sabato 24 settembre 2011

24 settembre 1991

                                                            Fonte: Corriere della Sera

Sono passati vent'anni.
Io lo ascoltai per la prima volta nel gennaio del 1992, qualche mese dopo l'uscita in america, in una serata universitaria decisamente alcolica. Mi furono presentati come la rinascita rock, da gente "che ne sapeva". Non ci feci molto caso. Poi, però, MTV e Videomusic non smisero di mettere in rotazione il video di Smells like teen spirit per tutti i mesi successivi e chiunque dovette farci i conti. All'epoca, e in parte ancora oggi, preferivo altra musica. Per restare all'ambito grunge, certamente preferivo i Pearl Jam. Ma Nevermind fu un disco devastante e seminale, l'ultimo vero disco che ha cambiato la storia del rock. La grandezza del gruppo la scoprii dopo la morte di Cobain, ascoltando l'MTV Unplugged in New York dove i pezzi della band, spogliati della furia elettrica, mi apparvero nella loro cristallina grandezza pop.
Ma non è questo il punto.
Il vero punto sono quegli anni. Qunado le majors decidevano di investire per lanciare gruppi dell'underground diversissimi tra loro come Nirvana, come Countin' Crows, come Spin Doctors, come Smashing Pumpkins. Quando l'ambiente musicale faceva il paio con un ambiente sociale e culturale; quando la musica era vissuta ancora in relazione ad una idea di comunità reale e non virtuale; quando la politica era parte del discorso, non a caso esplodendo proprio a Seattle nel 1999 quella gioventù globale/locale che Nirvana e Pearl Jam avevano cristallizzato da tempo nelle loro canzoni.
Il rapporto fra controcultura e grandi mezzi economici, fra rock alternativo e mainstream musicale, fra ribellismo e istituzioni, fra tutto ciò che bolle nel mondo underground e ciò che appare in superficie: io credo che sia uno dei grandi problemi dell'oggi. Almeno per quanto concerne l'arte, la cultura, la politica. E ci metto anche il vino, tié!

Nessun commento: