sabato 13 agosto 2011

Credibilità

Quarantacinque miliardi di euro perché non siamo credibili. Perché il tempo della fiducia nell'Italia è finito.
Nel capitalismo finanziario odierno non conta quello che produci e come lo produci. Oggi l'economia reale vale zero. Quello che conta è che ogni mese vai sul mercato e cerchi di collocare quei titoli pubblici che ti servono per andare avanti, per galleggiare, per non chiudere baracca e burattini. Per venderli devi pagare un prezzo e questo prezzo è il tasso di interesse. Più sale questo prezzo e più ti costa finanziare i tuoi vizi, si chiamino Province inutili, menù agevolati, spese eccessive per la gestione del consenso politico e chi più ne ha più ne metta.
Siamo come una famiglia in cui c'è qualcuno che gioca d'azzardo, qualcuno che beve, qualcuno che va a puttane. Non siamo credibili. A questa famiglia chi concederebbe un mutuo? Siccome la famiglia tutto sommato è stata importante si fa un'eccezione e magari il mutuo glielo si dà. A tasso variabile. Questa famiglia ha un figlio perbene: si chiama classe media - lavoro dipendente. Ogni volta che la rata del mutuo sale si chiede un contributo al figlio perbene. Poi si continua ad andare a puttane e a giocare d'azzardo. Al figlio perbene piacerebbe che tutti i suoi contributi andassero per investire in questo paese, in questa famiglia. Per fare ricerca, per assumere giovani, per comprare macchinari. Invece no. I suoi contributi servono solo a pagare gli interessi del mutuo che salgono sempre più perché c'è qualcuno che va a puttane e gioca d'azzardo.
Quarantacinque miliardi di euro dagli italiani, sempre gli stessi, perché siamo un paese sull'orlo del fallimento. E tutto perché non siamo credibili.
E se la classe media diventasse alla fine povera?
E se il figlio perbene alla fine s'incazzasse davvero?
E se fosse giunto il momento di ritornare semplicemente ad essere "credibili"?

PS Aggiornamento del 17 agosto: dopo il vertice franco-tedesco pare tornata di moda la cosiddetta "Tobin tax", roba da no-global di una volta. Qui un bel pezzo di Repubblica sulla questione: http://www.repubblica.it/economia/2011/08/17/news/serve_la_sabbia_negli_ingranaggi_il_ritorno_benedetto_della_tobin_tax-20537968/?ref=HREA-1 

6 commenti:

Francesco Annibali ha detto...

Corrado cosa ne pensi?
http://www.cadoinpiedi.it/2011/08/11/linconsistenza_della_politica_e_il_sogno_del_cambiamento.html

Corrado Dottori ha detto...

Cosa ne penso?... Penso che il problema venga dal sistema economico che abbiamo, penso che quando a Genova si chiedeva la Tobin Tax avevamo ragione, penso che due guerre inutili come Afghanistan e Iraq abbiano avuto il loro peso, penso che nessun paese con elevati livelli di debito ne sia uscito senza traumi (è la storia economica, baby). Il problema è che oggi non c'è un solo paese ad avere alti livelli di debito ma un intero sistema economico. Il liberismo ha fallito clamorosamente ma le ricette che ci impongono vanno nella stessa direzione che ci ha portato al disastro. L'Europa è un Europa della moneta, cioé delle banche, e non l'Europa dei popoli. Ma chi contesta questa Europa sono Lega e forze xenofobe mentre la sinistra è allineata.
Come se ne esce?
1) Taglio di tutte le spese militari e ritiro da tutti gli scenari di guerra.
2) Taglio di tutte le Province e accorpamento dei Comuni sotto i 3.000 abitanti. Taglio massiccio di tutti i costi della politica.
3) Adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita media, fatti salvi i "lavori usuranti" (es. catena di montaggio)
4) Patrimoniale secca su tutta la ricchezza (finanziaria, immobiliare, beni di lusso). Primo anno una tantum elevatissima che va ad abbassare direttamente il livello del debito totale (proposta Amato). Poi con aliquota bassa annuale.
5) Col risparmio ottenuto annualmente sugli interessi sul debito (si parlerebbe di decine di miliardi di euro): investimenti in ricerca, reddito di cittadinanza, conversione massiccia verso la green economy, stabilizzazione dei precari in funzione di sostegno del reddito ( e dunque dei consumi).
6) Tracciabilità di tutte le operazioni economiche contro l'evasione.
Misure che sono l'abc di una economia trasparente e democratica ma che necessitano di governi e non di fantocci nelle mani della finanza (vedi Obama e lo dico con dispiacere). Così chi decide oggi sulla pelle nostra sono le agenzie di rating. Almeno una volta erano i monarchi e forse era meglio...

