martedì 27 dicembre 2011

Un anno dopo

Ricordate la polemica dell'anno scorso fra La Terra Trema, l'ormai classico appuntamento del Leonkavallo, e Semplicemente Uva, quella che doveva essere la "nuova" fiera dei vini naturali a Milano? Ne scrissi qui. Se ne parlò a lungo e "noi" produttori CriticalWine lavorammo ad un documento che spiegava la nostra posizione sulla faccenda. Nel polemicone finì anche Porthos che, di fatto, venne chiamata a riempire di contenuti una fiera altrimenti triste ed inutile.
Ad un anno di distanza La Terra Trema ha avuto il successo di sempre (purtroppo non ho partecipato causa mio "anno sabbatico"), mentre la seconda edizione di Semplicemente Uva sembra rinviata (queste le ragioni addotte: Si informa che per motivi indipendenti dalla volontà degli organizzatori e relativi ad opere di ristrutturazione della location prescelta, la manifestazione SEMPLICEMENTEUVA è rimandata a febbraio 2012 in data da definire). 
Nel frattempo Maurizio Silvestri ha pubblicato un pezzo su Porthos.it che mi è molto piaciuto e che vi invito a leggere qui. Non so se è un ripensamento rispetto alla polemica dell'anno scorso e non mi interessa. E' un bel pezzo. Che fotografa ciò che l'appuntamento di Milano rappresenta: un atto di resistenza creativa; un rito liberatorio; una grande festa. Alla faccia dei sempre più tristi appuntamenti "cosiddetti" naturali.

venerdì 16 dicembre 2011

Il default morale

Devo alcune risposte a Giampaolo Paglia che ha subito commentato il mio ultimo post con un paio di interventi sferzanti che riporto qui sotto:

“diritto a fare default? E il diritto dei risparmiatori, pensionati, famiglie, un po in tutto il mondo, di non perdere i soldi investiti nel debito pubblico italiano?
Questo vuol dire essere di sinistra? Scaricare sugli altri i propri problemi, non assumersi le proprie responsabilita' collettive e private?”

“ah, mi sono dimenticato, le liberalizzazioni. Gia', perche' in questo paese sciagurato purtroppo e' la sinistra che deve chiedere le liberalizzazioni, mentre la destra liberale non esiste proprio. Mentre il popolo della sinistra e' tutto li' invece ad applaudire alle lobbies del farmaceutico, dei tassisti, degli ordini professionali, ecc. Ecco la radiografia di un paese nello sprofondo”.

Nel mio post “La sinistra non c’è più” ho condensato in poche righe alcune considerazioni molto generali sul clima economico-sociale che si respira nel nostro paese. Un blog – per definizione – non è il luogo ideale per discussioni sui massimi sistemi. La sollecitazione di Paglia, però, mi costringe a chiarire meglio alcuni concetti su cui già mi ero soffermato qui, qui e soprattutto qui.
La crisi è crisi di sistema. La crisi è la crisi del capitalismo su scale globale. La finanza di rapina sta semplicemente svelando il fallimento di un modello “nato” nel 1971 con la fine di Bretton Woods e che ha avuto nella globalizzazione dei mercati finanziari negli anni novanta la sua spinta finale (definitivamente con lo sciagurato Gramm-Leach-Billey Act della amministrazione Clinton del 1999, vera causa "ultima" della crisi dei mutui sub-prime).
Ma non voglio farla lunga. Entro nel merito.

1) Il diritto dei risparmiatori di tutto il mondo. Ciò che l’economia del debito non ha mai raccontato in modo chiaro è che qualunque titolo di credtio una persona comperi presenta un “rischio”. Tale rischio è – per farla molto breve – ripagato dal tasso di interesse. Che l’Italia di per sé fosse a rischio lo racconta la storia del suo debito. Che avesse la tripla AAA fino a poco fa è un problema degli scandalosi istituti di rating e delle banche compiacenti.
2) Non assumersi le proprie responsabilità. E’ dal 1992, megafinanziaria Amato, che i cittadini italiani onesti si assumono le proprie responsabilità. Abbiamo avuto in questi anni decine di manovre e manovrine a senso unico: precarizzazioni, privatizzazioni, tagli a scuola e sanità, tre riforme delle pensioni, aumento di ogni tipo di tassa. Il risultato è che il nostro debito è rimasto sostanzialmente invariato (a parte un certo calo a cavallo fra gli anni novanta e duemila).
3) Il risultato di questa “assunzione di responsabilità”, che ha aumentato la diseguaglianza e devastato la classe media, è che siamo in avanzo primario di bilancio. Cioé al netto degli interessi sul debito il nostro budget è a posto. A parte la sciagurata gestione Berlusconi questo accadeva già coi governi di centrosinistra degli anni novanta (motivo per cui il debito è per un certo periodo sceso). Era la strategia “Ciampi”: ridurre il debito con l’accumularsi negli anni di molti avanzi primari.
4) C’è un “ma” grande come una casa: tale strategia dipende fortemente dalla crescita del PIL. Se non c’è crescita è quasi impossibile realizzare duraturi avanzi primari. Ora, da che mondo è mondo, la strategia per crescere necessita di interventi pubblici. Se non in termini di interventi diretti perlomeno in termini di incentivi, fiscali o meno. Oggi – come è evidente a chiunque – non abbiamo spazi di bilancio per veri interventi di crescita.
5) Siamo in recessione. Cioé scende il PIL. La revisione 2012 parla di un ulteriore -1,6%. Cioé cala l’occupazione. Cioé cala il potere d’acquisto (la domanda aggregata). La manovra è obiettivamente recessiva (ogni manovra lo è, questa di più). Ciò significa che  stabilizziamo il deficit ma riducendosi il denominatore del rapporto deficit/PIL a breve avremo bisogno di una nuova manovra. E’ un circolo vizioso che non è possibile spezzare stante questa situazione globale. Non solo: è una situazione oggettivamente mai capitata dal dopoguerra; siamo stati in recessione nel 2008, nel 2009 e ci siamo ora. Non è mai capitata una serie storica simile.
6) Arrivo al “dunque”: non esiste in storia economica un esempio di paese che è uscito da livelli elevatissimi di debito pubblico quale quello italiano senza una di queste due opzioni: iperinflazione oppure ristrutturazione del debito. Noi non possiamo stampare moneta stando nell’area euro, dunque la prima alternativa (che in ogni caso è a mio avviso peggiore ancora) non è percorribile.
7) Liberalizzazioni: è presto detto che sono favorevole a liberalizzare i taxi e le farmacie. Mi fa incazzare che una grande forza di “sinistra” le proponga come soluzione ad una situazione macroeconomica totalmente compromessa. L’impatto sulla crescita ci sarebbe ma molto limitato e molto spostato in avanti nel tempo. Non è una panacea ai mali italiani semmai uno specchio per le allodole. Peraltro stiamo ancora aspettando le riduzioni nelle assicurazioni RCauto promesse dalla “lenzuolata” di Bersani – governo Prodi – nel 2007.

In conclusione: pensare che questa manovra lacrime e sangue “salvi l’Italia” è illusorio. Stimo Monti e so che lo sa. Poteva osare ma l’avrebbero fatto cadere. Ha preferito impaludarsi ed ora purtroppo è ostaggio non solo di lobbies ma di partiti ridotti a bande di peones. La situazione è drammatica perché non manca solo una destra liberale ma anche una sinistra socialista. Manca tutto, insomma. Il default italiano è un fallimento morale e culturale prima che economico. E’ il default di una intera classe dirigente. E’ il default della politica e della sua rappresentazione. Non c’è via di uscita se non ce ne liberiamo. Se non ripartiamo da zero. Dalle fondamenta.
- La ristrutturazione del debito si può fare in mille modi. Non chiamiamola default, chiamiamola ristrutturazione controllata (si allungano i tempi di rimborso su ogni scadenza o si decurta di una percentuale il valore dei titoli), magari escludendo i piccolissimi risparmiatori e/o i fondi pensione.
- L'alternativa è fare una patrimoniale seria chiedendo un ultimo enorme sforzo ai cittadini –in modo progressivo – con una tassa di scopo una tantum (circa 10.000 euro a cittadino in media), destinata alla riduzione del debito (proposta Amato di qualche mese fa).
Nel primo caso le perdite graverebbero principalmente sui paesi esteri che hanno acquistato il nostro debito e ci sarebbero ripercussioni serie in Europa. Ma se fosse una via "concertata" potrebbe dare il via ad una nuova stagione. Nel secondo caso il peso ricadrebbe principalmente sui cittadini italiani. Ma se è vero come è vero che l'intero stock di ricchezza italiana vale molte volte il suo PIL le risorse potrebbero esserci.
In ogni caso la strada è solo una: ridure ORA il debito ben al di sotto del 100% del PIL (Roubini suggerisce di stabilizzare al 90% il rapporto): significa trovare o consolidare 450 miliardi di euro.
Questo è essere responsabili per me: raccontare per la prima volta la verità ai cittadini, cioé che la situazione economica italiana non è più sostenibile. Ripartire, liberando miliardi di euro di interessi che pagheremmo sul debito per fare investimenti, ricerca, incentivi alle aziende, riduzione mirata del carico fiscale, stabilizzazione dell’occupazione.
Questo io mi aspetto dalla sinistra. Che, però, non esiste più.

mercoledì 14 dicembre 2011

La sinistra non c'è più.

Io - che sono rimasto nel novecento - leggo i giornali e penso che sì, è vero, i nuovi ministri sono meglio di quelli vecchi. E sì, perlomeno il vecchio Monti non ci fa fare figure di merda quando va all'estero. Non è molto, ma è qualcosa.
Poi penso che sto invecchiando. E che una situazione tipo quella che stiamo vivendo è paradossale. Che si dovrebbe circondare il Parlamento coi forconi per quello che sta succedendo. E invece no, a parte quattro leghisti che sfogano gli istinti repressi da anni di rospi ingoiati, tutto fila in modo relativamente tranquillo. Che grande popolo che siamo... Quasi orgogliosi dei debiti accumulati dagli Andreotti e dai Craxi ci accingiamo all'ennesima manovra correttiva. Che io mi ricordi, è vent'anni che facciamo manovre correttive per tagliare il debito.
Rendersi conto che forse così non si può più andare avanti? Che i giovani non possono essere costretti a pagare un debito che hanno fatto i loro padri ed i loro nonni, spesso evadendo le tasse o intascando pensioni immeritate quando non fraudolente? Che se il paese sta fallendo la prima cosa da fare sarebbe chiudere tutte le missioni "di pace" ed azzerare le spese per la difesa, tanto nessuno invade un paese in bancarotta? Che esiste un diritto al default? Che bisognerebbe ristrutturare ORA il nostro debito con una riduzione concordata del 25% (450 miliardi circa di manovra) come dice Nouriel Roubini?
Ecco l'unico modo per ripartire (se non si vuole fare una patrimoniale feroce da 10.000 euro pro capite in media).
Dove cazzo sta la sinistra?
Ah, sì chiede le liberalizzazioni. Me l'ero quasi dimenticato.

venerdì 2 dicembre 2011

Padri e figli

Oggi è una di quelle giornate in cui mio padre mi manca di brutto.
Così, per caso, ho messo su l'ultimo CD del cofanetto live 75-85 del boss ed ecco che parte l'ormai leggendaria introduzione.

