sabato 1 agosto 2015

Parola di Scienza

Da dove cominciare?
Forse da Milano. E da una domanda che faccio agli studenti di agraria presenti ad un incontro del 2014, poi finito nell'extra "Desistenza a Milano" del DVD di Resistenza Naturale di Nossiter.
Di fronte al continuo e re-iterato attacco alla biodinamica, al "naturale", al buonsenso agricolo da parte dei collaboratori di Attilio Scienza (Brancadoro e Failla) in nome della Scienza Agronomica, chiedo agli studenti presenti di sapere se abbiano frequentato o se sia previsto un esame di filosofia della scienza. 
Silenzio di tomba e nessun commento. 
Stessa cosa è successa recentemente alla facoltà di agraria di Ancona (sebbene l'incontro sia stato molto più stimolante e proficuo).
Ne ho dedotto ciò che in realtà è oramai evidente a tutti: la scienza non si discute. La scienza è la nuova Verità del mondo post-ideologico. La scienza - il suo metodo, i suoi risultati, le sue conseguenze, i suoi rappresentanti - devono essere al di fuori del giudizio, sia esso politico, etico o estetico. E tutto quello che si muove su un piano dialettico viene immediatamente bollato come esoterico, magico, religioso, metafisico e così via, poiché in questo modo si cancella la credibilità di qualsivoglia alternativa.

Sia ben chiaro: in giro è pieno di buffoni che nei campi più disparati, dalla medicina all'economia, dalle scienze naturali a quelle fisiche, si pongono saldamente al di fuori della scienza, chi davvero assecondando falsi miti, chi semplicemente cavalcando la moda del momento, chi per banali ragioni di tornaconto economico. 
Ovviamente non mi riferisco a costoro.
Mi riferisco, invece, a chi crede fermamente nella Scienza, nei suoi progressi, e nelle sue verità - con la "v" minuscola che contraddistingue le verità scientifiche, che sono appunto "relative".
Mi riferisco a chi reputa che il positivismo sia finito da un pezzo e che sia la scienza stessa ad aver sperimentato i suoi limiti. 
E mi riferisco, in particolare, al fatto che la filosofia della scienza, sebbene ignorata da chi fa ricerca (in ambito agrario in questo caso, ma temo che la situazione sia la medesima in altri ambiti scientifici), nel novecento ha chiaramente indicato alcune questioni ed alcune teorie che forse andrebbero più diffusamente conosciute, diffuse e dibattute, proprio per non cadere nel tranello del "Lo dice la Scienza" (che poi diventa più prosaicamente "sostiene Scienza, Attilio" - e tutti zitti).
Ecco, uno degli insegnamenti più chiari e netti ci racconta che la scienza - ed in particolare la tecno-scienza, cioè il dispositivo economico e sociale che ne applica i dettami, non è mai neutrale. Il novecento ce lo ha indicato perfettamente con la storia della ricerca sull'atomo, ma gli esempi sono infiniti.  
E allora bisogna dirlo chiaro e forte: quando Attilio Scienza afferma “Per i produttori di vino la produzione biologica e biodinamica è una via senza uscita” ponendo la questione, subito dopo, di vitigni resistenti ottenuti da modificazioni genomiche, sta parlando come scienziato-ricercatore ma non sta facendo un discorso "neutrale". Sta parlando come rappresentante di un ben evidente paradigma scientifico, quello dell'agricoltura produttivista, e dunque indirizza la ricerca, i suoi finanziamenti, e tutto il corollario che ruota intorno al mondo universitario ed accademico, verso una prospettiva che è quella "dominante", frutto cioé di relazioni economiche e di potere. Ma che di "oggettivamente scientifico" ha ben poco. 

Uso il termine paradigma nel senso descritto da Thomas Samuel Kuhn nel classico del 1962 "La struttura delle rivoluzioni scientifiche", testo assolutamente emblematico di ciò che la scienza sia divenuta nell'epoca del Capitalismo Industriale (perché qui nessuno vuole ri-processare Galileo). Ma non piacesse l'approccio epistemologico di Kuhn, anche da un punto di vista popperiano, cioé del principio di falsificabilità, l'uscita di Scienza fa acqua da tutte le parti: se l'intenzione più pura e profonda della ricerca accademica fosse infatti davvero quella di ridurre i trattamenti chimici non è possibile - proprio a livello scientifico - trascurare l'importanza delle esperienze biologiche e biodinamiche laddove hanno dimostrato la possibilità, con questi vitigni e anche in condizioni di annate drammatiche come la 2014, di fare una agricoltura pulita.
Il bio-distretto di Panzano in Chianti nato con la consulenza di Ruggero Mazzilli è un esempio emblematico con il 90% del territorio gestito come minimo in regime biologico; così come le esperienze di ricerca accademica in biodinamica, come quelle di Adriano Zago o Fabio Primavera.
Si tratta di falsificazioni importanti della teoria per cui i nostri vitigni sarebbero arrivati al capolinea.

Peraltro se il problema sono i trattamenti vicino alle abitazioni - come ad un certo punto si paventa - si fanno 2 autogol: primo, perché gli scienziati hanno sempre sostenuto che i trattamenti "non fanno male alla salute umana" (e invece ad esempio nella zona del Prosecco si è notato un aumento dell'incidenza dei tumori); secondo, perché se c'è un vigneto già impiantato a ridosso delle abitazioni forse il compito della scienza dovrebbe essere quello di agire subito per salvaguardare la salute, convertendo al bio quel vigneto, anziché attendere anni di sperimentazioni per poi arrivare all'espianto ed al re-impianto con vitigni resistenti: nel frattempo quanto veleno hanno respirato i bambini di quelle abitazioni? Sarebbe interessante una risposta della scienza. O anche di Scienza. 

Che poi si possa andare oltre, magari tornando alla riproduzione da seme, e dunque alla creazione di nuove varietà e a una selezione di varietà più idonee, per esempio ai cambiamenti climatici, questo credo che nessuno lo voglia impedire. Anzi. Chi ha letto il classico "Fra cielo e terra" di Joly sa che verso la fine del libro proprio il viticoltore biodinamico per eccellenza prefigura "un ritorno al seme".
Ma con i tempi della natura (centinaia di anni), che non sono i tempi della scienza. O di Scienza, Attilio.  Anche perché, comunque la si pensi sugli OGM, la realtà più vera e profonda delle ricerche genetiche in agricoltura è solo una: brevettare nuove varietà consente di fare un sacco di soldi, e se davvero il Mercato vuole vini più puliti, allora le entrate che che mancheranno all'agrobusiness alla voce pesticidi, erbicidi, ecc. dovranno arrivare da qualche altra parte. No? 

Poi, se non siete ancora convinti, fate come me, fate una cosa che mai avreste pensato di fare: leggete l'ultima enciclica del Papa.

PS "Parola di scienza" è un libro edito da DeriveApprodi. L'autore è Antonello Ciccozzi, ovvero l'antropologo che scrisse la perizia sulla cui base vennero condannati in primo grado - ed assolti nel secondo - gli scienziati del Comitato Grandi Rischi rei di aver fornito false rassicurazioni agli abitanti de L'Aquila prima del fatale terremoto. Un bel libro. Che fa piazza pulita delle tante fesserie lette, all'epoca della condanna, sul "processo alla scienza". C'entra niente con Scienza, Attilio. Ma forse anche un po' sì.