Mi sono spesso interrogato sul senso di raccontare degustazioni ed assaggi ai 4 lettori di questo blog. Soprattutto quando si tratta di lunghi post sui brevi viaggi in Francia che mi concedo tradizionalmente a fine vendemmia col solito gruppo di amici-bevitori-intenditori-tecnici.
La risposta è che riordinare le idee dopo una degustazione (nonché i disordinati appunti che mi ritrovo in mano) è qualcosa che mi aiuta molto nel mio lavoro quotidiano. Credo che in viticoltura ed enologia, nel senso umanistico che do ad entrambi i termini, siano fondamentali il continuo confronto con teorie e prassi differenti e la reiterata messa in discussione di ciò che si conosce o che si presume di conoscere. Non solo. Fare vino, e farlo al meglio, porta con sé quasi naturalmente la necessità di ricerca empirica davvero imponente. Questo perché le teorie, che sono necessariamente costruzioni astratte, hanno senso fino ad un certo punto una volta calate in una realtà fatta di migliaia di componenti chimici, diversità ambientali, geologiche, climatiche, socio-culturali. Insomma, per quel che ne posso capire, il vino è il regno della complessità e pertanto rifugge le soluzioni semplici e gli approcci facili.
Con questa logica, da bianchista tuttora insoddisfatto, è sempre una sfida ai limiti del possibile il confronto con in vini bianchi dei maestri francesi. E per questo motivo dopo Champagne, Alsazia e Borgogna ci restava da esplorare ancora una grande zona di bianchi: la Loira, specie là dove regna il Sauvignon Blanc.
Dopo il consueto e interminabile viaggio notturno ci ritroviamo, così, a sgranocchiare Croissant caldi sulla piazza di Pouilly-sur-Loire, appena prima di prendere possesso delle nostre accoglienti stanze nello gite di turno.
Perché ci facciamo del male nell'aprire le danze, come tradizione, con una cooperativa è presto detto: in tutto il mondo è in questi luoghi che ci si avvicina, nel bene e nel male, alla comprensione di una zona vinicola. Cave de Pouilly, dunque. Il Pouilly-sur-loire 2006 non è niente più che fresco e lievitoso, ma il Poully Fumé 2007 già si presenta più complesso, con note agrumate, lievemente affumicate, e poi di asparago e di sottaceto. Il Pouilly Fumé vecchie vigne 2007 è più varietale, verde, contraddistinto da note di foglia di pomodoro al naso; molto verticale in bocca, segnata dal malico, ma chiusura piacevole, salina, iodata, dura, con un richiamo al cetriolo agro.
Io odio il Sauvignon, mi ripeto come un mantra fin dall'inizio, e fin dall'inizio sono costretto a notare come non sia così infastidito dai tratti che più caratterizzano questo vitigno. Il Tonelum Pouilly Fumé 2007 da terroir Silex affinato in barrique conferma la sensazione: naso estremamente pulito, segnato da una nota fumé che ben si integra col legno, lungo, elegante, salatissimo in chiusura di bocca. Il resto della gamma si mantiene su discreti livelli e con prezzi più che abbordabili.
Dopo un breve giro per vigneti ci appare alla vista lo Chateau La Ladoucette. In questa "maison" si comincia a fare sul serio e ci rendiamo presto conto che, anche più che a Chablis, l'acidità è qualcosa con cui dovremo convivere. Il Pouilly Fumé 2007 La Ladoucette è finissimo, elegante, dalla spiccata nota minerale; note di asparago selvatico si intuiscono su uno sfondo dominato dalla pietra focaia mentre in bocca emerge un affascinante carattere salmastro, iodato ed algido, dritto, senza alcun cedimento alla morbidezza. Il Sancerre 2007 La Ladoucette è da subito più immediato: emergono sentori di muschio, lavanda, miele d'agrumi, frutto della passione, pomodoro verde. L'aromaticità è espressione di un vino ancora incredibilmente salino ed acido, dove la salivazione si fa inarrestabile dopo la prima sorsata, dove il malico conquista la bocca in modo progressivo ma non fastidioso. E' poi la volta del Sancerre 2007 La Poussie, Sauvignon più classico, caratterizzato da profumi molto netti di mango, agrumi, frutto della passione, pepe bianco e da una bocca più pronta ed immediata, ma non banale, dove solo in chiusura si avverte una lieve nota vegetale (peperone). E' poi la volta del vino rosso, un Sancerre 2006 Comte Lafond Gran cuvèe. L'appellation prevede l'utilizzo al 100% del Pinot Nero ma siamo piuttosto lontani dalla Borgogna. Ad un naso nettissimo di ciliegia e piccoli frutti rossi, fragrante ed elegante, fa da contraltare una bocca dove prevalgono note vegetali, una magrezza eccessiva ed un finale troppo amaro ed astringente.
Torniamo in paese e, appena prima di pranzo, ci accoglie la piccola sala degustazione di Masson-Blondelet. Qui la viticoltura avviene senza l'utilizzo di diserbanti e pesticidi ma l'azienda non è a conduzione completamente bio: ci viene ricordata l'estrema piovosità della zona e la difficoltà nella gestione dei trattamenti anticrittogramici. Il Pouilly Fumé Les Pierre de Pierre 2007, su suolo silex, è subito un pò chiuso, poi presenta note minerali, di limone, su un sostrato classico "fumé". In bocca è molto molto acido, freschissimo ma davvero duro. Il Pouilly Fumé Villa Paulus 2007, su suolo Kimmeridge, è immediato, dominato da un fruttato a base di pesca bianca e da sensazioni marine in bocca che non stancano mai. Lo stesso vino nella versione 2008 è più lievitoso, molto pulito, floreale, con note molto curiose di alghe e frutti di mare. Chiusura fruttata molto diritta. Il Pouilly Fumé Tradition Cullus 2005 presenta note di pera e frutti esotici, ha un finale lunghissimo ed elegante ma risulta un pò magro a centro bocca. In generale tutti i vini, vinificati in acciaio, risultano molto piacevoli e ben fatti, forse appena un pò facili, ma espressivi certamente della denominazione. Siamo in ogni caso stupefatti dai livelli di acidità riscontrati in tutti i vini. Una acidità viva, nervosa, per lo più appagante. Ma il meglio dovrà ancora venire.
2 commenti:
Devi raccontare perchè, non dico tutti e quattro, ma se anche uno solo dei tuoi lettori prendesse spunto dal tuo resoconto per seguire le tue tracce (anche solo mentalmente) avresti fatto qualcosa di cui saresti contento.
Credo poi che quando si racconta qualcosa lo si fa prima di tutto perchè si sente la necessità di condividere con gli altri le proprie emozioni ed esperienze. Si spera sempre che siano molti ma se poi è uno solo è già sufficiente.
Mi sembra un ottimo resoconto. Complimenti per l'articolo con buoni punti di partenza per chi si accinge a conoscere la tipologia.
Posta un commento