martedì 15 novembre 2011

American psycho

E dopo il sogno l'incubo. Una città tentacolare, gigantesca, mostruosa, affascinante. Dove c'è sempre il sole ma non c'è un pannello solare. Dove l'acqua per dieci milioni di abitanti viene pompata dal fiume Colorado, perché di acqua nel sud del California non ce n'è. Dove la lingua più parlata è il messicano ma se un messicano prova a passare il confine gli tirano un colpo in testa e lo gettano in una fossa nel deserto. Dove se sei clandestino ti rispediscono in Messico e i tuoi figli restano a Los Angeles. In affido. E così ci sono cinquemila bimbi messicani che non rivedranno mai i genitori. Dove ci sono luoghi, come l'assurda, folle Beverly Hills, che rappresentano in modo plastico e definitivo l'1% che sta mandando a gambe all'aria il mondo. Veri e propri castelli circondati da statue e fontane, proprietà di sconosciuti principi del Dubai o superdivi di una Hollywood che non c'è più. Sì, perché Hollywood è in realtà un luogo che si chiama Burbank, dove poche grandi corporations gestiscono a pochi metri una dall'altra la più grande fabbrica di cultura mainstream del pianeta.


Così ti aggiri per queste strade infinite, tutte uguali, dove ordinatissimi sobborghi rincorrono quartieri più poveri abitati dai latinos, che diventano senza soluzione di continuità cittadine elegantissime, fatte di giardini perfette, palme e ville milionarie, e ti accorgi che l'unico senso qui è davvero il "fare i soldi", come Julian Kaye nella L.A. di American Gigolò. Il più velocemente possibile. In faccia alle centinaia, migliaia di homeless che si aggirano per le strade, ovunque ma soprattutto sulla sesta strada, proprio dietro ai grattacieli di Downtown. Trascinando carrelli con dentro vestiti e cartoni per ripararsi, quando scende la sera. Mai visto niente di simile.
E c'è sempre il sole, non è mai inverno, ma c'è nell'aria una sensazione strana, a volte angosciante, un Sunset Boulevard dei sogni plastificati: il lungo addio di Chandler, e poi Chiedi alla polvere di Fante, Black Dahlia di Ellroy. Ecco, a leggere questi libri forse capisci qualcosa di questa città, di questa terra. E forse hanno ragione, o forse no, proprio loro che si accampano reclamando un mondo diverso, una nuova frontiera, terrà e libertà. E che a breve verranno spazzati via.

1 commento:

Corrado Dottori ha detto...

Appunto, spazzati via: http://www.repubblica.it/esteri/2011/11/30/news/sgomberata_occupy_los_angeles-25857097/?ref=HREC1-5