... Quando stavo crescendo io e mio padre litigavamo sempre, quasi su tutti gli argomenti. Ma... io avevo dei capelli davvero lunghi, scendevano oltre le spalle. Quando avevo 17 o 18 anni il mio vecchio li odiava veramente; quando ci mettevamo, litigavamo tanto che io finivo per passare molto tempo fuori di casa. E d'estate non era tanto male, perche' faceva caldo, e gli amici erano tutti fuori; ma d'inverno, mi ricordo quando stavo giu' in paese e prendevo un sacco di freddo ... e quando il vento soffiava avevo una cabina telefonica nella quale mi riparavo. E chiamavo la mia ragazza, qualsiasi ora fosse, solo per parlarle, anche tutta la notte... fin quando, finalmente, trovavo il coraggio di tornare in casa ... mi fermavo un momento nel viale, e lui era la' ad aspettarmi, in cucina. Io mi mettevo i capelli dentro il collo della camicia ,entravo... lui mi chiamava perche' tornassi a seder con lui. La prima cosa che mi chiedeva era cosa pensavo di fare di me stesso. E la peggiore cosa e' che non riuscivo mai a spiegarglielo. Mi ricordo che una volta ebbi un incidente in moto; mi ritrovai disteso nel letto, e lui fece entrare un barbiere che mi taglio' i capelli, e, ragazzi... mi ricordo che gli dissi che lo odiavo,e che non me ne sarei mai dimenticato. Lui mi diceva:"ragazzo, non vedo l'ora che ti prendano nell'esercito. Quando ti prenderanno nell'esercito faranno di te un uomo. Ti taglieranno i tuoi lunghi capelli e faranno di te un uomo". Questo successe, credo, nel '69. E c'erano molti ragazzi del vicinato che partivano per il Vietnam... Mi ricordo il batterista della mia prima band che veniva verso casa mia con indosso l'uniforme da marine dicendo che andava, e non sapeva dove... molti ragazzi partirono, e molti non tornarono; e molti di quelli che tornavano non erano piu' gli stessi. Mi ricordo, il giorno in cui arrivo' la cartolina di leva, la nascosi ai miei, e tre giorni prima della chiamata militare io e i miei amici uscimmo, restammo svegli tutta la notte.... e la mattina della partenza, tutti sull'autobus, eravamo cosi' spaventati... E andai... e mi scartarono! Tornai a casa... Non c'era niente che desiderassi tanto... mi ricordo il ritorno a casa dopo essere stato via tre giorni... entrai in cucina, mio padre e mia madre erano seduti li' dentro. lui mi dissa:"dove sei stato", io risposi che ero andato alla visita militare Mi chiese:" cosa ti hanno detto?" io risposi:"non mi hanno preso", e lui disse:" questa e' un'ottima cosa". 

Che poi parte quell'armonica che ti squarcia il petto e pensi che quella roba lì è la cosa più vicina all'idea di rock che ci sia mai stata. Lacrimuccia inclusa.

venerdì 25 novembre 2011

Un pò di storia

Volevo assaggiare un grande vino californiano e sono stato accontentato. Chateau Montelena Cabernet Sauvignon 1986 è un vino che si stenta a considerare americano. Nessun sentore di quercia, nessuna sovra estrazione, nessuna invadenza alcolica. Un carattere decisamente bordolese, in senso classico: acidità presente e viva, un tannino non addomesticato ma rinfrescante, un naso giocato sulla finezza, con note di erbe aromatiche, cuoio, cacao, marasca. Giusto per intendersi: l'azienda è quella del famoso "Paris Tasting" nel 1976 quando il suo Chardonnay 1973 mise in riga alla cieca i più famosi Borgogna. Fatto storico che viene considerato in USA come l'atto fondativo della grandezza del vino californiano.
Poi mi sono ritrovato a bere un pò di storia del vino italiano. In quel di Glendale, sobborgo di Los Angeles: a dimostrazione di quanto assurdo e complesso sia il mondo del vino.


Undici gradi alcolici, botte grande numerata, acidità tagliente, vitigni alloctoni, naso irrequieto eppure affascinante. Il Vino da tavola Fiorano 1988 è la fotografia del vino italiano prima delle guide, prima del boom, prima del vino frutto, prima della tecnologia. Una storia bella e triste. Che potete leggere in questo bellissimo pezzo di Eric Asimov, dove si ricordano, fra l'altro, le lodi che Veronelli tesseva nei confronti dei vini di Alberico Boncompagni Ludovisi principe di Venosa.
Un vino davvero emozionante.

martedì 15 novembre 2011

American psycho

E dopo il sogno l'incubo. Una città tentacolare, gigantesca, mostruosa, affascinante. Dove c'è sempre il sole ma non c'è un pannello solare. Dove l'acqua per dieci milioni di abitanti viene pompata dal fiume Colorado, perché di acqua nel sud del California non ce n'è. Dove la lingua più parlata è il messicano ma se un messicano prova a passare il confine gli tirano un colpo in testa e lo gettano in una fossa nel deserto. Dove se sei clandestino ti rispediscono in Messico e i tuoi figli restano a Los Angeles. In affido. E così ci sono cinquemila bimbi messicani che non rivedranno mai i genitori. Dove ci sono luoghi, come l'assurda, folle Beverly Hills, che rappresentano in modo plastico e definitivo l'1% che sta mandando a gambe all'aria il mondo. Veri e propri castelli circondati da statue e fontane, proprietà di sconosciuti principi del Dubai o superdivi di una Hollywood che non c'è più. Sì, perché Hollywood è in realtà un luogo che si chiama Burbank, dove poche grandi corporations gestiscono a pochi metri una dall'altra la più grande fabbrica di cultura mainstream del pianeta.


Così ti aggiri per queste strade infinite, tutte uguali, dove ordinatissimi sobborghi rincorrono quartieri più poveri abitati dai latinos, che diventano senza soluzione di continuità cittadine elegantissime, fatte di giardini perfette, palme e ville milionarie, e ti accorgi che l'unico senso qui è davvero il "fare i soldi", come Julian Kaye nella L.A. di American Gigolò. Il più velocemente possibile. In faccia alle centinaia, migliaia di homeless che si aggirano per le strade, ovunque ma soprattutto sulla sesta strada, proprio dietro ai grattacieli di Downtown. Trascinando carrelli con dentro vestiti e cartoni per ripararsi, quando scende la sera. Mai visto niente di simile.
E c'è sempre il sole, non è mai inverno, ma c'è nell'aria una sensazione strana, a volte angosciante, un Sunset Boulevard dei sogni plastificati: il lungo addio di Chandler, e poi Chiedi alla polvere di Fante, Black Dahlia di Ellroy. Ecco, a leggere questi libri forse capisci qualcosa di questa città, di questa terra. E forse hanno ragione, o forse no, proprio loro che si accampano reclamando un mondo diverso, una nuova frontiera, terrà e libertà. E che a breve verranno spazzati via.

venerdì 11 novembre 2011

California Repubblic

Tutto inizia con una bottiglia di Barolo Conterno Cascina Francia 2005. Forse perché Flori e Jim che mi ospitano sono dei pasdaran del nebbiolo?
E poi scoprire che la religione più diffusa in California è il Surf. Anche se poi la super sfida dell'anno, tipo finale di Champions League, la vince un ragazzino brasiliano. Che è come dire che gli USA vincono la Coppa del Mondo di calcio... Girare per enoteche, wine bar e ristoranti e trovare ovunque musica jazz ed il vino di Arianna Occhipinti. Scoprire che si elegge il Sindaco di San Francisco e ci sono seggi elettorali nei garage di private abitazioni. Mangiare la pizza più buona del mondo nella pizzeria di un tipo che pare una rock star.


Demolire i vini di Mondavi in una degustazione comparata. Imparare che la City Lights non è una libreria ma una comunità, e quanto cazzo è bello ascoltare Jimi Hendrix nella Monterey Bay sull'Oceano Pacifico. E le tende di Occupy Santa Cruz, un sacco di gente che adora il Verdicchio, il Golden Gate Bridge senza i mostri né gli alieni.
Scoprire che la bandiera della California celebra una repubblica nata da una rivoluzione del 1846 e che vi sono disegnati una stella rossa ed un orso grizzly.

martedì 1 novembre 2011

Il Grande Verdicchio - Parte Seconda

I grandi "vecchi" del Verdicchio alla Sagra dell'Uva di Cupramontana. (Video di Mauro Fermariello)


Umani Ronchi: Vecchie Vigne 2009 - Canestrari: Coroncino 2000 - Brunori: Le Gemme 1995 - Bonci: San Michele 1994 - Garofoli: Serra Fiorese 1994 - Fazi Battaglia: San Sisto 1993 - Colonnara: Cuprese 1991 - Crognaletti: San Lorenzo 1991 - Bucci: Villa Bucci 1988.

lunedì 24 ottobre 2011

Cose che risollevano il morale

This must be the place è un film imperfetto. Qualche buco narrativo e qualche dialogo sottotono non scalfiscono, però, la potenza di immagini straordinarie e di un Sean Penn favoloso. E' un film rock'n'roll, coraggioso per come racconta l'assurdo e per come fotografa la vita. E Sorrentino è veramente il più importante regista italiano degli ultimi vent'anni. (Parentesi: il cameo di David Byrne che recita se stesso vale, da solo, il prezzo del biglietto)
Il millesimo 2002 dello Champagne Pascal Mazet, Premier Cru a Chigny-Les-Roses, è gessoso, croccante e disteso. Quando lo Champagne è così non ce n'è per nessuno. Per altro costa meno di 20 euro in cantina...
E poi arrivano mail così: "I have now tasted the wines – I opened the bottles 10 days ago, they were still slightly closed. I still have them open in a fridge and taste them every three days, they seem to get all the time better and better, fantastic! I have had same kind of experiences with other biodynamic quality producers we work with. Beautiful, beautiful wines, very focused and pure terroir wines. I have to say that I am highly impressed and in love with the wines".  

giovedì 13 ottobre 2011

Indignati ed incazzati

Non solo indignati ma anche incazzati ci avviciniamo al 15 ottobre, giornata di mobilitazione internazionale contro il Capitalismo Finanziario. Sì, proprio così. Avete capito bene.
Non aggiungo altro, se non condividere le parole che il filosofo Zizek ha pronunciato qualche giorno fa di fronte a Wall Street, in mezzo agli indignati newyorchesi:

"… Ci dicono che siamo sognatori. I veri sognatori sono coloro che pensano che le cose possono andare avanti all’infinito così come sono. Noi non siamo sognatori. Noi ci siamo svegliati da un sogno che si è trasformato in un incubo. Noi non vogliamo distruggere nulla. Noi siamo solo testimoni di come il sistema sta distruggendo se stesso. Tutti conosciamo le classiche scene dei cartoni animati. Il carrello arriva sull’orlo di un precipizio. Ma continua a camminare. Ignorando il fatto che non c’è nulla, sotto. Solo quando si guarda in basso e ci si rende conto, allora si cade giù. Questo è quello che stiamo facendo qui. I ragazzi qui a Wall Street stanno dicendo a chiunque: “Ehi, guarda giù!”. (Applausi).


