giovedì 27 settembre 2007

La riforma OCM vino


Mi è arrivata di recente una mail dalla rivista Merum di Andreas Marz che sviluppa una critica importante al progetto della Commissione Europea sul settore vitivinicolo. E' un tema importante. Cito direttamente la fonte: "La nuova Organizzazione Comune dei Mercati nel settore vitivinicolo (OCM) vuole drasticamente cambiare il mondo del vino europeo. Il fatto più grave è sicuramente l’intenzione di distruggere 200.000 ettari di vigna tramite un programma di estirpazione nel quale i "produttori meno competitivi sarebbero fortemente incentivati a vendere i loro diritti". Tutti sappiamo che spesso i vigneti meno competitivi sono non solo qualitativamente, ma anche culturalmente, socialmente ed ecologicamente i più preziosi. Basta pensare ai vigneti in zone di collina poco fertili o quelli situati in zone montane, costiere ed insulari. Secondo Merum il legislatore NON dovrebbe occuparsi della regolamentazione del mercato del vino. La Commissione Europea dovrebbe quindi abbandonare ogni iniziativa che mira alla regolamentazione del potenziale di produzione ed ogni forma di sostegno del mercato. La Commissione si dovrebbe invece far carico della tutela e del sostegno dell’agricoltura socialmente, culturalmente ed ambientalmente utile e delle denominazioni di origine. Tra altre novità inquietanti, la nuova OCM porterà anche ad una liberalizzazione delle pratiche enologiche. Le regole che disciplinano il lavoro del cantiniere presto saranno le stesse in tutto il mondo. I trucioli sono solo il simbolo per una enologia intesa come un processo industriale qualsiasi. I legislatori intendono il "vino" sempre più come bevanda industriale e sempre meno come prodotto agri-culturale. Con queste innovazioni il legislatore vuole assicurare competitività ai prodotti europei sul mercato globale. Sarà forse così per i vini di massa, ma per i vini tradizionali, delle zone storiche e per i piccoli e medi produttori, questa apertura a metodi finora illegali è un disastro. I vini classici non si rendono competitivi abbassando i costi di produzione, ma incrementando la loro qualità intesa come tipicità ed autenticità. Ed è proprio l’immagine dell’autenticità e della genuinità che per colpa della liberalizzazione dei metodi enologici viene danneggiata". E' una posizione che era stata sviluppata anche all'interno della Associazione Agricoltori Critici e, dunque, del circuito di aziende aderenti a Critical Wine: in proposito vi era stata anche una manifestazione in Marzo di fronte a Montecitorio e da tempo circola un appello che si può trovare qui.
Merum propone una strada: "La redazione di Merum è convinta che il processo della globalizzazione-banalizzazione del vino di massa sia irreversibile. Lo sì può forse rallentare, ma non è possibile fermarlo. Per salvare la cultura tradizionale europea del vino e per difendere i produttori artigianali servono quindi delle distinzioni, un confine tra "vino" e VINO, tra bevanda industriale e vino nel senso tradizionale della parola".
Il problema, a mio avviso, nasce quando si deve tracciare la linea di questo confine. L'idea della Charta Merum, un patto tra i produttori artigianali e i consumatori critici ed attenti, è molto interessante e va nella direzione già tracciata in qualche modo anni fa da Luigi Veronelli e da Critical Wine. "Per colpa del fatto che oggi quasi tutto è permesso, ma quasi niente deve essere dichiarato in etichetta, il consumatore non ha una vera possibilità di scelta. Perché non ha mezzi a disposizione che gli permettono di distinguere una bottiglia di vino nel più nobile senso della parola da una "bevanda a base di uva". La Charta Merum vuole essere un rimedio per la crescente mancanza di trasparenza e rinforzare la fiducia del consumatore nel vino".
Ma il fatto è che, nel proporre tale carta, altro non si fa se non creare un nuovo disciplinare, introdurre nuove regole, fissare limiti che lo stesso Andreas Marz definisce "arbitrari", soggettivi. In questo modo il consumatore da una parte trova la mancanza di trasparenza dei vini industriali, dall'altra una selva di regole o metodi diversi per vini naturali (si pensi alla tripla AAA dei biodinamici) che non possono che nuovamente confondere le acque.
E se l'unica strada, invece, fossero le autocertificazioni? La comunicazione, cioé, diretta del vignaiolo al consumatore dei metodi, delle pratiche e dei prodotti chimici utilizzati? La costruzione di un patto fiduciario senza l'obbligo di dover rientrare entro limiti predefiniti e arbitrari? Insomma, non avevano ragione Veronelli e le teste pensanti di Critical Wine nel proporre qualcosa di realmente libertario in grado di promuovere la responsabilità diretta e l'auto-gestione più che la solita sfilza di regolamenti e discipline?

