Ecco la seconda parte del reportage sulla Cote du Rhone 2006, in attesa di partire a fine novembre con destinazione Jura e Chablis. Le degustazioni sono state effettuate dal sottoscritto in compagnia di Alessandro Fenino, Andrea Bianchin, Fabrizio D’Auria. Questa seconda parte è incentrata sulla Maison Chapoutier a Tain l’Hermitage.
Alle ore 10.00 entriamo nei locali della Maison M. Chapoutier, uno dei mostri sacri della viticoltura della Cotes du Rhone. Alcuni di noi ancora ricordano una memorabile degustazione di qualche anno fa, dunque le aspettative sono molto elevate. Abbiamo fissato un appuntamento dall’Italia per cercare di capire a pieno i segreti di questo colosso della agricoltura biodinamica.
Il sommelier Sebastien Dreville, uno dei responsabili dell’accoglienza, ci guida dapprima nei leggendari vigneti della collina dell’Hermitage. Inizia a parlare delle ere geologiche che l’hanno creata e della fondamentale divisione in due grandi parti, divise da una frattura geologica. A ovest predomina il granito, ultimo bastione del Massiccio Centrale, in molte delle sue differenti articolazioni. A Est è il calcare proveniente dalle Alpi a farla da padrone. I vigneti sono impressionanti, per la pendenza, le densità di impianto, la scarsità di sostanza organica. In certe parti le radici affondano dentro una vera e propria “sabbia di granito”.
“Il terroir è la combinazione del suolo, del clima - che segna il millesimo - e della conoscenza che deriva dalle tradizioni. Senza l’uomo non c’è il terroir. L’uomo fa il terroir. O lo distrugge”. In questa frase di Michel Chapoutier, riportata su ogni pubblicazione della maison, sta lo stile della azienda. In una sorta di umanesimo che vede l’agricoltura come un fatto culturale, dove è fondamentale l’interpretazione umana del dato naturale, risiede la sua caratteristica più profonda. Per cui la biodinamica diviene un mezzo per produrre grandi vini di territorio, e non il fine ultimo su cui basare tutta la propria azione. Così accade che non in tutte le vigne dell’azienda si faccia biodinamica. E che in cantina non si disdegni l’uso di lieviti selezionati, se l’uso dei lieviti indigeni per qualche ragione (annata, stato delle uve, tipo di vigneto) risultasse distorcere l’espressione del terroir. Stessa cosa per l’uso della solforosa, evidente anche in degustazione, specie sui bianchi, e legato al mantenimento di una incredibile longevità dei vini della azienda.
Sono considerazioni che fanno storcere il naso ai puristi dei vini naturali/biodinamici ma che nel contesto di una azienda che produce nel complesso milioni di bottiglie meritano, a nostro avviso, una certa considerazione. E’ un approccio interessante soprattutto in confronto a una realtà italiana sempre più dominata da una netta contrapposizione fra grandi aziende dove regna la chimica più sfrenata e piccoli viticoltori in cui l’idea forte di vino naturale può condurre a volte ad una eguale standardizzazione provocata dalle estreme ossidazioni, da macerazioni eccessive, da forti riduzioni. Con relativa perdita delle caratteristiche del terroir.
I vigneti della maison vengono tutti separati in parcelle a seconda del tipo di suolo/esposizione e le uve ottenute vengono vinificate separatamente. I grandi vini sono ottenuti da parcelle di vigneto (alcune dei quali con viti pre-fillossera) sulle quali non si opera alcun taglio. In generale i bianchi vengono da suoli più calcarei, e tale regola è stata riscontrata anche per altri produttori e in altre zone della denominazione Cotes du Rhone.
La visita alla cantina (una delle quattro della maison, la più a nord e la più piccola) conferma l’idea di una impostazione tradizionalista (uso di grandi tini di legno aperti per la macerazione dei rossi) senza alcuna predominio della tecnologia, ma di una grandissima attenzione ai particolari e alla tecnica enologica. In generale, i vini rossi compiono una breve macerazione pellicolare prima dell’avvio della fermentazione alcolica tumultuosa, con una diraspatura solo parziale delle uve a seconda del grado di maturazione dei raspi (entrambe queste caratteristiche vengono confermate anche in altre realtà). Nei bianchi viene privilegiata la pressatura soffice di uve intere senza alcuna macerazione.
La degustazione dei vini aziendali viene suddivisa in due giornate. Il primo giorno ci vengono sottoposti alcuni dei più importanti vini della azienda. Il secondo giorno assaggiamo i vini più semplici. E’ possibile affermare che si tratta di prodotti dallo stile inconfondibile. Dove, accanto alla incredibile pulizia e perfezione tecnica, è possibile ritrovare l’espressione distinta dei vitigni, dei suoli e delle stagioni in un continuo susseguirsi di complessità e diversità di caratteri. Questo ci ha stupito in particolar modo nei prodotti più accessibili (sia in fatto di gusto che di portafoglio) dove è stato davvero possibile elevare in modo emblematico a pietra di paragone, la sirah del Saint Joseph Deschants 2005, la grenache del Rasteau 2004, il viogner del Saint Peray Les Tanneurs 2005. Oppure il Crozes Hermitage Petite Buche blanc 2005 nella sua inconfondibile sapidità calcarea e il Tavel Beaurevoir rosé 2005 con un naso finissimo di mora e fragola.
Ancora, tale azienda pare confermarsi emblema della zona per il generale minore impatto destato in noi dai vini bianchi. Cosa strana in Francia, ma che contraddistingue una regione in cui Viogner, Marsanne e Roussanne, accanto a sensazioni olfattive sempre fini ed eleganti, tendono però a mancare sempre di quella vena acida che conduce al minerale.
INVITARE – CONDRIEU 2005
100% Viogner.
Al naso subito pulitissimo e fresco, si distingue per una nota spiccata di pera. Poi di frutta secca e albicocca con un ritorno balsamico molto intrigante. L’attacco in bocca è molto pulito, sapido con una discreta acidità e la totale assenza di note vegetali o amare. Il vino è secco, dritto, si apre solo alla fine su note agrumate. Manca, forse, di una mineralità spinta al palato, compensata però da una materia perfettamente integra.
CHANTE ALOUETTE - ERMITAGE 2004
100% Marsanne.
E’ un vino più morbido del precedente. Emerge una nota di solforosa appena accennata a coprire sentori di miele e pasticceria secca. In bocca il vino è morbido ma lunghissimo. Il frutto (fico e albicocca accanto a note mielate) è ancora un po’ coperto dal legno e da sentori sulfurei. E’ un vino che ha una vita lunghissima davanti e che mostra solo parte della sua potenzialità.
DE L’OREE – ERMITAGE 2001
100% Marsanne.
Vino proveniente da vigne che hanno fra gli 80 ed i 100 anni con una resa per ettaro di 15 hl. Al naso si presenta immediatamente con una piacevole nota sulfurea di terra, quasi tartufata. Poi si apre su note di pasticceria secca, su sentori affumicati, di miele di acacia che evolve verso il caramello. In bocca è concentrato, con una persistenza infinita. Vi è una morbidezza forse eccessiva, condotta anche da note di tostatura di legno. Ma poi i continui ritorni di agrume dolce, di albicocca secca e di miele tendono a dominare sul rovere, sebbene l’incredibile lunghezza non sembri essere supportata da una struttura acida/sapida adeguata.
LES BECASSES – COTE ROTIE 2004
100% Sirah.
Il vino si presenta di un rosso rubino acceso, fiammante. Al naso è dapprima un po’ chiuso. Quando si apre lo fa su sentori animali, poi di pepe e di ciliegia. Quando si apre completamente prendono il sopravvento sentori elegantissimi di ribes e uva spina. E’ un vino dalla straordinaria finezza che in bocca appare concentrato ma setoso, i cui tannini - pur ancora giovanissimi - sono già dolci e dove l’amaro è completamente assente. La chiusura in bocca è secca e senza alcun cedimento. Al naso prorompono note di pepe verde, di origano e di chiodo di garofano, quasi balsamiche, che lasciano poi il palato fresco e pulito. E ‘un vino con almeno dieci anni di vita davanti.
LA SIZERANNE – ERMITAGE 2004
100% Sirah.
E’ uno dei vini simbolo dell’azienda. Un Hermitage che proviene da parcelle poste nella parte bassa della collina e che vede una dominanza di sedimenti limosi e argillosi alluvionali del Rodano. In alcune parcelle vi è predominanza di granito, in altre di calcare; un terroir meno estremo rispetto alle altre parcelle in Hermitage e che, quindi, necessita di un invecchiamento inferiore per esprimersi.
