Daniele, Pietro, Giovanni, Io, Brooke e Bruce. Siamo in dirittura d'arrivo.
Vino e territorio. Musica e cultura. Pensieri, sogni e visioni di un Homo Sapiens di campagna
martedì 5 ottobre 2010
sabato 25 settembre 2010
Una vendemmia attendista
Ci sono vendemmie muscolari e vendemmie cerebrali. Vendemmie in cui bisogna correre ed altre in cui si deve aspettare. Questa 2010 pare decisamente del secondo tipo. E' un settembre con notti fredde, una certa umidità e ondate di maltempo seguite da finestre di bel tempo. Il tutto dopo un agosto non particolarmente caldo. In un contesto simile il terroir conta il doppio: a San Michele l'uva vendemmiata ieri faceva 20° babo con 8,3 di acidità totale. A San Paolo siamo a 18° con un'acidità di poco inferiore. Stesso carico d'uva e 2 km in linea d'aria fra le due vigne.
Quel che si dice in giro a cupra è che gli zuccheri siano bassi. In effetti quel che ho visto finora sono gran basi spumanti, uva verde e grandi diluizioni.
Per quanto riguarda noi, siamo solo a un terzo di uva raccolta. Presto per dare un giudizio. Certamente dopo tre annate stracotte è quasi un piacere vedere un pò di muffe. Fatte le selezioni, ora è il tempo di attendere un pò.
Quel che si dice in giro a cupra è che gli zuccheri siano bassi. In effetti quel che ho visto finora sono gran basi spumanti, uva verde e grandi diluizioni.
Per quanto riguarda noi, siamo solo a un terzo di uva raccolta. Presto per dare un giudizio. Certamente dopo tre annate stracotte è quasi un piacere vedere un pò di muffe. Fatte le selezioni, ora è il tempo di attendere un pò.
venerdì 17 settembre 2010
2010
Qualcosa si è già cominciato a raccogliere. Siamo indietro, come previsto. Acidità alte, zuccheri ancora bassini, sul Verdicchio la media è intorno ai 17,5° babo. Una annata più stile 2005 che 2004. Per ora. Ma c'è ancora tempo. Ondate di sole e pioggia previste da qui fino ai primi di ottobre. Sono le annate che mi piacciono di più, basta non innervosirsi e fare le scelte giuste.
La settimana prossima via col Sangiovese. E poi si vedrà.
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domenica 12 settembre 2010
Formula 1
Che gran pilota Fernando Alonso. E quanto mi manca papà... L'ultima volta a Monza insieme è stato con Berger e Alesi in Ferrari. A lui piacevano i piloti veloci ma celebrali. Non i supereroi alla Senna o Hamilton ma piloti veloci, costanti e concreti come Lauda o Prost. E Alonso, appunto. Non l'ha potuto vedere in Ferrari ma so che lo aspettava. La giornata di oggi lo avrebbe esaltato.
mercoledì 8 settembre 2010
L'importanza di chiamarsi Barolo
Grande degustazione a La Distesa domenica scorsa. Protagonisti grandi vini, ma soprattutto grandi persone. Un pranzo allegro e spensierato a base di prosciutto nostrano e carni alla griglia. Un sole già autunnale ed una brezza piacevole. Ingredienti perfetti per un bel pomeriggio pre-vendemmia.
Cito solo le bottiglie migliori, fra le tante stappate: Champagne Blanc de Blanc Brut Nature Laherte Frère, nervoso, scattante e salato come il mare. Sancerre Alphonse Mellot La Moussiere 1995, fantastico nei toni evoluti di idrocarburo e miele, accompagnati da una bocca dinamica e dal finale eterno. Riesling Mosella Schieferterrassen Heymann-Lorvenstein 1999, con una dolcezza non banale ed un naso esplosivo di frutta esotica, agrumi, pietra. Barolo Domenico Clerico 1985, che dire? ci siamo commossi, soprattutto per la trama dei tannini. Marsala Vecchio Samperi Ventennale De Bartoli, intrigante ed affascinante viaggio tra profumi cui siamo sempre meno abituati.
Considerando che la sera prima l'amico Riccardo Vendrame mi ha fatto il gran regalo di stappare un Rinaldi Barolo Brunate 1989, direi che il week end si è contraddistinto soprattutto per un ritorno al Nebbiolo più importante. Impossibile non notare la classe superiore delle due bocce di Langa. Più elegante il Clerico, più ruvido e scalpitante il Rinaldi, ma entrambi incredibilmente austeri, equilibrati, autunnali, nei loro rimandi boschivi e terrosi. Confrontarsi con vini di questo livello fa capire perché, all'estero, chi capisce di vino identifica l'Italia soprattutto col Barolo.