mercoledì 19 settembre 2007

WWoofers

Quando un mio collega vignaiolo mi aveva parlato della associazione WOOF mi ero subito incuriosito. E' una associazione internazionale che mette in contatto aziende biologiche di tutto il mondo con persone appassionate di agricoltura ed ambiente. I turisti soggiornano nelle aziende, danno una mano attivamente per un certo ammontare di ore concordato, imparano tecniche di coltivazione e di trasformazione e ricevono, in cambio, vitto, alloggio e un supporto logistico per visitare i territori circostanti e conoscere un pò la vita locale. Mi era piaciuta l'idea di coniugare le esigenze delle piccole aziende agricole, sempre in cerca di un aiuto ma impossibilitate per dimensioni ad assumere dipendenti, e quelle di turisti e viaggiatori interessati alla sostenibilità, all'ecologia, all'agricoltura. Mi sono iscritto. E subito sono arrivate molte richieste di ospitalità. Questa vendemmia, quindi, sarà anche nel segno di Krista e Lauri, dalla Finlandia, Jenny e Elliot, dagli Stati Uniti, che mi stanno aiutando cercando di districarsi fra selezioni, vitigni, lieviti indigeni, cicli di pressatura, travasi e rimontaggi. Così, è stato molto bello ieri sera cenare a base di cucina messicana preparata da ragazzi finlandesi e americani nel centro delle Marche: è una idea di globalizzazione che mi piace, quella del confronto culturale, dello scambio di esperienze, del confronto di idee. Di risorse umane in movimento, di cittadinanza universale, di relazioni sociali che fuoriescono dal semplice scambio economico. Una idea che contrasta la globalizzazione delle multinazionali e delle finanziarie. Ma questa è un'altra storia. O forse no.

domenica 9 settembre 2007

Vendemmia 2007 - Parte seconda

Mettetevi nei panni di vigneti che non hanno avuto acqua per tutto l'inverno e la primavera. Che hanno avuto temperature con punte di 42° gradi nel mese di Luglio e 38° a fine agosto. Con shock termici per cui la prima settimana di settembre si sono toccati i 10°. Sareste un pò incazzati? Io sì. Infatti non me la prendo per questa vendemmia strana. Difficile. Squilibrata. L'uva è sanissima, ovviamente, guardando a muffe e marciumi. Questo, generalmente è uno dei problemi del Verdicchio. Ma all'interno dello stesso vigneto la variabilità nella qualità dei grappoli è altissima, perché in alcuni punti l'uva è scottata e quasi appassita, in altri punti la buccia è spessa e il vinaciolo enorme e ancora verdastro, in altri punti è strepitosa. Questo costringe a fare selezioni ancora più estreme del solito, ma anche a dover riprogrammare continuamente la raccolta. Si pensi che fra un vigneto con esposizione sud e terreno molto duro e calcareo ed un vigneto con esposizione est e terreno più sciolto ci passano almeno 3° babo di differenza. In generale il colore dei mosti è molto scuro e ciò sarà un problema per chi vinifica in modo naturale, ne risulteranno forzatamente vini molto dorati. Per ora le analisi sulla prima parte di uva destinata a Gli Eremi recitano 20,25° gradi babo e 7,50 di acidità totale. Non è male. Incrociamo le dita. Si prosegue a oltranza.