Al naso emerge subito in modo più netto rispetto al vino precedente. Viola, petali di rosa appassita, prugna lasciano presagire un vino che si presenta già maturo. In bocca è pieno, concentrato. I tannini sono impetuosi ma assolutamente morbidi. Una nota sapida conduce a un finale un po’ amaro, forse sulfureo. Nel ritorno al naso l’amarena lascia il posto ai tipici sentori speziati della sirah dove spiccano il curry ed il pepe nero.
LA MORDOREE – COTE ROTIE 2000
100% Sirah.
Il colore è di un rosso rubino scuro. All’olfatto è subito pulitissimo. I ripidi terrazzamenti della Cote Rotie offrono sentori intriganti: inchiostro, sangue, viola. Poi è la sirah a regalare note finissime di pepe e zenzero assieme a sentori di ginepro, di cannella, di liquirizia. Poi dopo qualche momento evolve ancora verso sentori di pasta di olive, di cuoio e di polvere di cacao. In bocca ha tannini memorabili, nel pieno della loro potenza ma già vellutati. E’ un vino terroso, caldo, ma di una finezza assoluta. Verticale nonostante la struttura tannica e l’alcool, non concede alcuno spazio ad una facile morbidezza ma è anzi un inno alla complessità. Un vino che ha davanti a sé quindici anni di gloria.
LE MEAL – ERMITAGE 2000
100% Sirah.
Hermitage proveniente da parcelle poste circa a metà della collina, dunque con terreni meno sciolti, ricchi di scheletro, roccia madre, cristalli di quarzo. Uno scontro di ere geologiche dominato dalla lotta fra il granito ed il calcare scavati dal Rodano.
Il colore del vino è un rosso cupo, quasi impenetrabile. E’ subito liquoroso, con sentori terziari di frutta sotto spirito. La speziatura è qui chiusa, quasi affumicata. Il naso è complesso ma ancora intimo, introverso. Elegante. Lasciato nel bicchiere esprime note finissime di cioccolato fondente e tabacco, di pepe e di mirtillo. In bocca è pieno, potente e caldo. La maestosa concentrazione è comunque fine, non stanca, invita anzi alla beva in virtù di una mineralità sotterranea che rende il vino armonico. Un grande vino che è solo all’inizio di una lunga vita.
Alle ore 10.00 entriamo nei locali della Maison M. Chapoutier, uno dei mostri sacri della viticoltura della Cotes du Rhone. Alcuni di noi ancora ricordano una memorabile degustazione di qualche anno fa, dunque le aspettative sono molto elevate. Abbiamo fissato un appuntamento dall’Italia per cercare di capire a pieno i segreti di questo colosso della agricoltura biodinamica.
Il sommelier Sebastien Dreville, uno dei responsabili dell’accoglienza, ci guida dapprima nei leggendari vigneti della collina dell’Hermitage. Inizia a parlare delle ere geologiche che l’hanno creata e della fondamentale divisione in due grandi parti, divise da una frattura geologica. A ovest predomina il granito, ultimo bastione del Massiccio Centrale, in molte delle sue differenti articolazioni. A Est è il calcare proveniente dalle Alpi a farla da padrone. I vigneti sono impressionanti, per la pendenza, le densità di impianto, la scarsità di sostanza organica. In certe parti le radici affondano dentro una vera e propria “sabbia di granito”.
“Il terroir è la combinazione del suolo, del clima - che segna il millesimo - e della conoscenza che deriva dalle tradizioni. Senza l’uomo non c’è il terroir. L’uomo fa il terroir. O lo distrugge”. In questa frase di Michel Chapoutier, riportata su ogni pubblicazione della maison, sta lo stile della azienda. In una sorta di umanesimo che vede l’agricoltura come un fatto culturale, dove è fondamentale l’interpretazione umana del dato naturale, risiede la sua caratteristica più profonda. Per cui la biodinamica diviene un mezzo per produrre grandi vini di territorio, e non il fine ultimo su cui basare tutta la propria azione. Così accade che non in tutte le vigne dell’azienda si faccia biodinamica. E che in cantina non si disdegni l’uso di lieviti selezionati, se l’uso dei lieviti indigeni per qualche ragione (annata, stato delle uve, tipo di vigneto) risultasse distorcere l’espressione del terroir. Stessa cosa per l’uso della solforosa, evidente anche in degustazione, specie sui bianchi, e legato al mantenimento di una incredibile longevità dei vini della azienda.