Cito solo le bottiglie migliori, fra le tante stappate: Champagne Blanc de Blanc Brut Nature Laherte Frère, nervoso, scattante e salato come il mare. Sancerre Alphonse Mellot La Moussiere 1995, fantastico nei toni evoluti di idrocarburo e miele, accompagnati da una bocca dinamica e dal finale eterno. Riesling Mosella Schieferterrassen Heymann-Lorvenstein 1999, con una dolcezza non banale ed un naso esplosivo di frutta esotica, agrumi, pietra. Barolo Domenico Clerico 1985, che dire? ci siamo commossi, soprattutto per la trama dei tannini. Marsala Vecchio Samperi Ventennale De Bartoli, intrigante ed affascinante viaggio tra profumi cui siamo sempre meno abituati.
Considerando che la sera prima l'amico Riccardo Vendrame mi ha fatto il gran regalo di stappare un Rinaldi Barolo Brunate 1989, direi che il week end si è contraddistinto soprattutto per un ritorno al Nebbiolo più importante. Impossibile non notare la classe superiore delle due bocce di Langa. Più elegante il Clerico, più ruvido e scalpitante il Rinaldi, ma entrambi incredibilmente austeri, equilibrati, autunnali, nei loro rimandi boschivi e terrosi. Confrontarsi con vini di questo livello fa capire perché, all'estero, chi capisce di vino identifica l'Italia soprattutto col Barolo.
giovedì 2 settembre 2010
Aspettando la vendemmia 2010
Qualche millimetro di pioggia lo scorso fine settimana. Poi crollo delle temperature: ora di notte fa molto fresco (intorno ai 12 gradi) con escursioni giorno/notte molto interessanti per il profilo aromatico dei vini. Si sta delineando, insomma, il profilo di una bella annata.
In questo video è possibile avere un'idea dei vigneti in questo preciso momento:
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giovedì 26 agosto 2010
L'estate sta finendo...
...Un anno se ne va... Nel senso che il ciclo annuale della vite inizia la sua fase finale. Fatto già qualche campionamento. Apparentemente siamo un pò più indietro con le maturazioni rispetto agli ultimi 3 anni, complice una prima metà di agosto piuttosto fredda. In compenso ora fa molto molto caldo e non piove seriamente dal 21 di giugno. Il che non è mai una bella cosa, specie per l'aromaticità dei vini bianchi. Intanto si lava e si prepara la cantina. Incredibile come ogni anno questo momento arrivi così in fretta.
domenica 15 agosto 2010
Coincidenze
Adoro le coincidenze. Strani percorsi destinali che si intrecciano senza alcuna logica apparente.
Ieri è arrivata in agriturismo una famiglia di Milano per una settimana di ferie a La Distesa. Si parla per un pò. Scoprono che uno dei miei cani si chiama Bruce. "Come il cantante preferito del papà!" dice la mamma ai due piccoli più o meno dell'età di Giacomo e Giulia.
Si finisce a parlare col padre, allora. Classe 1972, come me. Primo Concerto: Torino, Stadio Comunale 11 giugno 1988, Bruce Springsteen&ESB. Come me. Ovviamente eravamo assieme, senza saperlo, ad una caterva di concerti di Bruce (fra cui un Nizza 1997). Ma anche al Palalido, 1994, per i Black Crowes. O al Castello di Villafranca, 1997, per un indimenticabile Bob Dylan.
Alla fine dopo tutte queste compresenze ci siamo incontrati davvero, dopo più di vent'anni, a parlare di Steve Earle. Davanti a una bottiglia di vino.
Il vino in questione era lo Stragaio 2006, Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva di Fattoria Coroncino. Un vino davvero Stra. Stramaturo, Stralegnoso, Stramorbido, Straalcolico. Un Verdicchione possente alla Lucio Canestrari. Da una grande annata. Forse non è più il mio stile, davvero buono però... E la bottiglia è rimasta vuota.
Per la cronaca: appena tornati dalla Tunisia per una breve - troppo - vacanza abbiamo trovato pioggia e 18 gradi. Bene così.
Ieri è arrivata in agriturismo una famiglia di Milano per una settimana di ferie a La Distesa. Si parla per un pò. Scoprono che uno dei miei cani si chiama Bruce. "Come il cantante preferito del papà!" dice la mamma ai due piccoli più o meno dell'età di Giacomo e Giulia.