venerdì 31 agosto 2007

Vendemmia 2007

Il sangiovese mi era capitato di vendemmiarlo d'agosto solo nel 2003. Quest'anno è già in fermentazione da quasi una settimana. La vendemmia 2007 può dirsi ufficialmente iniziata anche per il sottoscritto. Lunedì credo che si comincerà a togliere qualche grappolo di Verdicchio. Le acidità si stanno abbassando parecchio, il che non mi piace affatto. In particolare, le varie ondate di calore estremo hanno bruciato parecchio acido malico, motivo in più per anticipare ulteriormente un primo passaggio in vigneto.
Nel frattempo non posso che sottolineare la scarsissima produzione di Sangiovese (circa la metà rispetto alla media), un pò a causa della vendemmia effettuata da simpatici stormi di uccelli predatori, un pò per una potatura diciamo "aggressiva" da parte mia, un pò per la stagione secca che ha prodotto grappoli quasi sempre sottopeso, quasi anoressici. Il colore, però sembra molto bello e stabile, così come i tannini che non mi sembrano verdi come temevo. Ma è ancora presto per qualunque valutazione.

venerdì 24 agosto 2007

Alcuni vini che mi sono piaciuti

Ricordo con piacere alcuni vini bevuti ultimamente, in allegra compagnia. Ve li presento così come me li ricordo, perché non è che mi metta spesso seduto di fronte a un vino con Moleskine e penna. Il più delle volte, di fronte, ho una tavola apparecchiata e in testa ben poche pippe mentali.
Fra i molti bianchi bevuti quest'estate ricordo il Riesling Trocken Quarzit 2005 di Peter Jakob Kuhn, regalatomi da un gentile visitatore tedesco amante dei vini naturali. E' un riesling stupendo per la sua acidità diretta e senza compromessi, per quella pietra che ti si deposita sulla lingua quando deglutisci, per quella sensazione di pulizia e freschezza che ti lascia come dissetato, dopo che hai attraversato il deserto. Io amo questi bianchi che profumano di gioia e non ti annoiano mai. Mentre ascolti Hallelujah di Jeff Buckley.
E poi il Franciacorta Rosé di Barone Pizzini è stata una piacevole sorpresa, fin dal colore, fin dal perlage. Un vino non troppo complicato ma fine, una bella canzone pop, dalla melodia intrigante. Tipo James Taylor.
Altrettanto fresco e fine il Tavel Beaurevoir rosé di Chapoutier, da questa denominazione del sud del Francia unicamente deputata al vino rosato. Qui, però, ricordo anche una notevole struttura ed una cremosità da vitigno rosso importante. Lievi sfumature di fiori appassiti e di umido sottobosco. Da abbinare a un pezzo dei Coldplay, tipo The scientist.
Stupendo il Morgon 2006 di Marcel Lapierre, scambiato alla fiera dei vini naturali di Asti e che spero di ritrovare a Fornovo. Valeria se n'è bevuto mezza bottiglia, il che non succede spesso. E depone a favore di questo capolavoro di naturalezza proveniente dal Beaujoulais, dai fragranti sentori di rosa, lavanda, prati bagnati. Che ti fanno pensare all'inizio dell'estate, già lontana, e a un disco qualunque di Stefano Bollani.
Due giorni fa, invece, ho stappato il Pinot nero del mio amico Kurt Rottensteiner nella versione 2002. Assolutamente perfetto. Pulito, minerale, quasi salato e al tempo stesso godibilissimo per i profumi netti di fragola di bosco e ribes e mora. Sebbene, ben nascosta, si sentisse anche una nota complessa, quasi affumicata, che ritrovo spesso nei Pinot nero di Kurt e me li fanno amare. Un che di psichedelico. Diciamo Lucy in the sky with diamonds dei Beatles così festeggio anch'io il quarantesimo di Sgt. Peppers.
Concludo con la migliore grigliate dell'estate. Con Alessandro Fenino, di cui ho proditoriamente sfruttato l'immagine nel post sui vini naturali, ci siamo grigliati due belle bisteccone di pura razza marchigiana in una bella, scintillante, serata di giugno. Abbiamo bevuto il Chianti Riserva 2004 di Pietro Majnoni Giucciardini. A parte che l'abbinamento non poteva azzecarlo migliore nemmeno il migliore dei sommeliers professionisti, ma quel vino lì ci ha proprio fatto godere. Sapeva semplicemente di Toscana, di Sangiovese, di classicità, di autenticità. Che cosa aggiungere? Gimme shelter nella versione fatta da Patti Smith al San Severino Blues Festival: inutile dire che Alessandro ed io c'eravamo ed abbiamo goduto.

