domenica 13 febbraio 2011

I talebani del vino

File:Flag of Taliban.svg
Da qualche tempo, partecipando alle varie fiere del vino naturale, oppure girovagando per blog, colgo definizioni strambe di questo mondo variegato. "Talebani", "Massimalisti", "Integralisti", "Messianici". E ancora: "Ideologia", "Settarismo", "Estremismo", "Radicalismo", parole in libertà che vogliono disegnare il profilo di persone che, di mestiere, producono vino.
Sono il primo ad ammettere le contraddizioni insite nel mondo del "vino vero", così come la presenza di forzature e radicalismi. Eppure, per la mia esperienza, la grande parte dei produttori che fanno parte di questo mondo sono persone affabili, normali, simpatiche. Che non lanciano alcun messaggio violento o aggressivo. Semplicemente credono nella bontà delle proprie idee e nella forza del proprio lavoro.
Talebano non è una parola "neutra" e non dovrebbe - credo - essere usata a cuor leggero. Dopotutto si parla solo di vino.
Noto una deriva pericolosa. Per la quale ad una presunta eresia, quella appunto del "naturale", si risponde con il rafforzamento del paradigma, del dogma, del sistema. Finendo col divenire ancora più estremisti dei presunti eretici. Con l'ovvio corollario della delegittimazione altrui.
Nel caso specifico osservo un richiamo alla Scienza fuori luogo. Come se lo scontro fosse fra modernità ed arretratezza, fra lumi e tenebre, fra progresso e tradizione, fra scienza ed alchimia, fra realtà e misticismo. Avevo già provato a districare la matassa qui: http://ladistesa.blogspot.com/2010/04/il-vino-naturale-ed-il-dominio-della.html
Credo che la conferma più lampante della mia analisi siano le parole di un noto produttore intervenuto di recente sulla questione. Ecco alcune sue parole: 

"Sono un antinaturalista convinto e sono grato alla ragione che ci ha permesso di arrivare fin qui. La magia è un modo per nascondere la propria ignoranza dei fenomeni naturali. Ovviamente odio i vini naturali o meglio quelli che ostentano di essere tali. Nessun vino è naturale (tende a diventare aceto per sua natura) e non lo è nemmeno l’uva. La vite deve essere addomesticata (violentata direbbe un ambientalista!) per produrla altrimenti produrrebbe legno"

"I “vini naturali” sono una brutta invenzione dei giornalisti che porta indietro di anni la bevuta che si stava imponendo. Con un piccolo intermezzo per i vini eleganti si è passati dai vini-pasto ai vini-feccia. Come dire dalle caverne alle palafitte".

"Non credo che ci sia un produttore di vini “naturali” di buon senso che qualche volta non abbia usato i sistemici (altrimenti qualche anno avrebbe saltato la vendemmia)". 

"Il naturalismo vive di tanti miti. ne va sfatato un altro, cioè che il lievito selezionato abbia un potere omologante e che il lievito “indigeno” (ma chi è?) determini – o aiuti a determinare – la territorialità del vino. Beh smettiamola con queste favole, tra l’altro cattive. Non esiste alcuno studio scientifico che dimostri questa convinzione, nemmeno come ipotesi. il lievito selezionato permette di pulire il vino prima di mandarlo in fermentazione e permette di farlo fermentare a temperature basse (vi ricordate il compiacimento del solito contadino quando il suo vino “bolle”? e quello che si vuole?). Ora il problema non è che il naturalista non vuole usare queste procedure perché non sono naturali, ma perché “non può” usarle. Il suo vino non completerebbe la fermentazione e probabilmente finirebbe per estenuarsi in una fermentazione languente con un sicuro aumento della volatile. Non c’era qualcuno (ancora tra noi) che voleva riprodurre il vino bevuto da Gesù? che per questa ragione si è lasciato piuttosto crocifiggere"

Qualcuno ha ancora dei dubbi su chi siano i "massimalisti" e gli "estremisti"?
Per quanto mi riguarda sono stufo. Stufo di dover produrre vino aggiungendo sempre un aggettivo. Mi piacerebbe produrre vino e basta. E che fossero gli altri a dover scrivere "bevanda a base di uva ed enzimi, lieviti selezionati, sostanze azotate, tannini, gomma arabica, mosto concentrato rettificato, vitamine, polivinilpirrolidone, e chi-più-ne-ha-più-ne-metta". Così come mi piacerebbe non essere io a certificarmi bio, ma che fossero i convenzionali a certificarsi chimici, dichiarando loro, e non noi, che cosa buttano nei campi.
E' una proposta da Talebano?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

no. sto avendo gli stessi tuoi pensieri, confermati domenica a venezia ad una manifestazione. mi piacerebbe parlarne con te a cerea se ti va. un abbraccio. caro.

Anonimo ha detto...

Su una cosa sono d'accordo: Si fa naturale (il più naturalmente possibile: no sistemici, no diserbo, no antimuffa, no, no, no).
Non si usa questo argomento per 'vendere' il proprio vino, bensì per indicare una strada da percorrere, per stare meglio, per far stare meglio la terra, per guardare a un futuro meno chimico.
Non è talebanesimo è anzi una tendenza di tutta la parte alta del mercato.
Forse è proprio questo aspetto che 'rode' a chi c'è sempre andato giù senza ritegno.
Comunque i vini 'naturali' sono più buoni, ho detto buoni, enologicamente parlando.
S.B.

Corrado Dottori ha detto...

Penso che stiamo arrivando al "dunque" rispetto alla questione vino naturale: non si deve fare vini naturali per esigenze commerciali, cioé sfruttando una nicchia del mercato che in questo momento tira, ma molto più semplicemente perché sono più buoni e territoriali.
Per comunicare questo fatto credo si debbano evitare mistificazioni e scontri ideologici e, in definitiva, essere "naturali" anche nelle relazioni umane.

Barbara ha detto...

ciao corrado,
se tu sei un talebano allora non sei il solo...
vedi il bellissimo intervento del prof. zanfei:
http://www.sorgentedelvino.it/articoli/il-marchio-che-non-c-e----riflessioni-sulle.htm

a dire il vero a me pare una posizione più che ragionevole, a volte le parole sono davvero importanti (anzi, così importanti che vengono rubate come gioielli preziosi).
difficile da far passare a livello legislativo, ma mentre si porta avanti una battaglia legale si fa anche informazione, quindi perché non percorrere questa strada?

io ci sono.
a presto,
barbara