venerdì 25 novembre 2011

Un pò di storia

Volevo assaggiare un grande vino californiano e sono stato accontentato. Chateau Montelena Cabernet Sauvignon 1986 è un vino che si stenta a considerare americano. Nessun sentore di quercia, nessuna sovra estrazione, nessuna invadenza alcolica. Un carattere decisamente bordolese, in senso classico: acidità presente e viva, un tannino non addomesticato ma rinfrescante, un naso giocato sulla finezza, con note di erbe aromatiche, cuoio, cacao, marasca. Giusto per intendersi: l'azienda è quella del famoso "Paris Tasting" nel 1976 quando il suo Chardonnay 1973 mise in riga alla cieca i più famosi Borgogna. Fatto storico che viene considerato in USA come l'atto fondativo della grandezza del vino californiano.
Poi mi sono ritrovato a bere un pò di storia del vino italiano. In quel di Glendale, sobborgo di Los Angeles: a dimostrazione di quanto assurdo e complesso sia il mondo del vino.


Undici gradi alcolici, botte grande numerata, acidità tagliente, vitigni alloctoni, naso irrequieto eppure affascinante. Il Vino da tavola Fiorano 1988 è la fotografia del vino italiano prima delle guide, prima del boom, prima del vino frutto, prima della tecnologia. Una storia bella e triste. Che potete leggere in questo bellissimo pezzo di Eric Asimov, dove si ricordano, fra l'altro, le lodi che Veronelli tesseva nei confronti dei vini di Alberico Boncompagni Ludovisi principe di Venosa.
Un vino davvero emozionante.

martedì 15 novembre 2011

American psycho

E dopo il sogno l'incubo. Una città tentacolare, gigantesca, mostruosa, affascinante. Dove c'è sempre il sole ma non c'è un pannello solare. Dove l'acqua per dieci milioni di abitanti viene pompata dal fiume Colorado, perché di acqua nel sud del California non ce n'è. Dove la lingua più parlata è il messicano ma se un messicano prova a passare il confine gli tirano un colpo in testa e lo gettano in una fossa nel deserto. Dove se sei clandestino ti rispediscono in Messico e i tuoi figli restano a Los Angeles. In affido. E così ci sono cinquemila bimbi messicani che non rivedranno mai i genitori. Dove ci sono luoghi, come l'assurda, folle Beverly Hills, che rappresentano in modo plastico e definitivo l'1% che sta mandando a gambe all'aria il mondo. Veri e propri castelli circondati da statue e fontane, proprietà di sconosciuti principi del Dubai o superdivi di una Hollywood che non c'è più. Sì, perché Hollywood è in realtà un luogo che si chiama Burbank, dove poche grandi corporations gestiscono a pochi metri una dall'altra la più grande fabbrica di cultura mainstream del pianeta.


Così ti aggiri per queste strade infinite, tutte uguali, dove ordinatissimi sobborghi rincorrono quartieri più poveri abitati dai latinos, che diventano senza soluzione di continuità cittadine elegantissime, fatte di giardini perfette, palme e ville milionarie, e ti accorgi che l'unico senso qui è davvero il "fare i soldi", come Julian Kaye nella L.A. di American Gigolò. Il più velocemente possibile. In faccia alle centinaia, migliaia di homeless che si aggirano per le strade, ovunque ma soprattutto sulla sesta strada, proprio dietro ai grattacieli di Downtown. Trascinando carrelli con dentro vestiti e cartoni per ripararsi, quando scende la sera. Mai visto niente di simile.
E c'è sempre il sole, non è mai inverno, ma c'è nell'aria una sensazione strana, a volte angosciante, un Sunset Boulevard dei sogni plastificati: il lungo addio di Chandler, e poi Chiedi alla polvere di Fante, Black Dahlia di Ellroy. Ecco, a leggere questi libri forse capisci qualcosa di questa città, di questa terra. E forse hanno ragione, o forse no, proprio loro che si accampano reclamando un mondo diverso, una nuova frontiera, terrà e libertà. E che a breve verranno spazzati via.

venerdì 11 novembre 2011

California Repubblic

Tutto inizia con una bottiglia di Barolo Conterno Cascina Francia 2005. Forse perché Flori e Jim che mi ospitano sono dei pasdaran del nebbiolo?
E poi scoprire che la religione più diffusa in California è il Surf. Anche se poi la super sfida dell'anno, tipo finale di Champions League, la vince un ragazzino brasiliano. Che è come dire che gli USA vincono la Coppa del Mondo di calcio... Girare per enoteche, wine bar e ristoranti e trovare ovunque musica jazz ed il vino di Arianna Occhipinti. Scoprire che si elegge il Sindaco di San Francisco e ci sono seggi elettorali nei garage di private abitazioni. Mangiare la pizza più buona del mondo nella pizzeria di un tipo che pare una rock star.


Demolire i vini di Mondavi in una degustazione comparata. Imparare che la City Lights non è una libreria ma una comunità, e quanto cazzo è bello ascoltare Jimi Hendrix nella Monterey Bay sull'Oceano Pacifico. E le tende di Occupy Santa Cruz, un sacco di gente che adora il Verdicchio, il Golden Gate Bridge senza i mostri né gli alieni.
Scoprire che la bandiera della California celebra una repubblica nata da una rivoluzione del 1846 e che vi sono disegnati una stella rossa ed un orso grizzly.

martedì 1 novembre 2011

Il Grande Verdicchio - Parte Seconda

I grandi "vecchi" del Verdicchio alla Sagra dell'Uva di Cupramontana. (Video di Mauro Fermariello)


Umani Ronchi: Vecchie Vigne 2009 - Canestrari: Coroncino 2000 - Brunori: Le Gemme 1995 - Bonci: San Michele 1994 - Garofoli: Serra Fiorese 1994 - Fazi Battaglia: San Sisto 1993 - Colonnara: Cuprese 1991 - Crognaletti: San Lorenzo 1991 - Bucci: Villa Bucci 1988.