domenica 19 agosto 2007

Rassegna Musica Distesa


Sono passati due mesi. E già mi mancano il casino, l'adrenalina, la buona musica, il vino bevuto a larghe sorsate in ottima compagnia, i tuffi in piscina in piena notte, gli abbracci, la luna che tramontava lenta sulle note dei musicisti illuminati dalle candele, i balli e le grida e le salamelle finite anzitempo.
Mi è sempre piaciuto pensare che produrre della buona musica e fare un buon vino siano operazioni che hanno molto in comune. Allo stesso modo credo che il mondo "discografico" e il mondo dell'"enogastronomia" abbiano molte somiglianze. A partire da un mercato sempre più difficile, da una divisione insanabile fra industria mainstream e artigianato indipendente, da una critica sempre meno veritiera e sempre più piegata alle mode ed alle convenzioni. Una delle idee di Musica Distesa, quindi, è quella di mettere in relazione queste due realtà similari. La cultura materiale rappresentata dal vino e dal cibo con la spiritualità della musica. Tutto nel contesto di una forma calda di ospitalità rurale, tipica dell'agriturismo. Spero che nel tempo si sappia crescere e migliorare per arrivare a presentare una rassegna che abbia una identità unica e irripetibile. Spero che l'associazione Cupramontana Accoglie abbia ancora voglia di organizzare l'evento, che mio fratello riesca a trovare il tempo di selezionare artisti bravi e poco conosciuti, che si riescano a trovare finanziamenti in grado di sostenere questa iniziativa.
Per ora posso solo ricordare che sabato 23 giugno, sdraiato sul prato mentre i bravissimi Annie Hall da Brescia riempivano l'aria di psichedelia dilatata e leggera, sorseggiavo del buon Verdicchio ghiacciato e pensavo che c'era proprio una bella atmosfera, quell'atmosfera che avevo in mente quando ancora sognavo La Distesa, agli inizi di questa avventura. E' stato anche un bel modo - per Valeria e per me - di festeggiare il nostro sesto anniversario di matrimonio.