Nic Marsèl ha detto...

Amaramente plaudo. Bel pezzo Corrado.

gianpaolo paglia ha detto...

Concordo sul tono generale del tuo post. Sono in disaccordo sul fatto che tutto sia derivato dal liberismo, che come tu affermi, avrebbe fallito. Il fatto e', e dovrebbe essere evidente a tutti quelli che vivono in questo paese, che in Italia il liberismo non c'e' mai stato. Questo e' un paese soffocato dalle rendite di posizione, dalla gerontocrazia che resta avvinghiata con la mano tremolante al timone di una nave che da almeno 30 anni gira intorno a se stessa, ignara che il mondo si sviluppa ormai su direttrici dove l'Europa, e persino gli USA sono destinati ad essere periferici, figuriamoci un Italietta fatti di ordini, di carte bollate, di privilegi che si passano di padre in figlio, dove conta piu' l'appartenenza di casta, miserabile o facoltosa che sia, invece che il merito. Liberismo selvaggio? Ma se In Italia serve anche la licenza per fare una pisciata al bar.

Corrado Dottori ha detto...

Ciao Giampaolo. Credo che diamo due significati diversi alla stessa parola: per me liberismo non è quel che intendi riguardo alla liberalizzazione delle professioni o del commercio, così come alla questione del merito. Tutte cose che purtroppo in Italia sono di là da venire per questioni storico-culturali prima ancora che economiche.
Il mio riferimento al liberismo è più "organico": alla teoria economica, cioé, che si è imposta come unico paradigma internazionale non più discutibile perlomeno dal 1971, cioé dalla fine di Bretton-Woods e del legame oro-dollaro. Dunque i Chicago-boys, la svolta reaganiana, il Washington Consensus, ecc. Coi tempi della storia, cioé fra decine di anni, tutta quella fiducia in "mercati finanziari perfettamente in grado di autoregolarsi" verrà vista come una solenne e gigantesca bufala. Il problema è che nel frattempo noi ci stiamo in mezzo coi nostri mutui, i nostri stipendi e le nostre dichiarazioni dei redditi.

Gianpaolo Paglia ha detto...

IL problema dell'Italia non deriva da Bretton Woods, dai Chigaco Boys, e nemmeno, udite udite, dal liberismo.
Il problema dell'Italia deriva dall'opposto del liberismo, deriva da una crescita del debito pubblico smisurata a fini prettamente clientelari. Deriva da migliaia di miliardi buttati al sud solo per far tornare voti indietro, senza che generassero nessun sviluppo. Deriva dal credere italiota che tutto ci è garantito e nulla per noi è dovuto. Deriva dall'assenza di infrastrutture degne di questo nome, dall'assenza di ricerca scientifica e da una scuola decrepita, umiliata, umiliante, e che non forma le nuove generazioni. Deriva, in generale, dall'assenza di civismo, di senso della comunità, dall'ignoranza, arroganza e maleducazione ampiamente diffuse, e incoraggiate, nella società italiana.
Convincersi che il declino italiano è colpa dei "mercati", cioè di altri, è un ulteriore peccato consolatorio che non può che avvicinarci al baratro.