Si finisce a parlare col padre, allora. Classe 1972, come me. Primo Concerto: Torino, Stadio Comunale 11 giugno 1988, Bruce Springsteen&ESB. Come me. Ovviamente eravamo assieme, senza saperlo, ad una caterva di concerti di Bruce (fra cui un Nizza 1997). Ma anche al Palalido, 1994, per i Black Crowes. O al Castello di Villafranca, 1997, per un indimenticabile Bob Dylan.
Alla fine dopo tutte queste compresenze ci siamo incontrati davvero, dopo più di vent'anni, a parlare di Steve Earle. Davanti a una bottiglia di vino.
Il vino in questione era lo Stragaio 2006, Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva di Fattoria Coroncino. Un vino davvero Stra. Stramaturo, Stralegnoso, Stramorbido, Straalcolico. Un Verdicchione possente alla Lucio Canestrari. Da una grande annata. Forse non è più il mio stile, davvero buono però... E la bottiglia è rimasta vuota.
Per la cronaca: appena tornati dalla Tunisia per una breve - troppo - vacanza abbiamo trovato pioggia e 18 gradi. Bene così.
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mercoledì 4 agosto 2010
Tu vò fà l'americano... mericano...
Un paio di mesi fa il mio importatore americano mi ha segnalato che si parlava de Gli Eremi 2006 sul Wall Street Journal. Vengo così a sapere che in un ottimo ristorante di New York City (marea), di fronte a Central Park in pieno centro Manhattan, a uno dei redattori della celebre rivista economica americana è stata servita la mia riserva di verdicchio.
Queste le sue note: "The wine was the 2006 Gli Eremi Verdicchio di Jesi Classico Riserva from La Distesa. “I’ve never heard of it before,” I said to Richard. “No one has,” he replied, adding that it was a tiny-production Verdicchio from a small but highly-regarded estate. It’s rich but possessed of a firm minerally note, said Richard, like a Cru Chablis. I was happy to follow his lead.
The Gli Eremi was as Richard had described it: unctuously rich yet tempered by a bright and penetrating minerality that was, indeed, an echo of a Grand Cru Chablis. And most importantly, it complemented our food — even the intensely-flavored fusilli with grilled octopus in a red wine sauce that my friend ordered. I want to go back to Marea right away — to drink another bottle and to eat more of chef Michael White’s fabulous pastas. But time is tight; according to Francesco, the six cases they ordered is just one..."
Che dire? Il Wall Street Journal non è propriamente uno dei miei riferimenti ideologici, però il paragone con un Grand Crus di Chablis per un bianchista non può che far piacere, no?
Queste le sue note: "The wine was the 2006 Gli Eremi Verdicchio di Jesi Classico Riserva from La Distesa. “I’ve never heard of it before,” I said to Richard. “No one has,” he replied, adding that it was a tiny-production Verdicchio from a small but highly-regarded estate. It’s rich but possessed of a firm minerally note, said Richard, like a Cru Chablis. I was happy to follow his lead.
The Gli Eremi was as Richard had described it: unctuously rich yet tempered by a bright and penetrating minerality that was, indeed, an echo of a Grand Cru Chablis. And most importantly, it complemented our food — even the intensely-flavored fusilli with grilled octopus in a red wine sauce that my friend ordered. I want to go back to Marea right away — to drink another bottle and to eat more of chef Michael White’s fabulous pastas. But time is tight; according to Francesco, the six cases they ordered is just one..."
Che dire? Il Wall Street Journal non è propriamente uno dei miei riferimenti ideologici, però il paragone con un Grand Crus di Chablis per un bianchista non può che far piacere, no?
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venerdì 30 luglio 2010
Pordenone, Europa.
E' stato fatto semplicemente quello che andava fatto: eliminare una coltura illegale. Esattamente come i governi di tutto il mondo provano a fare con la coca in sudamerica, i papaveri in asia e la canapa nel nordafrica. Eppure è dovuta intervenire Greenpeace, che un'istituzione non è, per arare gli ettari di mais transgenico piantati illegalmente in Provincia di Pordenone.
Teniamo gli occhi aperti. In Europa si sta lentamente sfaldando il fronte anti-ogm e c'è bisogno più che mai di attenzione ed opposizione sociale. Con la scusa delle sperimentazioni e delle contaminazioni accidentali potremmo davvero avere presto a che fare con situazioni come questa.
giovedì 22 luglio 2010
Crosby,Stills&Nash
Ci sono band che davvero hanno fatto la Storia della musica. CS&N è sicuramente una di queste, a maggior ragione con l'aggiunta di Young. Il primo "supergruppo" della storia del rock con elementi provenienti dai Byrds (Crosby), Buffalo Springfield (Stills) e Hollies (Nash), per fare una summa degli anni sessanta e dirigersi verso il decennio post Woodstock.