Sono considerazioni che fanno storcere il naso ai puristi dei vini naturali/biodinamici ma che nel contesto di una azienda che produce nel complesso milioni di bottiglie meritano, a nostro avviso, una certa considerazione. E’ un approccio interessante soprattutto in confronto a una realtà italiana sempre più dominata da una netta contrapposizione fra grandi aziende dove regna la chimica più sfrenata e piccoli viticoltori in cui l’idea forte di vino naturale può condurre a volte ad una eguale standardizzazione provocata dalle estreme ossidazioni, da macerazioni eccessive, da forti riduzioni. Con relativa perdita delle caratteristiche del terroir.
I vigneti della maison vengono tutti separati in parcelle a seconda del tipo di suolo/esposizione e le uve ottenute vengono vinificate separatamente. I grandi vini sono ottenuti da parcelle di vigneto (alcune dei quali con viti pre-fillossera) sulle quali non si opera alcun taglio. In generale i bianchi vengono da suoli più calcarei, e tale regola è stata riscontrata anche per altri produttori e in altre zone della denominazione Cotes du Rhone.
La visita alla cantina (una delle quattro della maison, la più a nord e la più piccola) conferma l’idea di una impostazione tradizionalista (uso di grandi tini di legno aperti per la macerazione dei rossi) senza alcuna predominio della tecnologia, ma di una grandissima attenzione ai particolari e alla tecnica enologica. In generale, i vini rossi compiono una breve macerazione pellicolare prima dell’avvio della fermentazione alcolica tumultuosa, con una diraspatura solo parziale delle uve a seconda del grado di maturazione dei raspi (entrambe queste caratteristiche vengono confermate anche in altre realtà). Nei bianchi viene privilegiata la pressatura soffice di uve intere senza alcuna macerazione.
La degustazione dei vini aziendali viene suddivisa in due giornate. Il primo giorno ci vengono sottoposti alcuni dei più importanti vini della azienda. Il secondo giorno assaggiamo i vini più semplici. E’ possibile affermare che si tratta di prodotti dallo stile inconfondibile. Dove, accanto alla incredibile pulizia e perfezione tecnica, è possibile ritrovare l’espressione distinta dei vitigni, dei suoli e delle stagioni in un continuo susseguirsi di complessità e diversità di caratteri. Questo ci ha stupito in particolar modo nei prodotti più accessibili (sia in fatto di gusto che di portafoglio) dove è stato davvero possibile elevare in modo emblematico a pietra di paragone, la sirah del Saint Joseph Deschants 2005, la grenache del Rasteau 2004, il viogner del Saint Peray Les Tanneurs 2005. Oppure il Crozes Hermitage Petite Buche blanc 2005 nella sua inconfondibile sapidità calcarea e il Tavel Beaurevoir rosé 2005 con un naso finissimo di mora e fragola.
Ancora, tale azienda pare confermarsi emblema della zona per il generale minore impatto destato in noi dai vini bianchi. Cosa strana in Francia, ma che contraddistingue una regione in cui Viogner, Marsanne e Roussanne, accanto a sensazioni olfattive sempre fini ed eleganti, tendono però a mancare sempre di quella vena acida che conduce al minerale.
INVITARE – CONDRIEU 2005
100% Viogner.
Al naso subito pulitissimo e fresco, si distingue per una nota spiccata di pera. Poi di frutta secca e albicocca con un ritorno balsamico molto intrigante. L’attacco in bocca è molto pulito, sapido con una discreta acidità e la totale assenza di note vegetali o amare. Il vino è secco, dritto, si apre solo alla fine su note agrumate. Manca, forse, di una mineralità spinta al palato, compensata però da una materia perfettamente integra.
CHANTE ALOUETTE - ERMITAGE 2004
100% Marsanne.
E’ un vino più morbido del precedente. Emerge una nota di solforosa appena accennata a coprire sentori di miele e pasticceria secca. In bocca il vino è morbido ma lunghissimo. Il frutto (fico e albicocca accanto a note mielate) è ancora un po’ coperto dal legno e da sentori sulfurei. E’ un vino che ha una vita lunghissima davanti e che mostra solo parte della sua potenzialità.