Nel mese di aprile del 2011, il governo cinese vietato in tv, nei cinema e nei romanzi di tutte le storie che contengano una realtà alternativa o viaggi nel tempo. Questo è un buon segno per la Cina. Significa che la gente sa ancora sognare alternative, perciò bisogna vietare questo sogno. Qui non si pensa a un tale divieto. Poiché il sistema dominante ha soppresso la nostra capacità di sognare. Guardate i film che vediamo per tutto il tempo. E’ facile immaginare la fine del mondo. Un asteroide distrugge ogni forma di vita e cose così. Ma non potete immaginare la fine del capitalismo. Allora, cosa ci facciamo, qui? Lasciate che vi racconti una barzelletta meravigliosa dei vecchi tempi del comunismo.


Un ragazzo è stato inviato dalla Germania dell’Est a lavorare in Siberia. Lui sapeva che la sua posta sarebbe stato letta dalla censura. Così ha detto ai suoi amici: dobbiamo concordare un codice. Se la lettera che vi mando è scritta in inchiostro blu, quello che scrivo è vero. Se è scritta in inchiostro rosso, è falso. Dopo un mese ai suoi amici attiva la prima lettera. Tutta scritta in blu. Dice, la lettera: tutto è meraviglioso, qui. I negozi sono pieni di buon cibo. I cinema proiettano bei film occidentali. Gli appartamenti sono grandi e lussuosi. L’unica cosa che non si può comprare è l’inchiostro rosso.


Questo è il modo in cui viviamo. Abbiamo tutte le libertà che vogliamo. Ma ciò che ci manca è l’inchiostro rosso. La lingua per articolare la nostra non-libertà. Il modo in cui ci insegnano a parlare di guerra, di libertà e di terrorismo, e così via, falsifica la libertà. E questo è quello che state facendo qui: state dando a tutti noi dell’inchiostro rosso.


C’è un pericolo. Non innamoratevi di voi stessi. Passiamo dei bei giorni, qui. Ma ricordate: il carnevale è a buon mercato. Ciò che conta è il giorno dopo. Quando dovremo tornare alla vita normale. Will there be any changes then. Ci saranno dei cambiamenti, a quel punto. Non voglio che vi ricordiate di questi giorni, sapete, come – oh, eravamo giovani, era bellissimo. Ricordate che il nostro messaggio di base è: siamo autorizzati a pensare a delle alternative. Il sistema si è rotto. Non viviamo nel mondo migliore possibile. Ma c’è molta strada da percorrere. Ci sono domande davvero difficili che dobbiamo affrontare. Sappiamo quello che non vogliamo. Ma cosa vogliamo? Quale organizzazione sociale è in grado di sostituire il capitalismo? Che tipo di nuovi leader vogliamo?


Ricordate: il problema non è la corruzione o l’avidità. Il problema è il sistema che ti spinge a rinunciare. Attenzione: non solo i nemici. Ma anche i falsi amici che sono già al lavoro per diluire questo processo. Allo stesso modo in cuis i prende il caffè senza caffeina, la birra senza alcol, il gelato senza grassi. Cercheranno di fare di tutto questo una innocua protesta morale. (parole incomprensibili)… Ma il motivo per cui siamo qui è che ne abbiamo abbastanza di un mondo dove riciclare lattine di coca cola… Dove l’uno per cento va ai bambini affamati del mondo. E questo è sufficiente per farci stare bene.  (…)


Possiamo vedere che per molto tempo abbiamo permesso che anche il nostro impegno politico fosse esternalizzato. Lo rivogliamo indietro. Noi non siamo comunisti. Se “comunismo” vuol dire il sistema che è crollato nel 1990, ricordate che oggi i comunisti sono i capitalisti più efficienti e spietati. In Cina oggi abbiamo un capitalismo ancora più dinamico del vostro capitalismo americano, e che non ha bisogno della democrazia. Il che significa che quando voi criticate il capitalismo, non lasciatevi ricattare da chi dice che così si è contro la democrazia. Il matrimonio tra democrazia e capitalismo è finito.


Il cambiamento è possibile. Allora, cosa consideriamo oggi possibile? Basta seguire i media. Da un lato la tecnologia e la sessualità, e tutto sembra essere possibile. Si può viaggiare sulla luna. Si può diventare immortali grazie alla biogenetica. Ma guardate ai campi della società e dell’economia. Quasi tutto è considerato impossibile. Si vogliono aumentare un pochino le tasse a i ricchi, e ti dicono che è impossibile, perdiamo competitività. Volete più soldi per l’assistenza sanitaria: ti dicono che è impossibile, perché significa creare uno uno stato totalitario. C’è qualcosa che non va, in un mondo in cui vi è stato promesso che sarete immortali, ma dove non si può spendere un po’ di più per l’assistenza sanitaria. (parole incomprensibili)… impostare le nostre priorità direttamente qui. Non vogliamo più elevati standard di vita. Noi vogliamo un migliore tenore di vita. L’unico senso in cui qui ci sono comunisti è che ci preoccupiamo per i beni comuni. Il bene comune della natura. I beni comuni che vengono privatizzati dalla proprietà intellettuale. I beni comuni della biogenetica. Per questo e solo per questo dovremmo combattere.


Il comunismo ha fallito assolutamente. Ma i problemi dei beni comuni sono qui. Ci dicono che non siamo americani qui. Ma ai fondamentalisti conservatori che sostengono che essi sì, sono veramente americani, deve essere ricordato qualcosa. Che cos’è il cristianesimo? E’ lo Spirito Santo. Cos’è lo Spirito Santo? E’ una comunità egualitaria di credenti legati da amore reciproco. E che hanno solo la propria libertà e la responsabilità di esercitarla. In questo senso lo Spirito Santo è qui ora. E giù a Wall Street ci sono i pagani che adorano idoli blasfemi. Quindi tutto quello che serve è la pazienza. L’unica cosa che mi fa paura è che star qui un giorno solo e andare a casa: poi ci si riunisce una volta all’anno, beviamo birra e nostalgia ricordando ciò che bei giorni abbiamo avuto qui. Promettiamo a noi stessi che non andrà così.


Sappiamo che spesso le persone desiderano qualcosa, ma in realtà non lo vogliono. Non abbiate paura di volere davvero ciò che desiderate. Vi ringrazio molto"

venerdì 7 ottobre 2011

Fine vendemmia


Anche la 2011 è andata. Calda, bollente. Abbiamo iniziato il 29 di agosto con temperature africane, cercando di portare l'uva in cantina solo al mattino presto e la sera tardi. Abbiamo finito il 5 ottobre con l'ultima carro di Montepulciano che "alzava" 22,5 babo (quasi 16 gradi potenziali in alcool).
La totale mancanza di acqua fra il 26 luglio ed il 14 settembre ha, però, fatto tenere le acidità.
Annata strana, dunque, tutta da verificare. Più squilibrati i rossi, apparentemente molto interessanti i bianchi. Vedremo in inverno il risultato del solito maniacale lavoro. Quel che è certo è il calo del 30/35% della produzione.
Ora si riposa un pò (si fa per dire), prima della trasferta americana.



sabato 24 settembre 2011

24 settembre 1991

                                                            Fonte: Corriere della Sera

Sono passati vent'anni.
Io lo ascoltai per la prima volta nel gennaio del 1992, qualche mese dopo l'uscita in america, in una serata universitaria decisamente alcolica. Mi furono presentati come la rinascita rock, da gente "che ne sapeva". Non ci feci molto caso. Poi, però, MTV e Videomusic non smisero di mettere in rotazione il video di Smells like teen spirit per tutti i mesi successivi e chiunque dovette farci i conti. All'epoca, e in parte ancora oggi, preferivo altra musica. Per restare all'ambito grunge, certamente preferivo i Pearl Jam. Ma Nevermind fu un disco devastante e seminale, l'ultimo vero disco che ha cambiato la storia del rock. La grandezza del gruppo la scoprii dopo la morte di Cobain, ascoltando l'MTV Unplugged in New York dove i pezzi della band, spogliati della furia elettrica, mi apparvero nella loro cristallina grandezza pop.
Ma non è questo il punto.
Il vero punto sono quegli anni. Qunado le majors decidevano di investire per lanciare gruppi dell'underground diversissimi tra loro come Nirvana, come Countin' Crows, come Spin Doctors, come Smashing Pumpkins. Quando l'ambiente musicale faceva il paio con un ambiente sociale e culturale; quando la musica era vissuta ancora in relazione ad una idea di comunità reale e non virtuale; quando la politica era parte del discorso, non a caso esplodendo proprio a Seattle nel 1999 quella gioventù globale/locale che Nirvana e Pearl Jam avevano cristallizzato da tempo nelle loro canzoni.
Il rapporto fra controcultura e grandi mezzi economici, fra rock alternativo e mainstream musicale, fra ribellismo e istituzioni, fra tutto ciò che bolle nel mondo underground e ciò che appare in superficie: io credo che sia uno dei grandi problemi dell'oggi. Almeno per quanto concerne l'arte, la cultura, la politica. E ci metto anche il vino, tié!

domenica 11 settembre 2011

Offida Pecorino: lo stato dell'arte.

