Le divisioni fra produttori e la deriva “commerciale” hanno fatto il resto. Col risultato che le commissioni assaggio DOC bocciano i nostri vini e la nostra reazione “tipo” è: chissenefrega declasso tutto, tanto il vino lo vendo lo stesso. Regalando le denominazioni, che sono beni comuni, agli industriali.
Nel frattempo nelle associazioni “naturali” è all’ordine del giorno il tema delle espulsioni e delle analisi per controllare chi fa il furbo… Tutto bene. Tutto comprensibile.
Però mi chiedo: non eravamo libertari? Non ne avevamo piene le scatole dei controllori e burocrazia? Non c’è il rischio di gossip e delazioni, soprattutto considerando che si tratta di associazioni private e non di enti terzi “super partes”? E’ questo che vogliamo? Una polizia Contadina?
Non volevamo invece costruire co-produttori, consumatori in grado di discernere l’autentico? E cosa pensiamo di chi magari ha zero residui in un vino ma sfrutta manodopera in nero? E’ naturale? E di chi ha zero residui in un vino prodotto ma spiana una collina per piantarci un vigneto? E’ naturale? E’ controllabile dalla polizia contadina?
Tutto ciò suona folle. Come suona folle la volontà di una ricerca scientifica “privata”. Sono i miliardari, generalmente, a finanziare privatamente la ricerca. E non lo fanno mai a scopo di beneficenza. La ricerca e la scienza devono essere pubbliche e pubblicamente confutabili. Sinceramente apprezzo maggiormente chi fa riferimento ai saperi tradizionali o chi se ne frega della scienza ufficiale e crede nelle forze dello spirito, di chi crede che si possa scoprire chissà quale Santo Graal della fermentazione spontanea.
L’autocertificazione ha fatto una brutta fine ma il prezzo sorgente è finito peggio. E’ talmente sparito il problema dei prezzi dal dibattito che oggi è quasi impossibile trovare vini naturali a prezzi umani. E spesso si trovano più cari nei mercati che sul Mercato. Certo, l’idea così come era nata non era forse granché… Ma da qui a far sparire il problema, ce ne corre.
Le Denominazioni Comunali, in compenso, sono state depotenziate e regalate a un paio di siti e a qualche Comune che ne fa “Testimonianza”. L’idea di Gino era quella di rivoluzionare il sistema delle denominaizioni di origine (sic): non poca la distanza fra la teoria e la prassi, a testimoniare il Vuoto che si apre innanzi a noi proprio nel momento del massimo successo dei vini naturali.
C’è voglia di ricominciare una riflessione su tutto ciò? L’alternativa è semplice: abbiamo dei prodotti richiesti, degli ottimi vini naturali apprezzati da un mercato in crescita. Possiamo fermarci a questo, che è già tanto, tantissimo, in un momento di crisi. Nessuno lo nega.
Ma ci basta? E, soprattutto, basta in prospettiva? Oppure è solo come rinviare una guerra (e intanto l’avversario affina le armi)?
In questo quadro penso che ritrovare una qualche unità sia impresa ardua se non impossibile. L’unica strada, a mio avviso, sarebbe quella di separare definitivamente l’aspetto commerciale (fiere e mercati) dall’aspetto più strettamente politico-culturale.
Io credo che la tanto vituperata “nicchia” costituisca un ottimo punto di partenza se osservata dal punto di vista di una comunità che si è incontrata sulla strada in questi anni.
Ecco, allora, una prima idea che mi viene per uscire dall’impasse: gli “Stati generali” del vino critico. Un grande momento di aggregazione e socializzazione di esperienze, vissuti, discussioni, ricerche dove mettere assieme tutti i soggetti che a diverso titolo si sono occupati di vino naturale o agricoltura contadina in questo decennio. Non una fiera, ma un grande happening aperto, un momento di riflessione “politica” sul tema. Un grande Critical Wine Forum Europeo, un festival del vino "alternativo", con seminari, discussioni, concerti, assemblee, degustazioni, proiezioni, letture. Un appuntamento annuale in grado di produrre un linguaggio comune, una cultura condivisa, una trasmissione di saperi. Con la prospettiva di aprire una rete nazionale che sia in grado poi di strutturarsi nelle singole regioni attraverso momenti locali di aggregazione.
Il vino non più come “fine” ma come “mezzo”: strumento potente di convivialità ed approfondimento culturale Per parlare di agricoltura e modelli di sviluppo.
Su questa strada – io credo - potremo incontrare soggetti che il vino, per ora, lo hanno solo sfiorato (reti di economia solidale, gruppi di acquisto, circoli culturali, associazioni agricole indipendenti) e pratiche ancora poco usate nel vino come la “garanzia partecipata”, unica risposta davvero alternativa alle certificazioni di qualità.
Rimettersi in discussione, quindi. Ripartire da zero, in un certo senso.
