martedì 26 agosto 2008

Ancora sul Brunello

Perché tornare ancora sulla questione del Brunello taroccato? Perché questa è la madre di tutte le battaglie per quanto riguarda il mondo del vino italiano. La questione mi ricorda quella scena splendida del film Mondovino in cui Hubert de Montille parla della Borgogna come ultimo baluardo nella guerra del vino. Il grande Angelo Gaja ha detto la sua in un testo che affronta il problema in modo piuttosto aggressivo. Dopo aver fatto una breve storia del "fenomeno" Brunello, il produttore piemontese (che produce vino anche a Montalcino) spiega quale potrebbe essere a suo avviso la via di uscita: un nuovo disciplinare che ammetta per "gli industriali" una correzione con uve non Sangiovese e per "gli artigiani" la possibilità di valorizzare al meglio la propria fedeltà al Sangiovese 100% (scrivendolo in etichetta).
Per sostenere questa soluzione Gaja osserva che il territorio dove è possibile produrre Brunello è oggi troppo ampio e comprende zone dove il solo Sangiovese non è in grado di produrre grandi vini. Non solo, forza ulteriormente il discorso arrivando ad affermare che: "...si è lamentata la mancata zonazione (catalogazione scientifica dei terreni con la delimitazione di quelli vocati e di quelli no): ma la zonazione in nessuna parte del mondo – ad esclusione forse della Borgogna che riconosce però non una, ma oltre cento denominazione d’origine diverse - è diventata il principio ispiratore dei disciplinari di produzione. Meno che mai in Italia ove si è più propensi a coltivare la solidarietà e la compiacenza".
In pratica Gaja auspica un gigantesco compromesso in quella "guerra del vino" che da qualche anno si profila all'orizzonte fra artigiani ed industriali. Un compromesso basato sulla segmentazione dei mercati e sulla consapevolezza, non si sa bene quanto fondata, che le fortune dei "piccoli" passano anche dagli investimenti dei "grandi".
Che dire? Ovviamente non mi è possibile fare a meno che dissentire. Con molta umiltà, visto il livello del personaggio. Per ragioni varie ma tutte riconducibili ad una questione costitutiva. Per Gaja, così come per l'estalishment del vino italiano, Ministri inclusi, le denominazioni di origine sono dei marchi commerciali. Dunque sono manipolabili, privatizzabili, flessibili. Hanno un valore economico prima che storico-culturale. Secondo tale visione il valore aggiunto di un vino avviene nel processo di comunicazione e vendita, e la denominazione di origine è solo uno strumento commerciale. In questo senso Banfi e "gli industriali" di Montalcino sono coloro che hanno creato il fenomeno e, dunque, il vero valore aggiunto. Di conseguenza devono potersi fregiarse del titolo anche se hanno vigneti meno vocati. Anche se non sanno o non possono fare il Brunello col solo Sangiovese. Non fa una grinza.
Il discorso di Gaja è riformista e moderno. E' rivolto al mercato. E' cerchiobottista.
Peccato che. Peccato che le parole sono importanti. E, se anche fosse vero che i disciplinari non hanno mai tenuto conto delle zonazioni, il Barolo è Nebbiolo, Vosne-Romanée è Pinot Nero, Brunello di Montalcino è Sangiovese, Hermitage è Syrah. Non perché lo dica un disciplinare o il sottoscritto o Angelo Gaja. Ma perché lo dice la Storia.
Peccato che se alcuni vigneti non sono in grado di produrre grandi vini perché inadatti al Brunello forse debbano essere declassati. Pratica certamente meno remunerativa, ma ben più etica, rispetto all'inserire vitigni alloctoni e poi fregiarsi della stessa denominazione di chi ha i vigneti vocati o, semplicemente, sa fare meglio il vino; magari perchè in vigneto ci va sul serio a lavorare, anziché star seduto dietro un computer al di là dell'Oceano decidendo quale azienda toscana o francese o californiana acquistare.
Peccato che. Peccato che le denominazioni non siano marchi commerciali ma beni comuni. Beni che non appartengono a nessuno e però a tutti, consumatori inclusi. Beni collettivi che identificano un territorio; uno o più vitigni, secondo la tradizione; pratiche agricole consolidate; una geografia umana e sociale prima ancora che una economia; un concetto qualitativo di natura complessa come il "terroir", che corrisponde a diverse scienze naturali e sociali. Questo apparentemente sfugge a Gaja, sfugge a molti in Toscana e in tutta Italia, sfugge ai molti legislatori italiani ed europei che stanno discutendo di vino e di denominazioni. O forse non sfugge affatto a costoro, anzi. Proprio perché ben a conoscenza di tutto ciò, e dunque spaventati dalla figura del vignaiolo-artigiano, fedele traduttore del terroir, avanguardia di quell'attore "glocal" in grado di rispondere in modo moderno alle sollecitazioni della globalizzazione, proprio per questo i grandi consorzi, i monopoli, i poteri pubblici e privati tentano in ogni modo di portare l'ultimo attacco, definitivo, irreversibile, all'idea di Origine dei prodotti agricoli.
Per tutto ciò non posso che rinnovare l'invito a firmare l'appello in difesa dell'identità del vino a questo indirizzo web.

