Per il secondo anno consecutivo sono stato invitato ad una serata davvero speciale. Si svolge durante la Pro-wein a casa di Ulf Nilsson, grande appassionato di vini, nonché neo enotecario nella zona di Colonia. La sua cantina è davvero una chiesa pagana dedicata alla cultura del vino. Quello che accade in questa serata è un gioco affascinante e difficile. Mangiando dell'ottimo cibo Ulf serve ai commensali una serie di vini provenienti dalla sua cantina, rigorosamente alla cieca. E da lì parte un confronto collettivo, una prolungata ricerca fatta di discussioni, illuminazioni, castronerie e calcoli che dovrebbe portare, e a volte porta, alla scoperta del vino servito nel bicchiere. Vitigno, zona, età presunta. Un incubo. O un sogno meraviglioso. A seconda della compagnia e dell'approccio alla cultura del vino. Già lo scorso anno si era tornati in albergo col ricordo di una serata indimenticabile. Ma quest'anno siamo anche oltre. Questi i vini degustati nella sequenza originale (purtroppo spesso non ho segnato i produttori):
Cremant de Loire 2000, Riesling Sekt Mosel Franz Kern 2000, Dom Perignon 1990, Riesling 2005 Maastcht Olanda, Albarino Rias Baixas 2006, Pouilly Fumé 1998, Borgogna Pinot Noir 1999, Pinot Noir Alsazia 2000, Castellao Portogallo 2005, Shiraz Australia 1992, Brunello di Montalcino Lisini 1982, Chateau Palmer Margaux 1985, Volnay 1964, Barolo Borgogno 1958.
Potrei per molti di questi vini azzardare una descrizione ma mi pare noioso e superfluo. Quello che posso dire è che al ritorno, ore 4 della mattina, c'era in noi davvero la sensazione di avere aperto bottiglie indimenticabili e uniche. Per la cronaca, a fronte di grossi problemi col vino olandese, con i portoghesi, col Brunello e con il Pinot nero alsaziano, devo dire che mi sono mosso abbastanza bene, nonostante un fastidioso raffredore, arrivando spesso nei dintorni del vino giusto e, soprattutto azzeccando i tre vini che costituiscono il mio podio ideale: per il Dom Perignon avevo ipotizzato uno champagne a preponderanza di Pinot Noir di dieci anni (ne aveva quasi il doppio e sembrava ancora un bambino!); per il Margaux avevo detto un grande Bordeaux della zona del Medoc con preponderanza di Cabernet Sauvignon; per il Borgogno avevo candidamente dato come risposta unica un barolo degli anni cinquanta/sessanta. Mi pare che questo denoti in modo inequivocabile una volta di più la grandezza di quei vini: tutti e tre avevano una incredibile identità territoriale, una incredibile e irripetibile unicità nel rapporto vitigno/territorio/annata. Amen.
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