La scorsa settimana sono stato invitato dalla Vinea, nell'ambito della rassegna Divino in vino, nella bellissima Offida. Al sabato convegno interessante - moderato da Alessandro Morichetti - "Comunicare il vino al tempo di internet e delle marchette" insieme a Mauro Erro, Jacopo Cossater, Fiorenzo Sartore e Giovanni Arcari. Bella discussione, pubblico caldo, in tutti i sensi, e conclusioni vaghe, come sempre nei convegni.
Alla domenica mattina gran degustazione cieca di 25 Offida Pecorino annata 2010.
Premesso che mi ritrovo al 100% nel bel post di Mauro, provo a dire la mia su quanto assaggiato.
Affrontando un unico vitigno proveniente da un piccolo territorio in una annata singola mi aspettavo come prima cosa di avere la chiara nettezza di una matrice territoriale. Illuso. Cinque batterie da cinque vini ci hanno comunicato cose molto diverse e, spesso, contrastanti.
Essendo in Centro Italia, mi aspettavo di ottenere sensazioni olfattive da bianco, non dico marchigiano, ma almeno del Centro Italia. In ben pochi casi è emerso questo.
Sapendo il Pecorino vitigno acido e austero, questo mi sarei aspettato. E invece ho ritrovato nella larga parte dei campioni vini morbidosi, al limite della dolcezza, spesso molto aromatici e accattivanti.
Prima considerazione: nel Pecorino offidano la mano enologica è invasiva e si sente tanto.

Siccome uno degli appunti che è stato mosso ai blogger nel convegno del sabato è che (sic): "L'80% dei post e dei commenti è critico e negativo". Non posso allora eludere le cose positive che sono emerse dalla degustazione (che tra l'altro a me è piaciuta molto per via dei "compagni di merende": il livello dei degustatori è risultato molto alto).
E dunque una materia prima che, nella grandissima parte dei campioni, è risultata valida: struttura, acidità, alcool, potenziale evolutivo. Che il Pecorino sia un vitigno sul quale puntare non ci sono dubbi. Il dubbio, semmai, è su quale identità dargli, ammesso che abbia senso dargliene una.
Seconda considerazione: l'uva c'é e la zona è zona vocata. Non avrebbe allora senso seguire la tradizione di un Pecorino in uvaggio con trebbiano e passerina, magari provando vinificazioni meno estreme e più "naturali"? Così, per capire bene il terroir, innanzitutto... Io son convinto che per un vitigno simile sia più vicino il modello "Trebbiano d'Abruzzo" che il modello "Sauvignon blanc" altoatesino. Ma forse mi sbaglio.

Infine i vini che mi sono piaciuti.
Alla cieca è un casino. Perché poi succede che noi difensori dei vignaioli artigiani ci ritroviamo a scoprire di aver gradito i vini delle cooperative sociali da milioni di bottiglie. Ma tant'è. Questo è il gioco. E allora giochiamo.
And the winner is: Offida Pecorino Rugaro 2010, Cantina dei colli ripani. Bel vino, naso fine, floreale, dalle note ammandorlate. Elegante. Molto buono in bocca, bellissima acidità dritta e pulita, decisamente rinfrescante nonostante una vena di dolcezza.
Poi mi sono piaciuti: LiCoste 2010, Domodimonti, dal naso piuttosto neutro di erbe officinali e mandorla, elegante, e dalla bocca spessa, voluminosa con una acidità ben integrata ed una chiusura asciutta e pulita; Villa Piatti 2010, Collevite, di stile ossidativo, presenta sentori di frutta secca, di mallo di noce. E' austero e territoriale. Peccato la nota dolciastra di chiusura; Altissimo 2010, San Francesco, naso un pò compresso si apre su sensazioni decisamente agrumate, floreali (ginestra, acacia) ed in bocca è ricco, grosso, sebbene con un pò troppo residuo zuccherino; niente male infine i Pecorino di Valle del Sole, San Filippo, Tenuta Cocci Grifoni. 
Purtroppo erano assenti dalla batteria i vini di Aurora, Fiorano e Poderi San Lazzaro, cioé alcuni fra i vini più interessanti del comprensorio offidano. In ogni caso complimenti alla Vinea per l'ottima organizzazione e speriamo che Mister Pecorino sia in grado di sfruttare al meglio l'occasione della prossima DOCG. Auguri.

giovedì 8 settembre 2011

Impressioni di settembre

E poi c'è questo tramonto che incendia il cielo di arancione e rosso e viola che nemmeno in Patagonia alla fine del mondo. E c'è Pietro che dice che in settantacinque vendemmie mai aveva raccolto il trebbiano il 31 di agosto. E le mani appiccicose. E un caldo che non se ne può più. E le cassette che ogni volta le ricordavi più leggere. E zuccheri, pH, acidità, solforose totali e solforose volatili, macerazioni, fermentazioni, anidride carbonica, temperature e nuovi vigneti. E non piove dal 26 di luglio, nemmeno una goccia d'acqua una.
Tutto che frulla e rifrulla in testa alla sera, quando appoggi la testa sul cuscino, esausto.

sabato 27 agosto 2011

Vendemmia precox

Con circa tre settimane di anticipo rispetto al solito, fra uno o due giorni si inizierà a vendemmiare a La Distesa. L'altro ieri viaggiavo in macchina in zona coperta da alberi e il cruscotto segnava 41°. così, tanto per intendersi. Le campionature danno dati strani, con zuccheri alti ma anche acidità notevoli. E con grosse variabilità fra zone in sofferenza da caldo e siccità e zone più a loro agio.
Vedremo. Certo, non ero granché pronto mentalmente.

sabato 20 agosto 2011

Bon Iver ed altre cose

Si fa un gran parlare di questo ragazzo barbuto. Ha appena pubblicato il secondo disco, dopo che il suo primo era stato il classico "caso editoriale". Non riesco a capire se mi piace o no.


C'è chi dice sia un genio, chi dice sia fra le migliori robe degli ultimi anni. Non so. Sarà la voce, che è sì straordinaria ma non proprio nelle mie corde. Boh. Aspettiamo. Come una boccia di vino che si apre oggi e non dice un gran che, ma poi lasciata lì qualche giorno all'aria poi ci rimetti il naso e comincia a parlare.
A proposito. Ho le prime bottiglie di Metodo Classico La Distesa. Sboccatura fatta da quindici giorni. Annata 2004, circa sette anni sui lieviti, cento per cento Verdicchio. A parte una bolla spessa che se la vede un produttore di Champagne ride per un mese di seguito, son contento. Ancora non ci sono nome ed etichetta, ma il tutto verrà definito a breve. Il fatto è che non facendo più fiere a chi lo faccio assaggiare?

sabato 13 agosto 2011

Credibilità

Quarantacinque miliardi di euro perché non siamo credibili. Perché il tempo della fiducia nell'Italia è finito.
Nel capitalismo finanziario odierno non conta quello che produci e come lo produci. Oggi l'economia reale vale zero. Quello che conta è che ogni mese vai sul mercato e cerchi di collocare quei titoli pubblici che ti servono per andare avanti, per galleggiare, per non chiudere baracca e burattini. Per venderli devi pagare un prezzo e questo prezzo è il tasso di interesse. Più sale questo prezzo e più ti costa finanziare i tuoi vizi, si chiamino Province inutili, menù agevolati, spese eccessive per la gestione del consenso politico e chi più ne ha più ne metta.
Siamo come una famiglia in cui c'è qualcuno che gioca d'azzardo, qualcuno che beve, qualcuno che va a puttane. Non siamo credibili. A questa famiglia chi concederebbe un mutuo? Siccome la famiglia tutto sommato è stata importante si fa un'eccezione e magari il mutuo glielo si dà. A tasso variabile. Questa famiglia ha un figlio perbene: si chiama classe media - lavoro dipendente. Ogni volta che la rata del mutuo sale si chiede un contributo al figlio perbene. Poi si continua ad andare a puttane e a giocare d'azzardo. Al figlio perbene piacerebbe che tutti i suoi contributi andassero per investire in questo paese, in questa famiglia. Per fare ricerca, per assumere giovani, per comprare macchinari. Invece no. I suoi contributi servono solo a pagare gli interessi del mutuo che salgono sempre più perché c'è qualcuno che va a puttane e gioca d'azzardo.
Quarantacinque miliardi di euro dagli italiani, sempre gli stessi, perché siamo un paese sull'orlo del fallimento. E tutto perché non siamo credibili.
E se la classe media diventasse alla fine povera?
E se il figlio perbene alla fine s'incazzasse davvero?
E se fosse giunto il momento di ritornare semplicemente ad essere "credibili"?

PS Aggiornamento del 17 agosto: dopo il vertice franco-tedesco pare tornata di moda la cosiddetta "Tobin tax", roba da no-global di una volta. Qui un bel pezzo di Repubblica sulla questione: http://www.repubblica.it/economia/2011/08/17/news/serve_la_sabbia_negli_ingranaggi_il_ritorno_benedetto_della_tobin_tax-20537968/?ref=HREA-1 

mercoledì 3 agosto 2011

Il piccolo aviatore


Era la sera dell'8 maggio 1982 quando il telegiornale diede la notizia della morte di Gilles. Per me, come per moltissimi altri, era una divinità, un eroe, una figura mitologica. Non era possibile, non era giusto. Avevo dieci anni, mi chiusi in camera, mi sdraiai sul letto e piansi disperatamente. Forse l'ultimo pianto da bambino. Fu la prima e definitiva presa di coscienza dell'esistenza e della irrevocabilità della morte; in qualche modo uno spartiacque.
Ho appena finito di leggere "Il piccolo aviatore" di Andrea Scanzi. Un bel libro che ripercorre la vita di Gilles, la sua follia, il suo romanticismo. Quel folle sogno, che fu di James Dean e di Jim Morrison, di superare il limite, di vivere sempre all'estremo, di varcare le porte della percezione. Controllare l'incontrollabile, sfidare la ragione: forse per questo dopo Gilles mi sono piaciuti piloti diversi. Non Senna, non Mansell, non Hamilton. Perché di Gilles non ce ne saranno mai più e allora tanto vale gustarsi la razionalità dei Prost, degli Alonso, dei Button.
"In quella gara la Ferrari aveva montato un motore sperimentale sulla sua macchina. C'era solo quell'unico esemplare, era importante rimanere in gara molti giri, per provarlo.
Forghieri chiese a Gilles di non curarsi del Gran Premio: dimenticati il piazzamento, pensa solo a collaudare il motore per 300 chilometri. Villeneuve disse sì. Ma superò quattro macchine alla partenza. Poi cercò di superare la quinta. La quinta era l'Alfa di Giacomelli. La centrò in pieno. Volò prima in aria, poi sulle gomme di protezione della curva Tarzan.
Non aveva percorso neanche un chilometro".
  

