Una fioritura incredibile degli ulivi ed una notevole quantità di "uva" sulla vite caratterizzano questa primavera più fredda del solito.
Sto leggendo la biografia di Pancho Villa, scritta da Paco Ignacio Taibo II (libro lunghissimo ed un pò noioso); sto ascoltando Warpaint dei Black crowes (in CD perché alla fine il vinile non è arrivato); sono incazzatissimo per una serie di ragioni che prima o poi scriverò; sto lavorando troppo e male; lo scudetto è andato all'Inter.
Eppure l'altra sera mi sono ritrovato nel meraviglioso piccolo teatro di Osimo ad ascoltare Steve Earle in acustico. E quando mi ha sparato Goodbye, pezzo incredibile da Train a comin' del 1995, tutto quanto mi pareva pieno di senso e bellezza; tutti i casini, i problemi, le contraddizioni mi sono apparsi per ciò che sono: piccoli accidenti poco importanti di fronte alla poesia di una pancia che si muove, di una vita libera e autentica, di una musica che per 5 minuti di ti fa dimenticare la realtà e ti trascina nel mondo dei sogni e dei desideri.
But I recall all of them nights down in Mexico
One place I may never go in my life again
Was I just off somewhere just too high
But I can't remember if we said goodbye"
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