Superare l’idea commerciale di “fiera”, lasciando il commercio alle singole scelte aziendali e muovendosi, invece, a livello aggregato verso una riflessione culturale, filosofica, politica.
In una parola: superare il marketing del “naturale”.
Andare oltre il “vino naturale”.
11 commenti:
Rispetto assoluto per quanto detto in questi 2 post...sei riuscito a condensare in "poche" ma chiarissime righe i problemi più o meno fondamentali di un movimento , di un modo di vedere il proprio lavoro e la propria vita , di un idea di fare vino tanto diversa quanto rivoluzionaria , troppo bella per essere cavalcata dalle grandi corporations del vino che , trattandola come una "moda" la rovineranno seducendola e abbandonandola appenda sarà spolpata.
Io la vedo così , biodinamico o naturale che sia , vedo in questo idea , sincera e trasparente , l'unico futuro per un agricoltura responsabile , sostenibile e solidale con l'ambiente; credo questo perchè sento il sentimento di amore profondo, viscerale che accomuna i produttori bio-qualcosa , che siano essi storici o come me dell'ultim'ora. Persone così non metterebbero mai in piedi un qualcosa che potrebbe portare dei seri danni per l'ambiente , per la loro terra e per la moltitudine di animali che popolano un vigneto "naturale"; non voglio attaccare nessuno , però a mio parere per molti anni s'è considerata la terra , in tutte le sue declinazioni , solo ed esclusivamente come qualcosa da sfruttare e torturare con ignoranza, senza mai chiedersi cosa essa volesse e come dovesse essere trattata per mantenere L'EQUILIBRIO NATURALE parole che era praticamente scomparsa dalla bocca di qualsiasi essere che popola le campagne!
Spero con tutto il cuore che questo pensiero sia sviluppato e difeso , e non trattato solo come una moda da cavalcare per scopi commerciali. Se così fosse , il sogno finirebbe e ci sveglieremo ancora una volta delusi da qualcosa in cui credevamo…..Siccome stiamo in Italia…non sarebbe nemmeno troppo strano…
Caro Corrado…condividi il mio pensiero??
Ciao Riccardo. Grazie delle belle parole. Condivido in pieno e mi fa piacere che un giovane come te si faccia in quattro per tornare ad una agricoltura naturale. Un abbraccio e a presto.
Ciao Corrado
leggo con curiosità e interesse il tuo pensiero riguardo a un possibile evento-happening-forum-concerto che riunisca produttori che si riconoscono in quanto naturali. Ho l'impressione che le fiere, così come le viviamo oggi, possano creare nei consumatori (passami il termine) più confusione che conoscenza e questo è probabilmente dovuto al fatto che, anche quelle di produttori naturali, sono troppo grandi. Uno ne esce stordito dalla quantità di proposte e non ha quasi mai modo di "ascoltare" e capire veramente il vino che assaggia.
Inoltre gli eventi di questo genere attraggono solitamente i già appassionati, e io tra questi, che si prendono la briga di fare centinaia di chilometri per andare a ritrovare i soliti produttori e i loro stupendi vini.
Mi chiedevo quindi se il grande happening, che a me personalmente piacerebbe molto, non rischia di esasperare questo fatto e non sia invece più il caso di creare dei micro-eventi sparsi sul territorio (magari anche unificati da una gestione unica) che abbiano costi di organizzazione irrisori e che siano facilmente raggiungibili. Per esempio vicini alle stazioni ferroviarie dei centri urbani (che ovvierebbe anche al problema del guidare dopo aver bevuto) oppure ospitati nelle cantine stesse del produttore di turno dando all'evento un carattere più locale e territoriale (per esempio solo vini del centro Italia da un produttore marchigiano o solo vini insulari da un produttore siciliano). Quest'ultima ipotesi avrebbe sia il vantaggio di far conoscere i vini confrontandoli con altri non troppo distanti in termini di terroir (in senso generico) sia di rafforzare una rete solidale tra i produttori naturali in grado di divulgare sul proprio territorio il valore del loro lavoro.
Tutto qui per ora, magari come spunto per ulteriori riflessioni.
A presto spero
Lorenzo
caro corrado,
al volo poi magari seguirà una riflessione piu' ragionata, magari collettiva
la terra trema a milano è un happening aperto che ha fatto e fa cultura e politica, un festival del vino "alternativo" attraversato da 6000 persone e centinaia di contadini-agricoltori, con seminari, discussioni, concerti, assemblee, degustazioni, proiezioni, letture...senza sponsor e patrocini...la terra trema è un appuntamento annuale in grado di produrre un linguaggio comune, una cultura condivisa, una trasmissione di saperi,aggregazione che ha saputo dare delle belle scosse al mondo del vino e dell'agricoltura...che ha sfondato porte che è stata presa ad esempio per costruire altri eventi simili e/o scimmiottati...mai come il 2011 e questo pezzo di 2012 è stato così...centinaia le autocertificazioni che trovi sul sito e sui banchi, un lavoro attento e non sbirresco sui prezzi,sui modi di produzione e di distribuzione... furberie e furbi quasi sempre messi a nudo...decine e decine di incontri durante l'anno per parlare e confrontarci sull'agricoltura sui/nei territori, battaglie politiche in italia e in giro per il mondo, migliaia di km macinati ogni anno... abbiamo pure occupato terreno agricolo sottraendolo all'ennesima speculazione...basta dare un occhio al sito laterratrema.org per vedere quante iniziative, quante riflessioni, quale coinvolgimento...
