Sono passati due anni dalla pubblicazione e resto sempre più stupito dalle dimostrazioni di affetto e di calore che mi arrivano da chi si è imbattuto in questo libretto nato per caso e che ora pare vivere di una vita propria.
Ho già detto della soddisfazione per le moltissime recensioni - tutte incredibilmente positive: dalle più importanti testate italiane (Corriere, Repubblica, Manifesto, L'Espresso, Panorama, ecc.) ai siti specializzati nel food, dai blog più importanti fino a quelli più piccoli e privati, la mole di interventi su questo libro è andata oltre ogni più rosea aspettativa. Mi ha poi riempito di gioia l'aver partecipato a festival come il Festival della letteratura di Mantova e Bookcity a Milano perché in un qualche modo è stata colta anche una vena letteraria in un libro dall'apparenza tecnica e specialistica.
Ma il piacere più grande viene dalla sensazione che questo sia diventato in parte un libro "di movimento" - come si diceva un tempo: un libro che non si limita a descrivere una piccola storia o un dato momento, ma che descrive - ed è parte di - qualcosa di più grande.
Solo così si possono spiegare tre ristampe e circa 4000 copie vendute. Che sono nulla in assoluto ma sono tante se pensiamo al contesto.
Solo così posso spiegare l'affetto di persone che continuano a scrivermi, ad incontrarmi, a interrogarmi, fino al punto da mettere in discussione scelte personali, professioni e prospettive.
Solo così posso capire quanto le pagine che ho scritto, spesso in modo inconsapevole, abbiano incontrato la voglia di cambiare, la frustrazione, l'insoddisfazione per questo modello di sviluppo e per questa economia del non-senso.
Siamo dentro un movimento liquido, spesso inconsapevole, ancora poco definito e che ha perso bussole ideologiche.
Non sappiamo dove stiamo andando e non ci sono risposte certe.
Il vino naturale parla una lingua ancora non del tutto conosciuta, usa un linguaggio nuovo, rivoluzionario. Qualcuno lo vuole ingabbiare ma lui è una bestia anarchica e sfuggente.
Il biologico non è la certificazione europea.
La decrescita non è recessione: quella ce la dà il capitalismo delle crisi.
La cooperazione non è quella della legacoop e di mafiacapitale.
I beni comuni non sono lo Stato.
Nella confusione estrema di questi anni alcune cose le abbiamo apprese, altre le dobbiamo conquistare. Un movimento c'è, e ha bisogno più di stalle che di (5) stelle. Di un compost che maturi ancora un po'. Ma poi viene la semina, si fanno gli innesti, si concima.
E l'ingranaggio magari si ferma.