martedì 14 agosto 2007

Sul vino naturale

«Colgo l’occasione per mettere in guardia i consumatori dal bere vini senza solforosa, perché il vino potrebbe non avere tenuta microbiologica o, ancora peggio, contenere elementi sostitutivi, non ammessi dalla legge e nocivi». Riccardo Cotarella (da un’intervista radiofonica).
E' una breve citazione dall'ultimo numero di Porthos. L'uomo la cui firma vale il successo sui mercati USA, il Michell Rolland de' noantri, l'uomo che ha inondato l'Italia di Merlot, si schiera apertamente contro il vino naturale. E non poteva essere altrimenti. Dopotutto difende una categoria. Ma il fatto che Cotarella si sia esposto pubblicamente significa che "l'enologia italiana" si è accorta che qualcosa sta cambiando, sulla scia di una domanda sempre più diffusa: l'enologia deve essere per forza solo ed esclusivamente utilizzo smodato di prodotti chimici? O può essere, invece, come molti grandi vini dimostrano, ottimizzazione di variabili e sostanze naturalmente presenti nell'uva e incentivo a pratiche agronomiche e di cantina sempre migliori ed efficienti?
Io sono arrivato al vino naturale lentamente. Per sottrazione. Eliminando anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia, quasi tutti quei coadiuvanti più o meno invasivi che stanno ormai alla base della totalità dei vini in commercio. E' stata una scelta coerente con l'idea di praticare una agricoltura biologica e naturale. Solo in seguito ho scoperto il "mondo del vino naturale". Un mondo alternativo, indipendente, di nicchia. Un mondo fatto di splendidi vignaioli, di consumatori attenti, di giornalisti appassionati, di fiere interessanti e ben fatte.
Questo mondo si sta espandendo. E qualsiasi cosa ne pensino i detrattori, è un bene. Per la Terra e per i consumatori. Ma era ovvio che l'Industria se ne accorgesse. Lo Stato - dunque, la Legge - se n'era già accorto da tempo: le grande parte della legislazione alimentare dell'Unione Europea e delle nostre ASL vogliono dimostrare che è sano ciò che è industriale e microbiologicamente stabile (ovvero morto). Dai formaggi ai vini, dal latte al miele tutto ciò che mangiamo dovrà essere, nelle intenzioni delle lobbies industriali e dello Stato, "organoletticamente morto".
Il mondo del vino naturale, e del cibo naturale, altro non è, quindi, che uno dei campi della battaglia mondiale per una agricoltura naturale e sostenibile. E' importante, a mio avviso, che non si chiuda in se stesso, che non cada nell'errore di voler restare "nicchia", che non si piaccia a tal punto da diventare "radical chic". In questo senso alcune dinamiche che coinvolgono in particolare una parte di questo mondo, e principalmente chi fa agricoltura biodinamica, non possono che preoccupare. Mi riferisco alla volontà di dividere questo movimento anziché di unirlo. Di estraniarsi col fine di attirare i riflettori e l'interesse. Di moltiplicare le fiere e i disciplinari. Di privilegiare i personalismi e le diffidenze. Col risultato di seminare confusione nei consumatori e di far prevalere, in fondo, considerazioni di natura commerciale.
Si dirà che è necessario porre dei limiti per impedire che tutti salgano sul "carro dei vincitori", per seguire la moda, per fuggire dalla crisi, per sfruttare l'onda. Ma la storia dei disciplinari e delle certificazioni insegna che chi ha barato con le DOC o con il BIO potrà agevolmente barare con altre limitazioni, pubbliche o private che siano.
Come uscirne? Io credo che il vino naturale, e più in generale la lotta per un'altra agricoltura, possa avere un futuro se andrà nella direzione di una unità di intenti su alcune semplici idee forti, condivise e diffuse fra tutti gli agricoltori "naturali". E se questa unione si saldasse in un patto sociale con le esigenze e le aspettative dei consumatori "critici", sulla base di due criteri fondamentali: l'origine e la trasparenza. In questo senso l'autocertificazione, dunque l'assunzione di responsabilità diretta del produttore di fronte al consumatore, rappresenterebbe il cardine di questo patto. Non un dettagliato disciplinare che impone in modo integralista dei limiti (quantità di solforosa, tipologia di lieviti, ecc.), ma una comunicazione trasparente sui metodi di coltivazione e trasformazione utilizzati, all'insegna del "dico quel che faccio, faccio quel che dico". Il consumatore sceglierà di conseguenza. Se il giorno dopo si ritroverà col mal di testa, state certi che dal furbo di turno in pochi torneranno.
Quel che trovo importante, però, è prepararsi alla controffensiva industriale. L'uscita di Cotarella sarà il primo di una serie di attacchi: legislativi, di marketing, commerciali. Divisi non si potrà che perdere.

