giovedì 18 febbraio 2010

Con le mani pulite

Diciotto anni fa partiva l'inchiesta "mani pulite". Avevo vent'anni e già avevo fatto un pò di politica al liceo, seppure come sempre da bastian contrario ed indipendente. Quel periodo, il primo di mani pulite, fu centrale per la mia formazione e per quella di una generazione che non poteva avere più gli stessi riferimenti di quella immediatamente precedente, non fosse altro perché era caduto il muro di Berlino. I Borrelli, i Davigo, i Di Pietro a Milano, così come i Falcone ed i Borsellino a Palermo, divennero allora delle importanti figure cui aggrapparsi in un periodo di crisi dei partiti, dell'intero sistema della Prima Repubblica e di un'economia in forte recessione per la prima volta dopo i gloriosi anni ottanta.
Ricordo alcune giornate passate fuori dal palazzo di giustizia a manifestare. Compagni di viaggio tra i più diversi: missini, leghisti della prima ora, vetero comunisti, tutti insieme a certificare il crollo di un sistema diffuso e sopportato fin tanto che l'economia poteva reggere la "tassa implicita" che era prevista secondo gli usi del tempo.
Poi, crollato in modo nemmeno molto elegante il Palazzo, vennero le stragi di mafia, venne l'epoca del tutti contro tutti e del fuggi fuggi generale, l'inchiesta "mani pulite" subì una ovvia involuzione, ci fu l'avvento di Berlusconi, alla famigerata "soluzione politica" si mise, volontariamente, una bella pietra sopra. E tutto ricominciò lentamente come prima. Diversi gli attori. Medesima l'attitudine degli imprenditori e della politica a colludere a danno dei cittadini.
Dopo quasi vent'anni, e nel pieno di una nuova recessione, evidentemente il peso della "tassa" chiamata tangente si fa nuovamente sentire se è vero, come è vero, che ricominciano le denunce da parte degli imprenditori. A Milano così come altrove amministratori pubblici vengono beccati in flagranza di reato come se nulla fosse cambiato rispetto a vent'anni fa.
L'inchiesta di Firenze, quella sul sistema della Protezione civile, mostra il lato più orrendo e decadente di questo nostro paese senza futuro. Fatto di donne oggetto prestate agli uomini in cambio di favori, di appalti pilotati, di cricche politico-affaristiche in grado di fare il bello ed il cattivo tempo su ogni "grande evento", di una informazione sempre più al servizio del potere. Il quotidiano voltastomaco di un cittadino normale che lavora con le mani pulite, sporcate nel mio caso dalla terra e dai tannini del vino, si trasforma in cinismo, in nichilismo di fronte alla impossibilità di qualsiasi riforma, di qualunque cambiamento. Il quadro che emerge è quello della solita italietta dei furbi. L'Italia del favore, della clientela, della raccomandazione. Dove ciò che soccombe sono il mercato, il merito e la fiducia dei cittadini onesti in un futuro migliore. Nel frattempo gli stipendi arrancano, i disoccupati aumentano, il debito pubblico sale e dal vocabolario della sinistra è sparita una parola che per tanto tempo ha dato un senso all'agire politico: rivoluzione.

5 commenti:

GIOVANNI SCARFONE ha detto...

Concordo con quanto da te scritto. Viviamo in un Paese dove meritocrazia, coraggio, voglia di lavorare, come dici tu, anche sporcandosi le mani di terra e tannini, non sono tutelati.
Anzi il sistema burocrate ottuso e dannoso fa di tutto per renderci ancora più difficile la nostra avventura di vita.
Un solo appunto: gli attori, in molti casi, sono gli stessi di 18 anni fa!

Corrado Dottori ha detto...

Ciao Giovanni e grazie della visita. Ci vediamo a Piacenza, no?

GIOVANNI SCARFONE ha detto...

Ciao Corrado. Si ci rivedremo a Piacenza! a presto.

Michele ha detto...

Rivoluzione?
Se penso a mio padre, militante per una vita nel PCI, ora "condannato" a convincersi che questo sia l'unico presente (ovvero l'unica sinistra) possibile, mi vengono i brividi...
Rivoluzione?
Magari...anche se credo non avrei la sua approvazione.
E se penso a quando lui andava in piazza con una bandiera, una speranza, un'idea di futuro, la certezza che non approverebbe mi fa ancora più incazzare.....

Corrado Dottori ha detto...

Ciao Michele e grazie della tua testimonianza. La storia del PCI, in effetti, è stata contraddistinta dalla "rivoluzione mancata". Forse è stato un bene, forse no. Ma a sentir parlare oggi di "riformismo", con quello che succede, a me viene l'urticaria...