Lunedì scorso mi son fatto lo sbattone per andare a Roma, nello splendido Auditorium Parco della Musica, per ascoltarli. Un concerto davvero strano, contraddittorio. Eppure bisognava esserci. Assolutamente.
Perché strano? Perché non siamo più abituati ad un certo modo di suonare e di porsi sul palcoscenico. Ho avuto davvero in certi momenti la sensazione netta, davvero paradossale per chi ha sentito dal vivo quasi tutti i mostri sacri del rock, di essere catapultato in un'altra epoca. Mi spiego: non è che Dylan o Springsteen o i Rolling Stones suonino così "moderni". Ma certamente il loro sound, il loro modo di stare sul palco, il timing di certi pezzi, il repertorio, l'immagine complessiva che viene dal palco, hanno avuto un'evoluzione nel tempo. Nel concerto dell'altra sera, invece, è stato come se ci avessero fatto viaggiare con la macchina del tempo per arrivare lì, negli anni sessanta. Con l'unica differenza di uno Stills in pessime condizioni fisiche e di un Crosby totalmente immobile, pareva davvero d'essere nella west coast in quegli anni, nel bene e nel male.
Così quando arrivano Behind blue eyes (Who) e Almost cut my hair (capolavoro totale di Deja vù) capisco definitivamente cosa cazzo sono stati quegli anni per la cultura pop.
Lunedì scorso mi son fatto lo sbattone per andare a Roma, nello splendido Auditorium Parco della Musica, per ascoltarli. Un concerto davvero strano, contraddittorio. Eppure bisognava esserci. Assolutamente.
Un batterista che suona costantemente dopo il beat (a differenza di oggi dove suonano tutti ben prima); suoni analogici bellissimi e nitidi ma un un modo di suonare tremendamente sporco; una sezione ritmica appena presente e sempre in appoggio; armonie vocali davvero extra-terrestri e psichedeliche; un approccio sul palco easy e lontanissimo da ogni divismo del rock anni '70 e '80 o dalle pose di qualunque ragazzetto indie di oggi; un volume della chitarra solista davvero spaventoso.
Tutto quanto lontano anni luce da un live odierno.
Bene. Il fatto è che dopo essersi abituati, e dopo qualche minuto di riscaldamento, ma l'età è quella che è, è arrivata anche la magia. Gemme come Long time gone, Marrakesh Express, Long may you run, Deja vù. E poi, soprattutto, il set acustico con le rivisitazioni di Norwegian Wood (Beatles), Girl from the North country (Dylan) e Ruby Tuesday (Stones in versione da brividi). Giusto, così, a ribadire il tono della serata.
Stills fa davvero fatica e qua e là piazza qualche sbavatura, però il suono delle sue chitarre è magnifico ed è il vero collante del gruppo. Nash è in forma smagliante, a piedi nudi su tappeti freak, è l'unico a parlare ed a muoversi sul palco. Crosby è sostanzialmente immobile, in postura da grande saggio, ma ha una voce pazzesca che il tempo non ha né scalfito né indebolito.Così quando arrivano Behind blue eyes (Who) e Almost cut my hair (capolavoro totale di Deja vù) capisco definitivamente cosa cazzo sono stati quegli anni per la cultura pop.
lunedì 19 luglio 2010
Pietre colorate
E' da poco uscito il nuovo numero di Pietre Colorate . Si tratta di una nuova pubblicazione che parla di vino. Anzi: di terra, radici e mani. Io ve lo consiglio. Non perché mi sia stato chiesto di scrivere l'editoriale di questo numero. Ma perché è una bella rivista. Bella la carta, belle le foto, bella la grafica. C'è bisogno, con tutta la grettezza e la bruttezza che ci circonda, di tornare alle cose belle. Belle nel senso lato che c'è nella purezza, nell'idealismo, nella diversità. Nella competenza. Ecco, in questa rivista c'è l'approccio all'agricoltura che più mi piace, quello che fa rima con cultura, quello che lascia parlare i sentimenti più che i duecentosettansei descrittori organolettici di un vecchio Borgogna.
venerdì 16 luglio 2010
Altai
Bello, bello, bello. L'ultimo libro del collettivo Wu Ming (quelli di Q, 54, Manituana).