certo la terra trema è una piccola parte...ci vogliono tante altre piccole parti per farne una grande
parliamone, continuiamo ad alimentrae relazioni, parlatene voi produttori!
ti abbraccio
a presto
paolo bellati, la terra trema, folletto 25603
questo scrivevamo nel gennaio 2008 dopo la prima ed. de "la terra trema al leoncavallo"
http://www.laterratrema.org/2008/01/considerazioni-e-bilanci-la-terra-trema-al-leoncavallo-2007/
@Lorenzo: Io credo che un grande Festival Europeo del vino "alternativo" non correrebbe il rischio che tu dici perché la parte "degustativa" andrebbe lasciata sullo sfondo. Dovrebbe emergere ciò che il vino ispira, ciò che il vino esalta, ciò che il vino crea: relazioni sociali, convivialità, arte, letteratura, cucina... Sarebbe un festival della cultura più che del vino: il vino come mezzo, appunto.
@Paolo: so bene cos'è La Terra Trema e vi amo! Credo però sia giunto il momento di rinunciare ciascuno al proprio orticello per costruire - dal basso - qualcosa di grande respiro, che porti la nostra voce comune in un contesto diverso e più ampio. Noi produttori ne stiamo parlando, ed emerge diffusamente una stanchezza per il classico format fieristico (cui comunque La Terra Trema fa riferimento, sebbene come mercato). Ad esempio: la cosa più bella a Milano (e a Fornovo) - per me - è il fatto di poter mangiare cose "buone" seduti con calma durante il mercato, bevendo i vini dei produttori presenti. Ricorderai la prima edizione di Critical Wine quando Gino chiamò addirittura Aimo e Nadia a cucinare al Leonka... Ecco, in un festival come quello cui mi riferisco io ci vedrei bene le cucine di tutto il mondo (e i relativi contadini) confrontarsi con i vini naturali, magari durante concerti e workshop e proiezioni tematiche. Dobbiamo assolutamente rispostare l'attenzione dal vino-merce al vino come potente mezzo di produzione di senso. Che era poi l'intuizione di Terra e Libertà: sensorialità non solo come capacità degustativa ma soprattutto come sensibilità planetaria. So che voi già lo fate ma la sfida, per me, sarebbe di farlo con più mezzi ad un livello europeo.
Bene, bene noi ci siamo per ragionare su tutto...la sfida è enorme
soprattutto se si vuol costruire qlcsa di veramente indipendente e eversivo
autonomo e autogestito senza marchi, sponsor e patrocini che si autosostiene nei contenuti e economicamente...
il problema non è uscire dai propri orticelli il problema è che mancano gli ORTI: piccoli, curati, con delle belle insalatine, con varietà di pomodori antiche ecc.
il nostro ORTO lo curiamo e è un orto che produce un sacco di cose buone, senza cancelli, guardie armate e telecamere...spesso gli amici passano a raccogliere i buoni frutti che per noi sono in abbondanza, spesso ci sono anche dei birboni che rubano senza chiedere, pochi quelli che si ettono a fare il proprio orto...
stay tuned
a presto
paolo b
sette anni fà sei stato tra coloro che hanno voluto affossare ogni tentativo di discussione e proposta pratica su associazionismo contadino,prezzo sorgente e autocertificazione, per coprire le tue falsità, i tuoi inconfessabili interessi. Avete fatto prevalere individualismo ed opportunismo, vi siete infiltrati nel movimento dei vini naturali pur producendo vino con 100 mg/l di SO2, Lieviti selezionati, glicerina, gomma arabica... Ed ora sali in cattedra e ci vuoi fare la morale? Inizia a lavorare la terra, a fare VERAMENTE biodinamica e vini naturali e forse tra dieci anni potrai ripresentarti.
Che tristezza la diffamazione... Comincia a firmarti, se hai i coglioni.
bè dai..... non trattarlo così male, tanto è innocuo...
teo!
Corrado non te la prendere l'anonimo toscano lo conosciamo tutti e lo ignoriamo. Continua così. stef
Per anni, nel mio piccolo, ho organizzato una cosa molto simile. Mi piacerebbe cimentarmi nuovamente in un progetto così bello ed entusiasmante.
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