domenica 12 agosto 2007

Letture

Fra le molte letture che sono riuscito a concedermi quest'estate voglio segnalare due libri molto diversi.
Il primo è di uno scrittore che ha il dono della magia letteraria, Jay McInerney, newyorchese, autore di "Le mille luci di New York", libro-capolavoro degli anni ottanta. Ho divorato il suo "Good Life", un romanzo scintillante, amaro, decadente sulla New York post 11 settembre. La storia di due coppie dell'altissima borghesia della grande mela, il racconto di personaggi reali immersi in un mondo irreale, svegliatosi d'improvviso a causa di qualcosa di inconcepibile, la lucida descrizione di una civiltà sotto assedio che ha perso la bussola.
Il secondo è un libro strano e avvicente: il titolo è una citazione dal Cantico dei Cantici, "Confortatemi con le mele". L'autrice, Ruth Reichl, è una famosa critica gastronomica americana (New York Times e Los Angeles Times). Il libro è una sorta di autobiografia ma con il passo del romanzo. Non solo. E' costantemente inframmezzato da ricette di cucina particolarmente importanti per l'autrice, con riferimento alle storie narrate. La lettura procede, così, fra descrizioni di ristoranti e vini, di amori e comuni hippies, di cene luculliane e dialoghi con chefs stellati, in un continuo girotondo di viaggi, separazioni, deliziose descrizioni culinarie, interviste. A parte qualche "americanata" di troppo, è un libro molto acuto e divertente.

giovedì 9 agosto 2007

Ci siamo quasi.

Sono reduce da un lungo giro per vigneti. Ho fatto una campionatura alla mia maniera, cioé senza alcuna misurazione. Assaggiando gli acini qua e là. L'impressione è che anche qui nei Castelli di Jesi la vendemmia si inizierà a breve. Soprattutto le varietà rosse sono a un livello di maturazione avanzatissimo. Eppure non mi sembra una stagione paragonabile al 2003. Gli acini paiono avere ancora un ottima aromaticità, una buona fragranza, una giusta turgidità. Tutte qualità che nel 2003 si potevano solo sognare. Allora il problema fu quello della incredibile lunghezza del periodo di "caldo africano" (da maggio a settembre senza soluzione di continuità) con una costanza mai vista delle temperature fra il giorno e la notte. Quest'anno, a parte la terza settimana di luglio dove si sono raggiunti i 42 gradi a Matelica e i 40 a Jesi, il caldo è stato più sopportabile e le notti sono state piuttosto fresche.
Come mai, dunque, una vendemmia così anticipata? Credo che la causa sia stata il caldo davvero anomalo del periodo fra gennaio e maggio, con il conseguente anticipo vegetativo che l'ondata di caldo di luglio ha semplicemente rafforzato. Vedremo le prossime due settimane cosa ci riserveranno. Il problema, ora, è la completa sfasatura fra la maturità "tecnica" (zuccheri/acidità) e la maturità dei tannini, che sono tuttora verdissimi.
Nel frattempo si cominciano a preparare le vasche e la cantina.

sabato 4 agosto 2007

Pensieri, sogni e visioni...



Semplicemente questo. Un cammino attraverso i miei pensieri, i miei sogni, le mie visioni. Racconti da un territorio fisico e metafisico; storie di vigne e di vini; incontri e scontri di un vignaiolo viandante fra le tante assurdità del mondo attuale; degustazioni, concerti e letture.
Nella enorme confusione dello spazio virtuale, sempre più affollato di naviganti, illusionisti, musici, stregoni e geni definitivi, queste pagine vogliono solo essere un luogo dove La Distesa s'incontra con altri: amici, appasionati di vino, agrituristi, i molti e diversi destini incontrati in questi anni. Un modo per superare la fredda incomunicabilità del sito internet tradizionale (http://www.ladistesa.it/), per dare la possibilità di un confronto continuativo e informazioni più chiare ed aggiornate sul mio lavoro, sul mio mondo.