente scollegata la bocca, acida e amarognola. Vino corto e senza alcuna dinamica. Duro senza essere austero, acido senza essere minerale. Barolo Borgogno Riserva 1964. Qui ci siamo semplicemente inchinati alla grandezza del Nebiolo. Certamente un po’ stanco ed evoluto, giunto alla fine della sua parabola. Eppure ancora in grado di regalare emozioni con una bocca ricca ed austera, frutto di una acidità vibrante, e con note terziarie raffinate di sottobosco, funghi, cenere, erbe.
Che altro dire? Una serata ancora una volta divertente ed emozionante da cui non si può che imparare.
3 commenti:
Maccome non hai riconosciuto il "NamberUan"???
Sai come si dice vero: Chi non riconosce la propria scrittura è...
siete degli alcolizzati, questa è la realtà
Your blog keeps getting better and better! Your older articles are not as good as newer ones you have a lot more creativity and originality now keep it up!
Posta un commento