venerdì 22 agosto 2008

Preparativi...

Il lavoro nobilita l'uomo, dicono. Il lavoro rende liberi, era scritto nei campi nazisti. Non so se siano vere queste frasi. Nel dialetto di Cupramontana, ad esempio, lavorare si dice fatica' e a "faticà se fatica". Mentre il grande Pavese scrisse Lavorare stanca. Quindi tutto è relativo. Io so che in momenti in cui è meglio non pensare lavorare ti aiuta. E' una valvola di sfogo, un mezzo potente per impedire al cervello di correre ed alla memoria di elaborare. Nel pieno della stagione turistica c'è molto, anche troppo, da fare.
E poi incomincio a sintonizzarmi sulla prossima vendemmia. E' incredibile come ogni anno questo avvenimento fondamentale nella vita di un vignaiolo mi paia giungere più velocemente. Specie dopo la nascita di mio figlio le stagioni sembrano volare, quasi che il ciclo vegetativo della vite si sia accellerato.
I danni della grandine di luglio appaiono meno importanti, i vigneti hanno un'ottima vegetazione, Luglio ed Agosto sono stati mesi assolati ma senza punte di caldo stressante e con notti sempre molto fresche. Per ora è una annata classica. Settembre sarà decisivo per una valutazione definitiva. Camminando nei vigneti ho notato tutta l'enorme differenza con lo scorso anno. Di questi tempi stavamo già vendemmiando, i vigneti mostravano ovunque ingiallimenti e mancanza di foglie, i grappoli erano quasi appassiti senza essere giunti a maturazione. Tutto questo è stato pagato con fermentazioni strane e anomale e vini particolari ma piuttosto squilibrati.
Ma ora incrociamo le dita per questa vendemmia 2008. Una vendemmia che vivrà nel duplice segno della prossima nascita della mia secondogenita e della scomparsa di mio padre. Mi mancherà, papà, durante quei giorni. Quando metteva con garbo il naso in cantina per chiedermi se andava tutto bene o quanto "alzava" il mosto o se avevo bisogno di qualcosa. Sarà una vendemmia di grande gioia e grande tristezza. Mi sto preparando.

domenica 17 agosto 2008

Mio padre

Mio padre se n'è andato
una notte d'estate
s'una strada che non posso seguire
ancora.
Se n'è andato all'improvviso
senza disturbare nessuno
senza quasi parlare
com'era suo solito
come avrebbe voluto.
Mi restano addosso
incancellabili attese
il freddo sereno della sua mano
il viso disteso
il caldo assoluto dell'urna di porcellana
un tempo che viaggia al contrario
verso memorie indifese.
Mio padre se n'è andato
fra i dolcissimi canti festosi
degli spiriti neri che amava
nel sole abbagliante di colline fedeli
navigando sui fiumi maestosi
che aveva studiato.
Ora mi sento una piccola barca
assaltata dai ricordi
invasa dall'assenza
allagata dall'acqua irrisolta
di un antico naufragio.

giovedì 7 agosto 2008

Che caldo che fa...