mercoledì 27 luglio 2011

Scusate ma io scendo qui

L'avevo già detto in tempi non sospetti che mi sarei preso un anno sabbatico da fiere ed esibizioni varie. Con l'ultima "bomba" dei vini naturali al Vinitaly (si può approfondire qui e qui), quello che era un intendimento diviene una certezza.
L'implosione dell'avaguardia naturale denunciata con grande anticipo da Porthos (salvo poi contribuire ad uno dei colpi finali) arriva al suo apice, con una mail anonima, un'idea un pò strampalata (fermare lo spazio in attesa di vedere le reazioni/adesioni), una totale assenza di partecipazione e di progetto, gli imbarazzati silenzi e i commenti fuori luogo degli altri protagonisti della vicenda (Vini veri e VinNatur), le richieste di partecipazione che iniziano già ad arrivare, a otto o nove mesi dagli eventi in questione. Una follia.
Quindi niente Fornovo, niente Leoncavallo, niente mercato FIVI, niente Roma, niente Agazzano, niente Cerea, niente Vinitaly. Serve una pausa. Una riflessione sui semi che sono stati lanciati e su come siano germogliati. Su chi siamo e su quello che vorremmo essere. Certamente questa riflessione è stata fatta, e bene, dentro contenitori come La Terra trema e GustoNudo (non a caso derivazioni del vecchio Critical Wine) e sarebbe logico continuare a partecipare perlomeno a queste esperienze. In realtà, però, c'è anche da parte mia una certa stanchezza dopo almeno otto anni di giri per fiere e mercati. Sento veramente l'esigenza di una pausa, anche per capire fino in fondo il senso dei molti discorsi affrontati negli ultimi anni e capire la strada da percorrere nel prossimo futuro.
Insomma, scusate ma io scendo qui.

mercoledì 20 luglio 2011

Genova, dieci anni fa

Eravamo giovani e avevamo ragione. Ed è piuttosto inglorioso per i tanti che hanno pontificato, di destra e di sinistra, riconoscere oggi questa semplice verità. 
"Ho deciso di scrivere No logo quando mi sono resa conto che... tendenze apparentemente distinte erano unite da un'idea: che le aziende debbano sfornare marchi, non prodotti. Era l'epoca in cui gli amministratori delegati avevano improvvise intuizioni: la Nike non è un'azienda che produce scarpe da ginnastica, ma l'idea della trascendenza attraverso lo sport. Starbucks non è una catena di caffetterie, è l'idea di comunità. ma qui sul pianeta Terra, queste intuizioni hanno avuto conseguenze concrete. Molte aziende che prima producevano nelle loro fabbriche e avevano tanti dipendenti a tempo indeterminato sono passate al modello Nike: hanno chiuso le fabbriche, affidato la produzione a una rete di appaltatori e subappaltatori e hanno investito nel design e nel marketing necessari a diffondere il più possibile la loro grande idea..." (Naomi Klein, The Guardian).
Nel frattempo anche le DOC sono in mano ai geni del branding. E di qui a poco non si produrranno più vini ma "etichette". 

domenica 10 luglio 2011

Ho visto il passato ed il futuro del rock e sono felice

Quando si disperdono le ultime note di Remedy non sai se è più la gioia per un'ora e trenta di musica stellare, proveniente da un altro pianeta, quello del grande rock and roll, oppure la tristezza per un tour che segna la fine, almeno per ora, dell'avventura dei Black Crowes.
Qualcuno lo ha già definito "uno dei concerti dell'anno", altri hanno scritto robe d'altri tempi; e per me hanno ragione. Bel festival, il 10 giorni suonati di Vigevano: grande location, acustica e volumi da vero concerto rock, birre artigianali, vini e carni bio, una bella atmosfera. Fatto sta che i corvi si confermano per quello che sono, e cioé una straordinaria macchina del tempo capace di farti salire su un ottovolante che viaggia a cento all'ora fra Allman Brothers, Lynyrd Skynyrd, Grateful dead, Rolling Stones, Otis Redding e Led Zeppelin. Derivativi? Indubbiamente. Poco originali? Sicuro. Echissenefrega. E' come il classico Barolo, non vuoi aspettarti altro ed invecchia alla grande! La realtà è che suonano in modo pazzesco e ti conducono là dove pochi riescono.


Più contrasto non poteva proprio esserci con gli Arcade Fire del Summer festival di Lucca: dagli anni settanta, dalle improvvisazioni di venti minuti con assoli dilatati, dal sud della Georgia piena di soul e funky, al nord del Canada, agli anni ottanta, ad un muro di suono senza assoli o divagazioni.
La band che sta ridefinendo il suono e la scrittura del rock di questi anni ha proposto un gran concerto, pieno di idee e creatività, un circo musicale dove tutti suonano tutto e dove le canzoni arrivano potenti e dirette, senza intermediazioni. Punk ante litteram, a cominciare dalla mise militaresca di Win Butler che pare Joe Strummer. Peccato non abbiano fatto Suburban War, che è il pezzo migliore dell'ultimo disco, ma quel che è certo è che tra vent'anni vedremo canzoni come Wake Up o Ready to start come il meglio della musica di questi anni.
Insomma, in due giorni ho visto il passato ed il futuro del rock e sono felice.

lunedì 4 luglio 2011

Metti una sera a cena

In un ristorante con uno chef sulla bocca di tutti. Con una ristorazione di alto livello. In compagnia di una prestigiosa firma del panorama enogastronomico.
Adocchiamo la lista vini e cosa ordiniamo? Lo sfuso della casa. Ecco la rivoluzione prossima ventura, per me. Convincere i consumatori, privati o ristoranti che siano, che c'è ancora la possibilità di fare vini buoni a prezzi accessibilissimi per un consumo quotidiano. Avete presente frizzantini in fusto, tavernelli e bottiglioni da poco? Ecco, per forza, poi, cala il consumo del vino in Italia...
Il vino in questione, tra l'altro, era straordinario: il Trebbiano d'Abruzzo di Valentini 2009, imbottigliato dal ristoratore medesimo. Croccante, gustoso, rinfrescante. (Per quanto anche il cerasuolo...)

giovedì 23 giugno 2011

Piccolo giochino irriverente

E' passato qualche giorno da quando la Commissione Assaggio che rilascia le certificazioni per le DOC ha bocciato un campione che avevo mandato in degustazione. Non è la prima volta. Non sarà l'ultima. Ho già ripetuto diverse volte certe considerazioni in merito al sistema delle denominazioni in Italia. A questo punto mi sento di proporre a chi verrà nei prossimi mesi a trovarmi in cantina o nelle fiere a cui parteciperò un piccolo gioco innocente: farò assaggiare il vino in questione, chiaramente senza dire prima di cosa si tratti, in modo da farsi un'idea precisa se siamo noi vignaioli che non sappiamo fare il vino o se siano le commissioni assaggio a non saperlo giudicare. Senza polemica, eh?!
Sulla questione ecco il pensiero illuminato di Sandro Sangiorgi (sull'ultima miniatura):


"La denominazione d’origine è ormai un contenitore vuoto?
Non è una novità che molti vini italiani stimati dagli enofili di mezzo mondo non rientrino in una denominazione di origine o, pur essendo in regola, vengano sottratti al disciplinare. Numerosi produttori preferiscono che sulle loro migliori bottiglie appaia la dizione “vino da tavola” o “vino da tavola a indicazione geografica tipica”, mentre altri, che credono ancora nel significato della denominazione, si vedono respingere i campioni dalle commissioni perché colpevoli di eccesso di originalità. Nella miniatura vorrei riflettere solo su quest’ultimo aspetto, visto che il rapporto tra denominazione di origine e fisionomia del vino è così articolato e complesso da meritare un saggio a sé stante.
È sempre più ampia la forbice tra la concezione e la percezione di territorialità delle commissioni d’assaggio e le sensazioni espresse da molti vini dotati di personalità, sia quelli realizzati con un metodo totalmente organic, sia quelli concepiti in modo convenzionale ma prodotti con cura naturale. È impressione diffusa che i giudici-degustatori emettano le proprie sentenze basandosi su parametri sempre più ristretti ed elementari. Tale approccio favorisce il lato pratico di chi coordina l’assegnazione delle denominazioni e deve sveltire le pratiche, poiché i disciplinari doc e docg crescono in proporzione ai vini che ne fanno richiesta e dunque aumenta il numero delle commissioni. Inoltre, le poche regole necessarie a una prima sfoltitura sono accessibili anche a chi non ha la vocazione all’assaggio comparato e degusta come un fiscalista. A rimetterci sono i vini meno immediati, quelli dal primo impatto silente e un poco oscuro, capaci però di trasformarsi e durare nel bicchiere, quelli dotati di un equilibrio dinamico e di una partecipazione gustativa graduale, coinvolgente e, per questi motivi, non canonica. Vittime di un modo unilaterale di considerare il vino che premia sensazioni stabili e rassicuranti e penalizza un effluvio imprevedibile e una sana emotività. Alcuni osservatori pensano che l’origine del danno perpetrato dalle commissioni d’assaggio nasca all’interno dei licei di Enotecnica e nelle facoltà di Agraria dove ci si specializza in Enologia. Il circolo vizioso è evidente. Attraverso quali vini si esercitano gli alunni nelle lezioni dedicate all’esame organolettico? Naturalmente con quelli “canonizzati” dalle commissioni d’assaggio. Per chi studia e pratica la scienza enologica la degustazione è uno strumento fondamentale, perché permette di leggere e comprendere il liquido odoroso al di là delle pur dettagliate risultanze chimiche. Alcuni studenti mi hanno confermato che, purtroppo, accade il contrario di quello che sarebbe corretto aspettarsi: sono i collaudati profili chimici a delineare la gerarchia qualitativa. Così, appena un vino non corrisponde al modello indicato – vedi, ad esempio, quando si avverte un’ossidazione inattesa o una volatile superiore alla media tecnicamente accettabile – viene considerato difettoso e, di conseguenza, da respingere. Magari era un esemplare virtuoso, dotato di una promettente complessità, dinamico e godibile da un palato attento. Eppure, viene autorizzata la fascetta a prodotti che sin dal colore non appaiono autentici – ci sarebbe da chiedersi se sono stati realizzati con le uve previste dal disciplinare – oppure a liquidi che finiranno in bottiglie vendute sullo scaffale del supermercato a un prezzo improbabile. È più facile valutare vini semplici o molto schematici perché non pongono dubbi, non suscitano riflessioni; più difficile cogliere la bellezza nelle sensazioni desuete".

domenica 19 giugno 2011

R.I.P Big man

Una notizia che fa davvero male. Lui è stato un grandissimo. La copertina di Born to Run racconta tutto quanto....

