lunedì 23 luglio 2012

Festa mesta

La domanda è: come è possibile che Einaudi abbia pubblicato un libro insulso, brutto e inutile come Che la festa cominci di Niccolò Ammaniti?
Io capisco che un buon scrittore, come è l'autore di Ti prendo e ti porto via, possa fare un passo falso. Essere in crisi. Non riuscire a scrivere una nuova storia credibile e affascinante. Quello che è inconcepibile è che una casa editrice che rappresenta la storia della letteratura e della cultura italiane si sia prestata ad una pubblicazione del genere. Pare la fotografia di questa Italia che non riesce a risollevarsi: ma se cede anche la cultura, allora siamo davvero finiti. Einaudi non può pubblicare roba simile. Ve ne regalo una briciola. Per capire di cosa sto parlando:

- Sono uscita da una storia difficile con un tipo che si voleva male. In altre parole, uno stronzo. E io dietro a lui ho rischiato di morire. Mi hanno salvato la comunità di don Toniolo e la fede.
Mentre Larita parlava, Fabrizio si ricordò di aver letto da qualche parte che lei era stata fidanzata con un cantante tossico e che per poco non erano morti di overdose.
- E poi una volta tornata alla vita non ho avuto il coraggio di farmi altre storie. Ho paura di incontrare un altro stronzo. Anche se stare soli, alle volte, è un pò triste.
Fabrizio la tirò a sé e le cinse la vita. - Noi due potremmo stare bene insieme. Me lo sento.

Agghiacciante. Cesare Pavese si rivolta nella tomba. Ma dico, non c'era un editor, un direttore editoriale, un correttore di bozze che si sia posto la questione della qualità di questo romanzo? Perché io capisco il pulp, capisco la farsa, capisco il grottesco... Ma penso ancora che tutto ciò che pubblica un editore come Einaudi dovrebbe avere in sé un potenziale di bellezza fuori dal comune. Altrimenti meglio lasciar perdere.

 

lunedì 9 luglio 2012

Il professor Monti e la nuova manovra

Qualche tempo fa, mentre discutevo sul decreto Salva Italia con alcuni amici cui il governo Monti non dispiaceva, ho sostenuto che comunque sarebbe servita una nuova manovra. L'ho pure scritto qui: la data è quella del 16 dicembre 2011. Monti ha sempre smentito in questi mesi che dopo il "Salva Italia" servisse una nuova manovra.
In questi giorni si parla di "Spending review", di tagli a giustizia e sanità, di accorpamenti di province. In linea di principio ci sono anche alcune misure corrette. Ma come la vogliamo chiamare questa "Spending review" se non "manovra aggiuntiva"? Il professor Monti è pure furbo. Questa è di fatto una piccola finanziaria che trova in alcuni tagli le risorse per evitare l'aumento dell'Iva al 23% (che sarebbe un disastro). Ma cos'è questa se non una manovra aggiuntiva di finanza pubblica? E quante ne serviranno ancora per salvare quest'Italia?
La realtà è che il gettito fiscale non sta andando bene causa recessione, dunque lo sbandierato pareggio di bilancio del 2013 si allontana. Non pareggiare il bilancio nel 2013 - dopo averlo annunciato - sarebbe un segnale pessimo, specie con lo spread che veleggia anche oggi a 480. Dunque, ancora tagli. Lasciare a casa qualche migliaia di esuberi in Pubblica Amministrazione fa risparmiare soldi ma deprime ulteriormente la domanda aggregata... Ma, oops! questo è Keynes, troppo fuori dal paradigma che ci ha portato al disastro...
Ribadisco quanto già scritto: l'unica strada per l'Italia sono misure straordinarie che riducano considerevolmente lo stock di debito (patrimoniale sui grandi patrimoni, contributo una tantum - tassa di scopo, tassazione rendite, vendita parte del patrimonio pubblico inefficiente, ritiro da tutte le "missioni di pace", taglio delle spese militari); con il forte risparmio di interessi sul debito lancio di un grande piano per lo sviluppo (non la crescita!), con investimenti in formazione, green economy, piccole opere, turismo e cultura, oltre a politiche di progressiva riduzione delle imposte (a cominciare dall'IRAP).
Ovvio: tutto ciò Monti non lo può fare, data la maggioranza vigente in Parlamento. E allora? Allora si cambi in fretta la legge elettorale e si vada a votare al più presto.
Il problema sarà chi cazzo votare.

domenica 1 luglio 2012

Growin' up with Bruce


Era il pomeriggio dell'11 giugno 1988 quando Massi, Paolo ed io entravamo, sedicenni, allo Stadio Comunale di Torino per inseguire il Sogno. Senza ancora sapere che da quell'esperienza ne saremmo usciti diversi. Sono passati gli anni, e la fiaccola del rock'n'roll ha continuato a girare per il mondo. Con alti e bassi, dentro a diluvi pasquali, dentro ai fantasmi di Tom Joad, fra le note di una Jungleland da sempre sognata, nella rabbia di un'America umiliata dall'11 settembre prima, e da un presidente idiota poi, nelle pieghe del folk delle origini,  con le illusioni di un nuovo presidente nero. Il rock, quella combinazione strana di musica e teatro, di poesia e fisicità, di sogno e realtà.
Ecco, siamo cresciuti con Bruce. Adolescenti, ragazzi, uomini, padri.
Così, a chiudere il cerchio, l'11 giugno 2012, esattamente ventiquattro anni dopo, entravo allo stadio Nereo Rocco con mio figlio Giacomo a vedere nuovamente il Jersey Devil dare tutto e di più in quella che è tuttora l'ultima grande messa del rock'n'roll.