I grandi bivi della Storia. Le scelte ed i sogni dei perdenti. Il nostro mondo che affiora in trasparenza dentro altri luoghi ed altri tempi. Libri, cultura, scienza e la loro influenza sulle civiltà umane. Ritmo, ritmo e ancora ritmo. Tutto ciò è Altai. Dal nome di una razza di falchi da caccia.
I grandi bivi della Storia. Le scelte ed i sogni dei perdenti. Il nostro mondo che affiora in trasparenza dentro altri luoghi ed altri tempi. Libri, cultura, scienza e la loro influenza sulle civiltà umane. Ritmo, ritmo e ancora ritmo. Tutto ciò è Altai. Dal nome di una razza di falchi da caccia.
mercoledì 7 luglio 2010
Voglia di vini beverini e rock'n'roll
Finalmente l'estate. Ci voleva proprio. Lino sulla pelle e vini freschi nei bicchieri. Gli ultimi: André Vatan Sancerre Rosé 2008, Domaine Labet Jura Savagnin 2002, Ettore Sammarco Ravello costa d'Amalfi rosso 2004, Jean Foillard Morgon Cote du Py 2007. Ovviamente uso i termini "beverino" e "fresco" in senso molto allargato e positivo: si tratta infatti di vini eccellenti, accomunati da una impressionante facilità di beva e di abbinamento.
Estate: sete di vini freschi, magari di qualche buona birra. E rock'n'roll. Nel senso più antico del termine: festival, sudori mischiati, caldo, batterie feroci, danze e salti. Come ieri sera a Mestre al Parco San Giuliano per l'ultima sera dell'Heineken Jammin' Festival: Gomez, Gossip, Skunk Anansie, Ben Harper e Pearl Jam il menù della serata, assieme a sole feroce ed una spruzzata di pioggia per non farsi mancare nulla. Sui Pearl Jam non dico altro se non quello che sostengo oramai da molti anni: sono il Live Act Rock migliore in circolazione in questo momento. Fantastici anche ieri sera con un set veramente duro e compattissimo. Mi ha però veramente impressionato il concerto di Ben Harper con la nuova band. Meraviglioso. Con Heartbreaker di ledzeppelinana memoria e Red House ad omaggiare Hendrix. Minchia, ci voleva!
E poi...
Estate: sete di vini freschi, magari di qualche buona birra. E rock'n'roll. Nel senso più antico del termine: festival, sudori mischiati, caldo, batterie feroci, danze e salti. Come ieri sera a Mestre al Parco San Giuliano per l'ultima sera dell'Heineken Jammin' Festival: Gomez, Gossip, Skunk Anansie, Ben Harper e Pearl Jam il menù della serata, assieme a sole feroce ed una spruzzata di pioggia per non farsi mancare nulla. Sui Pearl Jam non dico altro se non quello che sostengo oramai da molti anni: sono il Live Act Rock migliore in circolazione in questo momento. Fantastici anche ieri sera con un set veramente duro e compattissimo. Mi ha però veramente impressionato il concerto di Ben Harper con la nuova band. Meraviglioso. Con Heartbreaker di ledzeppelinana memoria e Red House ad omaggiare Hendrix. Minchia, ci voleva!
E poi...
venerdì 2 luglio 2010
Diamante pazzo
Ieri notte si tornava in auto da Ancona verso casa. A un certo punto dall'autoradio, sintonizzata su Virgin Radio, si diffondono le inconfondibili note della chitarra di David Gilmour.
C'era un locale nell'isola di Ios dove Massi, Paolo ed io iniziavamo la serata. Era gestito da un pazzo inglese capellone e rockettaro che apriva il suo locale verso le 22.30 ed attaccava la programmazione musicale tutte le sante sere con Shine on you crazy diamond ad un volume sconsiderato. E noi tutte le sere ce ne stavamo al bancone a spararci qualche ciupito di tequila, così tanto per iniziare la serata. Era il 1995, cazzo.
Allora ieri notte ho alzato l'autoradio a palla, ho pigiato sull'acceleratore e mi son goduto l'aria finalmente estiva che entrava dal finestrino.
C'era un locale nell'isola di Ios dove Massi, Paolo ed io iniziavamo la serata. Era gestito da un pazzo inglese capellone e rockettaro che apriva il suo locale verso le 22.30 ed attaccava la programmazione musicale tutte le sante sere con Shine on you crazy diamond ad un volume sconsiderato. E noi tutte le sere ce ne stavamo al bancone a spararci qualche ciupito di tequila, così tanto per iniziare la serata. Era il 1995, cazzo.
Allora ieri notte ho alzato l'autoradio a palla, ho pigiato sull'acceleratore e mi son goduto l'aria finalmente estiva che entrava dal finestrino.
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