Foto: Backstreets.com

mercoledì 8 giugno 2011

Milano e dintorni

Breve giro nel milanese. Il 9 giugno degustazione organizzata dall'AIS di Milano presso l'hotel Westin Palace su due grandi autoctoni delle Marche: Verdicchio e Pecorino. Info sul sito dell'AIS.
L'11 giugno invece parteciperò alla presentazione dell'ultimo libro edito da Derive e Approdi sul tema vino: Dionisio Crocefisso di Michel Le Gris. Info sul sito del Centro Sociale Folletto di Abbiategrasso dove si svolgerà l'evento.

mercoledì 1 giugno 2011

Fuffa VS Sostanza, questo è il problema

La realtà è che sono irrimediabilmente attratto dall’autenticità. E’ strano per chi, negli anni del liceo e per molto tempo successivamente, adorava l’estetica di certo decadentismo. L’arte per l’arte e balle varie.
E’ che alla fine impari che ci deve essere una qualche verità, una autenticità che è l’unico senso compiuto di questa nostra esistenza umana.
E serve un minimo di maturità per distinguere la fuffa dalla sostanza. Per cogliere ciò che è davvero importante sotto le più diverse etichette. Perché l’uomo inventa etichette di continuo, questo è il fatto. Neoclassicismo, romanticismo, verismo, decadentismo, dadaismo. Musica indipendente, alternativa, classica, leggera, metallara. Vini territoriali, biodinamici, veri, naturali, artigianali. E così via. All’infinito. Ma la verità, la scintilla, la poesia, si nascondono al di sotto di quelle etichette.
Ci arrivi, a scoprire l’autentico, con la sola arma della sensibilità. Non con la critica razionale. No. Ci arrivi con l’assoluta libertà di giudizio. Con una dialettica delle emozioni che ti rende particolarmente suscettibile alla bellezza della verità.
Ecco, per tornare alla Guerra del gusto di cui si accenna in Mondovino, quando metto il naso nel Volnay premier cru Taillepieds 1998 del Domaine De Montille subito trovo un vino scontroso, duro, aspro. Lentissimo ad esprimersi. E però c’è dentro il vino una tensione gustativa, una linea minerale, una materialità pulsante che esprimono la verità pura e semplice della terra. L’autenticità irrevocabile della natura.

martedì 24 maggio 2011

In Consiglio Comunale

Fin dal liceo ho sempre fatto politica. Non ho mai avuto una tessera di partito, non essendomi mai riconosciuto in contenitori troppo formali o recinti considerati ristretti e superati.
La mia generazione si è confrontata prima con la caduta del Muro di Berlino, poi con la stagione di tangentopoli e delle stragi di mafia, infine con l'ascesa inarrestabile di Berlusconi. Abbastanza per lasciarsi afferrare dall'anti-politica.
Il fatto è che poi, volenti o nolenti, nel bene o nel male, è la politica che viene a cercarti in casa, qualunque mestiere tu faccia e comunque tu la possa pensare. Quando ci sono da pagare le tasse, quando mandi i bambini all'asilo, quando compri qualcosa al supermercato, quando cerchi di differenziare i rifiuti al meglio, quando parli con qualche tuo concittadino in un bar o dal barbiere. Viviamo in una società. E per quanto tu possa criticarla, questa società che un pò abbiamo ereditato ed un pò abbiamo costruito, ci devi convivere, ti ci devi confrontare. E questo fatto, di per sé, apre lo spazio alla cittadinanza attiva.
Dopo anni di politica di movimento, di associazionismo, di appoggio a liste civiche o comitati referendari ora è giunto il momento dell'amministrazione. Una esperienza del tutto nuova che assorbirà tempo ed energie ma che, spero, saprà arricchirmi di consapevolezze e competenze.
Cosa sarà stato lo vedremo fra cinque anni.

sabato 14 maggio 2011

La chiarezza dei numeri

I numeri si possono certamente interpretare. Il grafico successivo, però, è così chiaro da non ammettere discussioni: l'economia italiana è in questo momento quella peggiore fra le grandi economie europee. L'andamento del PIL trimestrale nel periodo della crisi mostra come questa sia stata globale (cioé simile per tutti) ma anche che gli effetti e le soluzioni sono stati molto diversi. La caduta delle economie di Spagna e, soprattutto, Francia è stata inferiore a quella di Italia e Germania. Al tempo stesso la risalita dell'economia tedesca è impressionante. Comunque la si guardi il mix italiano di scarsa protezione sociale e debolissime politiche di crescita hanno prodotto la performance peggiore. Con buona pace di Tremonti.





Fonte: Lavoce.info

domenica 8 maggio 2011

Siamo maggiorenni: scudetto n. 18!

Sfilare lo scudetto dalle maglie dei cugini interisti è ancora più bello. Personalmente ho trovato quest'anno in Boateng un giocatore straordinario e modernissimo. E l'anno prossimo speriamo di tornare a giocarcela in Champions... Forza Milan, sempre!


mercoledì 4 maggio 2011

Il paese reale

La cosa incredibile della campagna elettorale in un piccolo paese è che, oltre agli innumerevoli incontri nelle contrade, nelle frazioni, nei quartieri, si va ancora casa per casa a chiedere i voti di preferenza. Entri nelle case, parli con la gente, ti si aprono squarci di vita quotidiana. Mobili anni cinquanta, vecchi elettrodomestici, architetture ultra moderne, odori di frittura di pesce o di ragù alla papera. Entri per un attimo nella vita delle persone, quasi per caso. E, come estraneo, ne cogli l'essenza.
Allora ti accorgi di quanto la merce spacciata in televisione sia distante dalla vita reale delle persone. C'è un paese reale che non c'entra nulla col Grande Fratello e coi talk show televisivi. Un paese reale che è fatto di lavori perduti, di cassa integrazione, di figli disabili, di asili nido che mancano, di malattie e ticket sanitari, di pensioni minime, di mutui insostenibili, di affetti familiari e di rancori fra vicini. E comunque uno la pensi, destra o sinistra, borghesia o proletariato, radical chic o populista, scopri che questo paese reale è mille volte meglio di quello che provano a venderci.
Solo che non lo sappiamo.

sabato 23 aprile 2011

Felicità è...

...Sapere che finalmente The Black Crowes torneranno in Italia. A vigevano il 7 Luglio 2011. Non vedo l'ora. Nella formazione con Steve Gorman e Marc Ford una delle più grandi rock band di sempre...

martedì 19 aprile 2011

Glyphosate, che passione

A chi parla di "moda dei vini naturali" e di marketing del Bio, farei fare un giro in questi giorni per le nostre colline. Intere colline arancioni, vigneti a perdita d'occhio trattati col diserbante.
Non era così fino a qualche anno fa. L'impressione netta è che per contenere i costi oggigiorno tutti gli agricoltori convenzionali, anche coloro che erano più attenti a certe pratiche, stiano usando il glyphosate. Forse anche perché il brevetto è scaduto nel 2001 e magari sono scesi costi. O magari c'è un bravo agente in zona.

martedì 12 aprile 2011

Luce


Chicchi di grandine d’oro
accecano lo sguardo
disattento
degli angeli guerrieri
Dopo l’estuario
vi è il mare
e correnti nuove
melodie primigenie
che guidano i passi
inquieti
verso un luogo
chiamato tempo

lunedì 4 aprile 2011

Vino Vino Vino 2011




Vi aspetto a Cerea per l'annuale manifestazione dedicata ai vini naturali. L'appuntamento con il Consorzio Viniveri e La Renaissance des Appellations si rinnova all'AreaExp La Fabbrica di Cerea, vicino Verona, per i giorni 7, 8, 9 aprile 2011.
VinoVinoVino 2011 e' un'occasione per conoscere ed assaggiare la produzione di oltre 130 cantine provenienti da tutta Italia ma anche Francia, Slovenia, Austria ed altri. Ma non solo. Durante la manifestazione infatti e' possibile toccare con mano le espressioni di territori diversi tra di loro ed avvicinarsi ad un approccio al vino fatto di persone, di culture, di tradizioni.

Per info su orari e trasferimenti: www.viniveri.net

venerdì 1 aprile 2011

Delitti contro l'umanità

Si è cominciato con i piani di "Ristrutturazione vigneti". Si è passati per l'istituzione dei "diritti di impianto" e della gestione del relativo mercato. Poi, con la nuova OCM vino, si è arrivati ai "Contributi all'espianto".
In Italia il risultato finale di questa raffinata strategia europea tesa a limitare la produzione vinicola sono veri e propri delitti contro l'umanità: espianto di vigneti vecchi, nuovi impianti in zone poco vocate, abbandono della viticoltura nelle zone più difficili. Girovagando per le campagne marchigiane in questi ultimi mesi stupisce soprattutto l'espianto, causa contributo cash, di vecchi vigneti: vigne spesso collocate in veri e propri "premier cru", vigne spesso ancora ben gestite, vigne dotate di variabilità clonali interessanti. Si tratta quasi sempre di vigneti in grado di produrre vini molto più territoriali rispetto agli impianti giovani.
E' solo un altro tassello dell'omologazione. Grazie di cuore.

mercoledì 23 marzo 2011

Sentirsi primaverili

Stiamo finendo di potare e legare in Contrada Spescia; negli ultimi giorni abbiamo sostituito pali di testata e tirato fili a San Michele, dato il cornoletame nel nuovo vigneto Manciano, sostituito barbatelle mancanti un pò in giro, respirato a pieni polmoni la prima aria primaverile. E' pure arrivato Pietre colorate, elegante e profondo come sempre.
E' il momento in cui non se ne può veramente più di freddo, umidità, nebbie, brine e piogge.
Il Rosso di Montalcino 2008 Pian dell'Orino è fantastico, croccante, succoso e netto. Il Sassella Riserva 2004 di Ar.Pe.Pe. è altrettanto buono sebbene diversissimo: petroso, quasi algido, ma stupendamente cristallino.
Grande discussione con gli amici di Pievalta sugli Champagne André Beaufort. Dolce o non dolce, fatto sta che la boccia di Polisy 2006 aperta per festeggiare l'amico Bianco è stata seccata nel giro di pochi minuti.