DE L’OREE – ERMITAGE 2001
100% Marsanne.
Vino proveniente da vigne che hanno fra gli 80 ed i 100 anni con una resa per ettaro di 15 hl. Al naso si presenta immediatamente con una piacevole nota sulfurea di terra, quasi tartufata. Poi si apre su note di pasticceria secca, su sentori affumicati, di miele di acacia che evolve verso il caramello. In bocca è concentrato, con una persistenza infinita. Vi è una morbidezza forse eccessiva, condotta anche da note di tostatura di legno. Ma poi i continui ritorni di agrume dolce, di albicocca secca e di miele tendono a dominare sul rovere, sebbene l’incredibile lunghezza non sembri essere supportata da una struttura acida/sapida adeguata.
LES BECASSES – COTE ROTIE 2004
100% Sirah.
Il vino si presenta di un rosso rubino acceso, fiammante. Al naso è dapprima un po’ chiuso. Quando si apre lo fa su sentori animali, poi di pepe e di ciliegia. Quando si apre completamente prendono il sopravvento sentori elegantissimi di ribes e uva spina. E’ un vino dalla straordinaria finezza che in bocca appare concentrato ma setoso, i cui tannini - pur ancora giovanissimi - sono già dolci e dove l’amaro è completamente assente. La chiusura in bocca è secca e senza alcun cedimento. Al naso prorompono note di pepe verde, di origano e di chiodo di garofano, quasi balsamiche, che lasciano poi il palato fresco e pulito. E ‘un vino con almeno dieci anni di vita davanti.
LA SIZERANNE – ERMITAGE 2004
100% Sirah.
E’ uno dei vini simbolo dell’azienda. Un Hermitage che proviene da parcelle poste nella parte bassa della collina e che vede una dominanza di sedimenti limosi e argillosi alluvionali del Rodano. In alcune parcelle vi è predominanza di granito, in altre di calcare; un terroir meno estremo rispetto alle altre parcelle in Hermitage e che, quindi, necessita di un invecchiamento inferiore per esprimersi.
Al naso emerge subito in modo più netto rispetto al vino precedente. Viola, petali di rosa appassita, prugna lasciano presagire un vino che si presenta già maturo. In bocca è pieno, concentrato. I tannini sono impetuosi ma assolutamente morbidi. Una nota sapida conduce a un finale un po’ amaro, forse sulfureo. Nel ritorno al naso l’amarena lascia il posto ai tipici sentori speziati della sirah dove spiccano il curry ed il pepe nero.
LA MORDOREE – COTE ROTIE 2000
100% Sirah.
Il colore è di un rosso rubino scuro. All’olfatto è subito pulitissimo. I ripidi terrazzamenti della Cote Rotie offrono sentori intriganti: inchiostro, sangue, viola. Poi è la sirah a regalare note finissime di pepe e zenzero assieme a sentori di ginepro, di cannella, di liquirizia. Poi dopo qualche momento evolve ancora verso sentori di pasta di olive, di cuoio e di polvere di cacao. In bocca ha tannini memorabili, nel pieno della loro potenza ma già vellutati. E’ un vino terroso, caldo, ma di una finezza assoluta. Verticale nonostante la struttura tannica e l’alcool, non concede alcuno spazio ad una facile morbidezza ma è anzi un inno alla complessità. Un vino che ha davanti a sé quindici anni di gloria.
LE MEAL – ERMITAGE 2000
100% Sirah.
Hermitage proveniente da parcelle poste circa a metà della collina, dunque con terreni meno sciolti, ricchi di scheletro, roccia madre, cristalli di quarzo. Uno scontro di ere geologiche dominato dalla lotta fra il granito ed il calcare scavati dal Rodano.
Il colore del vino è un rosso cupo, quasi impenetrabile. E’ subito liquoroso, con sentori terziari di frutta sotto spirito. La speziatura è qui chiusa, quasi affumicata. Il naso è complesso ma ancora intimo, introverso. Elegante. Lasciato nel bicchiere esprime note finissime di cioccolato fondente e tabacco, di pepe e di mirtillo. In bocca è pieno, potente e caldo. La maestosa concentrazione è comunque fine, non stanca, invita anzi alla beva in virtù di una mineralità sotterranea che rende il vino armonico. Un grande vino che è solo all’inizio di una lunga vita.
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