L'ultima settimana è stata contraddistinta dall'arrivo del caldo. Quello vero. Adesso lavorare in vigna è roba da uomini veri. Infatti ho mollato.
Ieri ho imbottigliato il Nocenzio 2006. Per ora il vino è scorbutico e nervoso, ma lascia presagire un'ottima evoluzione in bottiglia. Certamente non è un vino che piace alla gente che piace... Astenersi amanti di vini morbidosi, carammellosi e senza palle. Qui si sta parlando di un vino vero, uno di quei vini che necessita di una buona brace, una bella bistecca di Brontosauro ed una tavolata di amici con cui chiacchierare fino a notte fonda. Alla faccia degli uainbars e dei ballons firmati.
Nel frattempo La Distesa, intesa come Agriturismo, è affollata di Olandesi che passano il loro tempo in piscina e sotto il sole, incuranti di città d'arte, musei, parchi e bellezze naturalistiche. Forse hanno ragione loro.
Qualche giorno fa ho bevuto l'ottimo Verdicchio di un vignaiolo vero, mio collega di esportazioni nordeuropee: il Verdicchio 2007 di Failoni è un buonissimo bianco, agrumato, floreale con la giusta acidità e verticalità nonostante l'annata siccitosa. Infatti ha vendemmiato come il sottoscritto ai primissimi di settembre. Lo consiglio vivamente, anche per il prezzo: 4,5 euro!

venerdì 1 agosto 2008

Grandine e letture estive

Avevo avuto la sensazione netta che il nubifragio che si è scatenato in Vallesina Lunedì 21 luglio potesse avere avuto qualche strascico. Avevo subito visto che insieme alle secchiate d'acqua era scesa anche un pò di grandine. Ma solo ora ho potuto fare una stima dei danni. Non è un bel vedere. La grandine ha picchiato duro, peggio di quel che pensassi. Tutti i grappoli sul lato destro guardando i filari dei vigneti San Michele e Colonara sono belli segnati. Fortunatamente la grandine era piccola e la vigorosa vegetazione di quest'anno ha impedito che venissero colpiti i grappoli sul lato sinistro. Nulla da segnalare invece alla Spescia e a San Paolo. Peccato perché sino adesso l'annata prometteva molto bene con un'ottima fioritura, molta acqua in primavera e inizio estate, il giusto caldo ora. Per quanto riguarda le malattie fungine, la peronospera ha dato un bella botta fra l'inizio e la metà di luglio ma con danni molto limitati e l'oidio è sotto controllo, salvo qualche zona dove ormai è recidivo. Dovrei concludere i trattamenti a circa 3,5 chili di rame a ettaro che in una stagione come questa sono davvero pochi.
Tra una cimatura e l'altra ho letto L'illusione del bene di Cristina Comencini, buon libro che non scatena grandi entusiasmi ma ha una buona costruzione e personaggi credibili. Medio, anche politicamente. Veltroniano, aggiungerei. Se consideri le colpe di Andrea Bajani, invece, è un gran libro. Storia di ferro e scrittura molto personale, moderna e intensa. Ne esce una immagine molto veritiera dell'Italia di oggi attraverso il racconto di una storia molto intima, triste e delicata, senza alcun cedimento retorico o politichese. Meno valido, secondo me, è l'altro libro di Bajani, molto incensato, ovvero Cordiali saluti. L'idea, tutto sommato, mi ricorda un pò certe grandi intuizioni del Paolo Villaggio di Fantozzi ma senza la straordinaria ironia del comico genovese. E la scrittura, in questo caso, risulta un pò monotòna. Ora sto leggendo Volevo la luna di Pietro Ingrao.