martedì 15 marzo 2011

25 anni fa, oggi

La notizia ci sorprese nel pieno della gita scolastica della terza media. Eravamo in Provenza, quattordicenni totalmente innocenti ed inconsapevoli. Al nostro ritorno ci venne detto di non andare scuola. Di non mangiare verdura e latticini. Di non uscire di casa, per quanto possibile. Di non fare attività sportiva per evitare di ossigenarsi troppo, col rischio di ingerire sostanze radioattive.
Le notizie erano, però, frammentarie e confuse. Ricordo in modo sfuocato dibattiti, discussioni, tesi contrapposte e, su tutto, una diffusa sensazione di paura e di angoscia. Gli adolescenti registrano le emozioni in modo spesso inconsapevole, ma è certo che Chernobyl fu per la mia generazione uno degli snodi determinanti per la crescita e la formazione di una coscienza critica.
Ecco, di fronte a ciò che accade oggi in Giappone, alla tragedia gigantesca delle vittime, dei feriti, degli sfollati, è doloroso dover pure ritornare con la mente a quelle giornate di 25 anni fa, dover ascoltare le bugie, le farneticazioni, le follie di persone che semplicemente non sanno di cosa stanno parlando.
E' tutto molto semplice: io non voglio che i miei figli debbano convivere con il rischio di incidenti in una qualunque sicurissima centrale nucleare di ultima generazione. Punto.

mercoledì 9 marzo 2011

Un vino, un libro, un disco

A smentire che in fatto di vino si debba ragionare secondo categorie preconcette l'assaggio di qualche giorno fa: The hess collection Napa Valley Cabernet Sauvignon 1997. Sì, avete capito bene, un gran vino della California. Bene: nessuna nota di legno, alcool limitato a 13 gradi alcolici, nessun sentore di sovramaturazione, nessun tannino sovra-estratto. Invece un naso rappresentativo del vitigno, con note speziate evidenti, solo leggermente virate verso le pirazine, delicato, fine, dove una nota balsamica intrigante fa da contrappunto ai frutti rossi, ciliegia matura sopra tutti. Ed è in bocca a sorprendere. Tannini setosi, facilità di beva, grande freschezza, il tutto a sostegno di un frutto scorrevole e pieno. Grande boccia, affascinante, e un grazie a Luciano che me l'ha regalata.
Ho letto, e consiglio vivamente, Stati Uniti d'Italia, antologia di scritti di Carlo Cattaneo a cura di Norberto Bobbio. Libro pensato nel 1946 per un'Italia appena uscita dalla guerra e che ripensava se stessa. Scritti sul federalismo democratico per capire cosa davvero si debba intendere per federalismo, al di là degli slogan facili e delle convenienze politiche.
Non riesco a togliere dal lettore Cd Sigh no more dei Mumford&Sons: folk rock esaltante, canzoni magnifiche, ritornelli portentosi, ritmi da ballare. Suonato e cantato benissimo, è un discone veramente straordinario di una band che mi piacerebbe proprio vedere dal vivo.    

martedì 1 marzo 2011

L'ex prima industria del sistema Italia

Fra i tanti problemi che ha questo nostro paese, intesa come comunità nazionale che il prossimo 17 marzo festeggerà un'importante quanto controversa ricorrenza, c'è l'ormai totale discrepanza fra le parole ed i fatti. Viviamo, cioé, in una realtà parallela dove tutti possono dire la loro senza alcun riscontro statistico o fattuale che possa confermare o meno certe affermazioni. E' il frutto di una società da un lato troppo e male mediatizzata (nel senso che i media - tutti, senza esclusione - invece di fotografare la realtà la manipolano); dall'altro di una caratteristica tutta italiana che è riassumibile nella frase: "...tanto poi tutto s'aggiusta...". Anche i numeri.
Questa banale premessa per parlare di turismo. Chi - in piccolo o in grande - ha avuto a che fare con il settore turistico nel nostro paese sa bene che gli ultimi anni non sono stati facili. C'è una crisi generalizzata nel settore che coinvolge tutti: alberghi, bed&breakfast, agriturismi, resort, campeggi. A parte il fatto che il sistema-Italia è arretrato pesantemente nel mondo, tanto da non essere più il nostro paese una meta fra le più ambite dai turisti, c'è un enorme problema legato al turismo interno: gli italiani viaggiano meno in generale ma se viaggiano scelgono sempre meno il proprio paese.
Eppure alla recente fiera BIT di Milano si sono come sempre suonate le campane a festa. E' una situazione che ricorda un pò il settore del vino, dove da diverso tempo si nega la crisi ed anzi si gioisce per l'aumento dell'export. Dimenticando che nel 1970 la media del consumo di vino in Italia era di 114 litri pro-capite mentre oggi è 40 litri pro-capite.
Questa scelta di privilegiare nelle politiche pubbliche il mercato estero, che è solo in minima parte legata alla globalizzazione, accomuna sia il settore vinicolo che quello turistico, col risultato di finire proprio nella tana del lupo, ovvero dentro ai mercati più competitivi e difficili.
Ecco, per farla breve consiglio l'articolo "turismo senza sorrisi" sul portale lavoce.info, dove è possibile trovare qualche numero e pure una equlibrata analisi.

venerdì 25 febbraio 2011

Credo in un solo dio...

Se esiste un dio della potatura il suo nome è Marco Simonit. Se vogliamo spiegare ai giovani quanto è figo stare in campagna e quanto è bello essere vignaioli questo è lo spot definitivo:


Tutti i video on-line della scuola di potatura della vite sono fatti molto bene e possono aiutare a capire molte questioni legate alla viticoltura. Questo sul cordone speronato a Montalcino è fantastico:

sabato 19 febbraio 2011

Per chi non c'era...

...E per chi c'era ed ha un pò di nostalgia...


domenica 13 febbraio 2011

I talebani del vino

File:Flag of Taliban.svg
Da qualche tempo, partecipando alle varie fiere del vino naturale, oppure girovagando per blog, colgo definizioni strambe di questo mondo variegato. "Talebani", "Massimalisti", "Integralisti", "Messianici". E ancora: "Ideologia", "Settarismo", "Estremismo", "Radicalismo", parole in libertà che vogliono disegnare il profilo di persone che, di mestiere, producono vino.
Sono il primo ad ammettere le contraddizioni insite nel mondo del "vino vero", così come la presenza di forzature e radicalismi. Eppure, per la mia esperienza, la grande parte dei produttori che fanno parte di questo mondo sono persone affabili, normali, simpatiche. Che non lanciano alcun messaggio violento o aggressivo. Semplicemente credono nella bontà delle proprie idee e nella forza del proprio lavoro.
Talebano non è una parola "neutra" e non dovrebbe - credo - essere usata a cuor leggero. Dopotutto si parla solo di vino.
Noto una deriva pericolosa. Per la quale ad una presunta eresia, quella appunto del "naturale", si risponde con il rafforzamento del paradigma, del dogma, del sistema. Finendo col divenire ancora più estremisti dei presunti eretici. Con l'ovvio corollario della delegittimazione altrui.
Nel caso specifico osservo un richiamo alla Scienza fuori luogo. Come se lo scontro fosse fra modernità ed arretratezza, fra lumi e tenebre, fra progresso e tradizione, fra scienza ed alchimia, fra realtà e misticismo. Avevo già provato a districare la matassa qui: http://ladistesa.blogspot.com/2010/04/il-vino-naturale-ed-il-dominio-della.html
Credo che la conferma più lampante della mia analisi siano le parole di un noto produttore intervenuto di recente sulla questione. Ecco alcune sue parole: 

"Sono un antinaturalista convinto e sono grato alla ragione che ci ha permesso di arrivare fin qui. La magia è un modo per nascondere la propria ignoranza dei fenomeni naturali. Ovviamente odio i vini naturali o meglio quelli che ostentano di essere tali. Nessun vino è naturale (tende a diventare aceto per sua natura) e non lo è nemmeno l’uva. La vite deve essere addomesticata (violentata direbbe un ambientalista!) per produrla altrimenti produrrebbe legno"

"I “vini naturali” sono una brutta invenzione dei giornalisti che porta indietro di anni la bevuta che si stava imponendo. Con un piccolo intermezzo per i vini eleganti si è passati dai vini-pasto ai vini-feccia. Come dire dalle caverne alle palafitte".

"Non credo che ci sia un produttore di vini “naturali” di buon senso che qualche volta non abbia usato i sistemici (altrimenti qualche anno avrebbe saltato la vendemmia)". 

"Il naturalismo vive di tanti miti. ne va sfatato un altro, cioè che il lievito selezionato abbia un potere omologante e che il lievito “indigeno” (ma chi è?) determini – o aiuti a determinare – la territorialità del vino. Beh smettiamola con queste favole, tra l’altro cattive. Non esiste alcuno studio scientifico che dimostri questa convinzione, nemmeno come ipotesi. il lievito selezionato permette di pulire il vino prima di mandarlo in fermentazione e permette di farlo fermentare a temperature basse (vi ricordate il compiacimento del solito contadino quando il suo vino “bolle”? e quello che si vuole?). Ora il problema non è che il naturalista non vuole usare queste procedure perché non sono naturali, ma perché “non può” usarle. Il suo vino non completerebbe la fermentazione e probabilmente finirebbe per estenuarsi in una fermentazione languente con un sicuro aumento della volatile. Non c’era qualcuno (ancora tra noi) che voleva riprodurre il vino bevuto da Gesù? che per questa ragione si è lasciato piuttosto crocifiggere"

Qualcuno ha ancora dei dubbi su chi siano i "massimalisti" e gli "estremisti"?
Per quanto mi riguarda sono stufo. Stufo di dover produrre vino aggiungendo sempre un aggettivo. Mi piacerebbe produrre vino e basta. E che fossero gli altri a dover scrivere "bevanda a base di uva ed enzimi, lieviti selezionati, sostanze azotate, tannini, gomma arabica, mosto concentrato rettificato, vitamine, polivinilpirrolidone, e chi-più-ne-ha-più-ne-metta". Così come mi piacerebbe non essere io a certificarmi bio, ma che fossero i convenzionali a certificarsi chimici, dichiarando loro, e non noi, che cosa buttano nei campi.
E' una proposta da Talebano?

lunedì 7 febbraio 2011

Pane e libertà

Pane o libertà? Il mio post precedente citava un report della Fao sul prezzo del cibo, i commenti hanno finito col parlare di libertà. Giusto così. Eppure non riesco a togliermi dalla testa il Manzoni e la rivolta del pane in cui si trova coinvolto Renzo. (Qui il link ad un bel pezzo  che ne parla).
La realtà è che l'ottantanove arabo è qualcosa di straordinario e preoccupante. Ho chiesto di scriverne a Giovanni Bochi, antropologo specializzato in mondo arabo che ha vissuto a Il Cairo, oltre che in Libano e Siria. Queste le sue parole:
"La rivolta democratica e anti-autoritaria che ha investito l’Egitto ha sorpreso molti analisti: a guidarla non sono i Fratelli Musulmani, il gruppo di opposizione più popolare e organizzato, ma le giovani generazioni istruite, frustrate dalla mancanza di libertà civili e dalla cronica disoccupazione. Gli slogan di Piazza Tahrir non hanno come obiettivo Stati Uniti e Israele, quanto il regime di Mubarak, che da trent’anni ha imposto sul paese lo stato di emergenza. Ad accrescere il malcontento, soprattutto fra i ceti popolari, è stato l’aumento dei prezzi alimentari, in un paese che importa larghe quantità di grano dall’estero. Mentre i dimostranti premono per le dimissioni di Mubarak, dietro le quinte prende forma una “transizione morbida” dalla crisi. Protagonista sembra essere il vice-presidente Omar Suleiman, ex-capo dell’intelligence con solide credenziali militari. Questa sembra l’opzione suggerita dalle cancellerie occidentali, per le quali un improvviso vuoto di potere può aprire scenari di caos e radicalizzazione politica sul modello della rivoluzione iraniana del 1979.  In questo senso vanno interpretati i tentativi del regime di riportare il paese alla normalità, con un misto di aperture politiche e repressione: da una parte, Suleiman ha fatto alcune concessioni, aprendo un tavolo di trattative con le opposizioni; dall’altra, continuano gli arresti e le intimidazioni nei confronti di giornalisti e attivisti politici. La variabile indipendente è costituita dalla resistenza del movimento di protesta, nato e cresciuto grazie a Facebook e Twitter. Nessuno dei partiti di opposizione, a partire dai Fratelli Musulmani, sembra infatti in grado di orientarne e controllarne  gli umori. Anche la marginalizzazione e la progressiva uscita di scena di Mubarak, tuttavia, potrebbero non garantire un vero sbocco democratico.  Aldilà della personalità del rais, il regime egiziano si fonda un esteso apparato militare e poliziesco, che ha vaste ramificazioni nella società così come nell’economia. Vera cartina di tornasole della crisi è l’esercito. Fino ad ora, ha assunto una posizione neutrale, che gli ha guadagnato la simpatia dei manifestanti anti-Mubarak e il sostegno implicito dell’amministrazione americana.  Anche l’esercito, tuttavia, è parte integrante del regime egiziano: sotto Mubarak le alte sfere militari hanno beneficiato di molti privilegi, che non sono intenzionati a perdere.  Se le proteste di piazza dovessero intensificarsi, con l’obiettivo di forzare la caduta del regime, allora l’esercito dovrebbe decidere da che parte stare". 

venerdì 4 febbraio 2011

Pane, amore e fantasia

Le recenti rivolte in Algeria e Tunisia, che sono all'origine anche dei moti in Egitto, sono nate inizialmente a causa dell'aumento dei prezzi del pane.
La Fao (Food and agriculture organization) avverte che i prezzi degli agroalimentari nel mondo non sono mai stati così alti. Secondo il "Food price index 2010" dell'organizzazione dell'Onu, generi alimentari fondamentali, come grano, cereali, zucchero e carni, hanno superato i record storici del 2008 quando l'impennata dei prezzi aveva causato violente proteste in America Latina, Africa ed Asia. L'indice Fao è aumentato del 32% nella sola seconda metà del 2010 e il trend non accenna a diminuire nel 2011.
Questa la notizia.
Poi c'è la realtà. Qualunque agricoltore sa che i prezzi pagati all'origine sono bassissimi e comunque molto raramente in grado di coprire i costi di produzione e di garantire un reddito decente. Questo è più o meno vero in tutto il globo e per molte produzioni agricole.
Ovviamente la colpa è del clima, della crisi, dell'aumento della domanda, della mancanza di liberalizzazioni, della scarsa diffusione di Ogm e così via... Mai nessuno che dica una parte della verità: esattamente come il petrolio oramai i prezzi delle "materie prime" agricole rispondono a meccanismi solo finanziari: i futures e i derivati le cui quotazioni dipendono dalle borse merci mondiali e dalle dinamiche imposte delle grandi catene di distribuzione alimentare multinazionali. Ecco perché i contadini guadagnano poco e i consumatori pagano tanto.
E' la globalizzazione, baby. Alla faccia della sovranità alimentare.

venerdì 28 gennaio 2011

Nuovo tour

5-6 Febbraio, Roma.
Vini Naturali a Roma. Terza edizione del bellissimo evento organizzato da Tiziana Gallo nelle eleganti sale dell'Hotel Columbus in Via della Conciliazione. www.vininaturaliaroma.com
10 Febbraio, Treia (Mc).
Degustazione c/o Casolare dei segreti. Degustazione e cena in compagnia di due altri bravissimi produttori, Nino Barraco e Nicoletta Bocca. www.casolaredeisegreti.it
16 Febbraio, Perugia.
Verticale de Gli Eremi. Annate storiche non più in commercio. Degustazione c/o Ristorante Stella.
5-6 Marzo, Agazzano (Pc).
Sorgente del vino live. Castello di Agazzano. Terza edizione del bellissimo mercato dei vignaioli organizzato da Sorgente del Vino. www.sorgentedelvinolive.org
27-29 Marzo, Dusseldorf (DE). 
Prowein. Un pò di globalizzazione non guasta. E poi, alla sera, una buona birra ed uno stinco come si deve sono d'obbligo.
7-9 Aprile, Cerea (Vr). Vino, vino, vino.
Vini secondo natura. Con il Consorzio vini veri per comunicare l'atto agricolo come atto culturale, a pochi passi da Vinitaly. www.viniveri.net

Non garantisco lo stage diving ma vi aspetto numerosi!

venerdì 21 gennaio 2011

AAA azienda agricola vendesi

Vendesi azienda agricola specializzata in produzione di vini e olio bio. Fama consolidata, ottimi punteggi sulle guide nazionali, portafoglio clienti in tutto il mondo. Annesso agriturismo con piscina (contratti con agenzie estere) e sala degustazione. Due cani, un gatto. Bosco, orto, parcheggio. Tutto incluso. Cedesi causa impossibilità di vivere ulteriormente nel Paese di Pulcinella, Repubblica delle Banane, Sultanato dell'immoralità, Regno dell'illegalità, Nazione del sottosviluppo televisivo e finanziario. Si valutano immediatamente manifestazioni di interesse causa volontà di trasferimento rapido per vivere di espedienti nel sud della Francia. Trattative riservate. No perditempo.

venerdì 14 gennaio 2011

Inizio d'anno



Giornate di sole passate a potare. La mano destra che si abitua di nuovo alle forbici. La pelle che tira, lì dove si formerà la vescichetta. Poi nebbie improvvise, che salgono dalla piana e lentamente ti circondano. E gelo nei piedi, mentre ti scalda l'idea di ciò che saranno le viti fra qualche mese.
Ricordi. Una incredibile magnum di Colonnara Cuprese 1992, Verdicchio maestoso ed elegante, stappata a Capodanno. Un Barolo Runcot Elio Grasso 1998, sospeso tra fiori appassiti e note amaricanti, chinate. Un anno che si è appena chiuso.
Il mio disco del 2010 è The Suburbs degli Arcade Fire, superbo concept sulla tristezza di non luoghi sospesi fra città e campagna. Moderni. Anonimi. Impersonali. Sospesi sul vuoto.
Un anno pieno di cose. Il Nur 2008 vino dell'Eccellenza per L'Espresso ed in finale dei trebicchieri, così come Terre Silvate 2009. Un nuovo vigneto piantato. Nuove frontiere acquisite, Canada e Australia. E poi persone, facce, teste e nasi che mi hanno seguito in fiere o degustazioni. O che sono venuti a trovarmi in cantina. Relazioni. Scambi. Parole. Bene così.


lunedì 3 gennaio 2011

Razzismi enologici

I vini sono come le persone. Ci sono quelli puntuali e quelli perennemente in ritardo. Ci sono quelli timidi e introversi e quelli solari e simpaticoni. Vini permalosi, orgogliosi, superbi, modesti, eleganti, raffinati, ieratici, spirituali.
Vini tragici e vini comici.
E poi, sì, ci sono vini che han fatto il lifting e vini che sono come mamma li ha fatti. Difetti inclusi.
Io ho sempre pensato che sono i difetti che ci fanno innamorare delle persone. Le piccole imperfezioni di un viso o di un corpo. Un tic. Una camminata strana. Una voce particolare. Un carattere tagliato con l’accetta. Quel qualcosa, qualunque essa sia, che spezza un equilibrio. Che lascia la questione prennemente in sospeso.
Certo, è un’estetica pericolosa, ne sono conscio. E’ l’estetica della devianza più che della norma. Del dionisiaco più che dell’apollineo. Ma è così anche per i vini. Per quelli indimenticabili, intendo.
A me in un vino affascinano l’irrequietezza, la tensione, la complessità. Intendiamoci: quando parlo di difetti non intendo ciò che intendono comunemente i sommeliers professionisti: un sentore di tappo, uno spunto acetico importante, una riduzione senza speranza, fanno parte di esperienze negative a prescindere. Io mi riferisco, invece, ad un più generale e teorico concetto di “deviazione” dal paradigma, dalla corrente principale. Il jazz per la musica classica. Il punk per il rock classico. Il cubismo per l’arte figurativa. Sono esempi di tecniche che spostano l’attenzione. Che irritano. Che innovano. Note “sbagliate” o tratti di pennello incomprensibili da cui emanano, però, emozioni ancestrali e sublimi. Ecco: io amo i vini che mi colpiscono per questo andare controcorrente, per essere irriducibili ad una norma, per rappresentare quell’Unico assolutamente irripetibile che è la combinazione Terra-Vite-Annata-Vignaiolo. Ciò non significa che mi piacciano solo vini estremi, al contrario, apprezzo anche vini “paradigmatici”, vini classici, esattamente come adoro certo mainstream musicale o l’arte figurativa più tradizionale. Ciò che contesto, però, è quella forma di razzismo enologico che si è affermato negli ultimi vent’anni, per cui il vino deve (e non può) essere pulito, stabile, morbido. In una parola: bello, di una bellezza classica, oggettiva, equilibrata.